L’esperienza afghana dimostra la fallacia delle dottrine politiche occidentali (liberali o socialdemocratiche o stataliste) esposte ed imposte come modelli universali.
Sia le sinistre sia le destre – portatrici di tali dottrine, anche nelle varie versioni di tipo populista -, europee e statunitensi, in realtà sono figlie, seppur in misura differente, dell’artificiosa e livellante ideologia rivoluzionaria francese del 1789: libertà, uguaglianza, fraternità. Tradotto in termini elettorali: un uomo un voto. E siccome in Occidente guai a sostenere principi di gerarchia o di sana distinzione altrimenti avremmo un proliferare di aberranti proposte di legge Zan, allora evviva l’eguaglianza degli elettori!
Insomma, sinistre e destre esportatrici di democrazia sono figlie della più grande bufala socio-politica che una setta di abili furbacchioni potesse inventare, ingannando il popolo promettendogli la partecipazione al potere, ma in verità operando semplicemente la sostituzione di un ceto dirigente con un altro, inserendosi in un processo di cambiamento socio-economico comunque inevitabile dato l’andamento lineare della Storia e non più circolare.
Ma, veramente qualcuno ha potuto credere che venti anni di governo afghano espresso elettoralmente (roba da ridere e della quale qualunque uomo d’onore si sarebbe vergognato) e di funzionari e militari formati ed addestrati (praticamente solo vestiti con uniformi ridicole, perché giustamente per il resto, cioè per le “cose” democratiche che venivano loro propinate durante le lezioni, si distraevano pensando piuttosto a come conservare meglio il possesso della propria “daftari”, ovvero a una cosa seria e concreta: la quota individuale di terra) dagli istruttori occidentali avrebbero potuto cancellare stili di vita, modelli comportamentali plurisecolari che sono e saranno l’Afghanistan di oggi e di domani?
Piango ancora nel ricordare le immagini della distruzione del Buddha di Bamyan e di tanti altri siti preislamici espressione autentica della sintesi tra culture euroasiatiche di evidente marcatura indoeuropea, cioè Arya, ma francamente non piango per il ritorno in Afghanistan del Pashtunwali (che in realtà non è mai morto neppure durante la presenza americana), il codice morale e d’onore del popolo Pashtun che riunisce le tribù (qawn) dell’Afghanistan e di parte del Pakistan.
Il Pashtunwali è la legge trasmessa oralmente che prevale sul Corano e i precetti dell’Islam. Il Pashtunwali, per quanto difficile da accettare – anzi inaccettabile – per noi occidentali di destra o di sinistra è una forma di resistenza alla globalizzazione che avanza su tutti i fronti, da quello religioso a quello ambientale a quello socio-politico ed economico.
Ovviamente, meglio essere nati in Europa o negli Usa, piuttosto che in Afghanistan. Meglio vivere in un Paese dove chiunque possa dire e fare quello che vuole. Ma, amare la nostra libertà non può comportare l’imposizione – neppure pacifica – ai pashtun afghani dello sgradevole dibattito tra Fedez e Salmo, o di una sfilata gaypride, come pure della politica gridata in costume da bagno dal palco del Papeete, o di piazze riempite da scarpe rosse.
Parliamoci chiaramente.
Ogni ingerenza straniera in Afghanistan è inconcepibile, accada quel che accada alla popolazione di quel Paese, salvo che serva a prevenire atti di terrorismo da esportare fuori dall’Afghanistan.
Tuttavia, anche in caso di intervento utile a combattere il terrorismo, le eventuali nuove ingerenze non godrebbero di giustificazione dopo che gli Usa e l’Europa sono stati i principali promotori delle guerre contro gli unici regimi costruiti su modelli autoctoni (quindi più stabili ed autentici) seppure ispirati da ideologie occidentali laiche e di forzosa unificazione tribale quali il regime iraqeno di Saddam Hussein e quello siriano di Bashar al Assad; e dopo il voltafaccia nei confronti dei kurdi che combatterono il Daesh e il silenzio dinanzi al genocidio degli yazidi.
Ma qui in Occidente il massimo che sappiamo esprimere è quanto dice Letta del Pd, “la democrazia non si esporta con le armi”, come se avesse un senso o fosse legittimo esportarla diversamente, o quanto dice Salvini della Lega, “non vogliamo profughi afghani in Italia”, trascurando ignorantemente la comune matrice indoeuropea e quindi esprimendo il solito pensiero di una destra bottegaia e piccolo borghese.
A loro modo Letta e Salvini hanno ragione. Lasciamo stare la destra bottegaia. L’aristocrazia residuale non vota per questa destra becera, al massimo vota per Calenda…
A Lettino! La democrazia si esporta con le sardine.. aha, aha, aha!!!