Giornale di Bordo. L’Italia e l’interesse nazionale al tempo dell’economica di guerra

Non si tratta di essere pro o contro Zelenski, pro o contro Putin, pro o contro la Nato, che in questa vicenda non avrebbe avuto il dovere di intervenire, visto che l’Ucraina non ne fa parte; si tratta di essere, una volta tanto, a favore dell’Italia

Economia di guerra

Ho sempre ritenuto che l’intelligenza di una persona si valuti anche e forse soprattutto dalla sua capacità di saper distinguere le cose importanti da quelle meno o per nulla rilevanti. Il colonnello che si preoccupava che i soldati facessero alla perfezione il “cubo”, ma poi chiudeva un occhio sui marescialli che facevano la cresta sul rancio, il risparmiatore che negozia ogni mese uno zero virgola in più sugli interessi del conto, ma poi acquista, attratto magari dagli alti rendimenti, titoli tossici, la preside che censura il professore che fa uscire più di un alunno per volta, ma se poi le dicono che nei bagni si “fuma” fa finta di nulla, sono persone che magari hanno frequentato accademie, preso lauree, superato concorsi, ma non hanno una grande capacità di “intelligere”, ovvero di collegare cose e concetti fra loro.

Quanto si dice delle persone vale anche per i popoli e le istituzioni. È rimasto famoso l’aneddoto, citato da de Maistre in un suo scritto contro l’ortodossia, sui teologi bizantini che discutevano sul sesso degli angeli mentre i turchi erano alle porte. Non è stata da meno l’Unione Europea, che, come ricordò Tremonti, si accalorava sulla declinazione dei nomi al maschile e/o al femminile mentre Putin stava per invadere l’Ucraina.

In questi giorni però Roma supera persino Bruxelles. Mentre Putin fa quello che era più che prevedibile – ridurre le forniture di gas per rappresaglia contro l’invio di armi a Kiev – e le sanzioni si stanno rivelando un gigantesco boomerang, il dibattito politico, fibrillazioni di quanto resta dei pentastellati a parte, è dominato da due proposte di legge su temi di dubbia utilità e di modesta urgenza: il cosiddetto jus scholae e la legalizzazione della cannabis.

Con un gioco di parole un po’ abusato, ma pur sempre efficace, si potrebbe dire che il polverone sollevato potrebbe essere classificato come un’arma di distrazione di massa, per nascondere all’opinione pubblica quella che si sta già profilando come la tragedia incombente sull’Italia. Si costringono i partiti del centrodestra, con i soliti distinguo di Forza Italia, a una doverosa battaglia difensiva su tali temi, e questo mentre si comincia a prospettare per il prossimo autunno uno scenario ancora più fosco di quello con cui gli ultrasessantenni di oggi dovettero confrontarsi al tempo dell’Austerity. Le anticipazioni sul piano d’emergenza del governo per il risparmio energetico prospettano lo scenario inquietante di un’economia di guerra in tempo di pace: temperature ridotte negli uffici e nelle abitazioni (e questo potrebbe essere il male minore, purché siano salvaguardati ospedali e case di riposo), chiusura anticipata degli uffici pubblici, chiusura dei negozi alle 19, con relativo sovraffollamento, e dei locali pubblici alle 23, drastica riduzione dell’illuminazione pubblica e anche degli spazi privati, per la gioia dei ladri. Mancano solo il coprifuoco e l’oscuramento, e magari i capifabbricato e i militi dell’Unpa che come durante l’ultima guerra sanzionavano chi lasciava filtrare dalle finestre la luce; ma questo solo perché, nonostante tutti i nostri sforzi, pare che Putin per ora non abbia intenzione di bombardarci.

Un’altra ipotesi ventilata è ancora più preoccupante: la riduzione della somministrazione di gas e corrente elettrica alle imprese “interrompibili”, ovvero che non sono a ciclo continuo. Un durissimo colpo al nostro tessuto produttivo, proprio quando il deprezzamento dell’euro rispetto al dollaro, insieme a molti mali, potrebbe comportare per molte aziende un “vantaggio competitivo” per le esportazioni.

Prospettive di questo genere in altri tempi avrebbero suscitato un dibattito parlamentare agguerrito e forse drammatico, incentrato sia sull’impatto delle sanzioni (che poi sono auto-sanzioni) sulla nostra vita quotidiana e sulla nostra economia, sia sulla scelta del governo di condurci con una progressiva escalation – in particolare con l’invio di armi, oltre tutto “secretate” – a un’economia di guerra che potrebbe essere il preludio di uno stato di guerra dalle conseguenze imprevedibili. Invece sembra che i maggiori problemi dell’Italia siano lo spinello libero o la consegna su di un piatto d’argento della cittadinanza agli extracomunitari che hanno scaldato per un lustro i banchi, magari gli stessi che hanno cercato di insegnare la modestia alle fanciulle al grido di “Riccione è Africa”.

Non si tratta di essere pro o contro Zelenski, pro o contro Putin, pro o contro la Nato, che in questa vicenda non avrebbe avuto il dovere di intervenire, visto che l’Ucraina non ne fa parte; si tratta di essere, una volta tanto, a favore dell’Italia e del sacrosanto diritto del suo popolo a non essere trascinato in un conflitto, come avvenuto con l’intervento in Libia, con una decisione presa dall’alto. Che ci è costata e continua a costarci troppo.

@barbadilloit

Enrico Nistri

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