In risposta alle interrogazioni Barbaro-Rauti sulla morte dell’ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci in un agguato terroristico in Congo, il viceministro degli Affari Esteri, Marina Sereni «ha dato risposte a nostro modo sconcertanti dichiarando come fosse dello stesso diplomatico il compito di provvedere a un adeguato dispositivo di sicurezza»: così i senatori di Fratelli d’Italia Claudio Barbaro e Isabella Rauti.
Questa la risposta scritta del Viceministro che, di fatto, identifica lo stesso Attanasio quale responsabile del tragico accadimento: «l’ambasciatore d’Italia a Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) è la figura individuata quale datore di lavoro, cui spettano, nell’ambito della propria autonomia gestionale e finanziaria, la valutazione dei rischi e ogni opportuno intervento a mitigazione degli stessi, con pieni poteri organizzativi e di spesa».
«La tesi sostenuta dal governo – proseguono i senatori Barbaro e Rauti – è sconcertante, avvilente e denigratoria per memoria di due Servitori dello Stato. Le norme riportate a sostegno delle tesi in risposta, assegnano allo stesso Attanasio le responsabilità tipiche del datore di lavoro. È altresì da ricordare come lo stesso ambasciatore, nel novembre del 2018, chiese il rafforzamento del proprio assetto di protezione ravvicinata: come mai lo chiese se aveva ampi poteri decisionali e di spesa in materia di sicurezza? ».
«In tutto il mondo, peraltro, la sicurezza diplomatica è valutata dai servizi d’intelligence che si occupano di reperire informazioni e produrre analisi, al fine di pianificare in maniera pertinente le risorse necessarie alla security della sede diplomatica e del personale impiegato. Tale pianificazione non può certamente essere effettuata dal Capo missione che non ha, per ovvie ragioni, la competenza professionale, tattica e operativa necessaria alla strutturazione di un servizio di close protection».
In ogni caso, se un Capo Missione italiano decide di partecipare ad una riunione di un organismo internazionale dipendente dalle N.U., che si dovrebbe far carico della sua sicurezza, non è che da Roma un governo ci possa far molto in materia, al di là di altre considerazioni. A quella riunione, non di ambasciatori, Attanasio, che non era l’operatore o volontario di una ONG, ma l’Ambasciatore d’Italia, non ci doveva andare, almeno col senno di poi.
Una cosa è la sede, un’altra il mezzo di locomozione assegnato, un altro ancora il teatro operativo. Se la sede in questione risponde – immagino – a criteri di sostanziale sicurezza, per il Capo Missione ed impiegati, altro discorso è l’auto di rappresentanza, normale, con blindatura leggera o pesante. Questo non lo so, ma sarebbe servito a poco, in ogni caso, nel tragico finale, in quanto ho letto che l’ambasciatore Attanasio, accompagnato da Barbaro, si son recati in aereo sul luogo dell’incontro con i responsabili del PAM. Quindi, dall’aeroporto d’arrivo in poi, il mezzo automobilistico era scelto dal PAM, il responsabile della sicurezza dell’ ‘ospite’. Certamente qualcosa non è stato considerato o preso alla leggera. Ho il sospetto, senza prove ovviamente, che la nostra sciagurata consuetudine di pagare riscatti per ottenere la liberazione di operatori rapiti, abbia indotto qualche banda armata – venuta a conoscenza di movimenti che dovrebbero essere tenuti riservatissimi – ad alzare il tiro e tentare di rapire addirittura l’ambasciatore, la cui persona era fino a tempi recenti considerata ‘sacra’, in quanto rappresentante non di un governo, ma di un sovrano. Ma anche oggi, negli ultimi 20 o 30 anni, è rarissimo che un ambasciatore venga rapito o, peggio, finisca ucciso, in tutto il mondo. Ci sono rischi del mestiere, naturalmente, l’impoderabile delle vicende umane ecc., ma è evidente che la sorte non va sfidata in certi luoghi notoriamente assai pericolosi.
E non è Roma a decidere normalmente tali movimenti nel Paese di accreditamento, lasciati al giudizio, criterio e precauzioni del Rappresentante diplomatico.
Pardon. Non Barbaro, ovviamente, ma Iacovacci, la guardia del corpo dell’Ambasciatore.