Calcio. Fame e allegria, così la Lazio sfacciata di Immobile si prende il campionato

La Lazio fa sul serio. E lo fa con allegria, con la fame di chi non ha niente da perdere e, dunque, si può permettere il lusso di fargliela vedere a tutti. Lo scontro diretto contro l’Inter manda un segnale inequivocabile al campionato: l’Aquila c’è, e stavolta si vede.

La Juventus di Sarri resta in testa ma le cronache narrano di uno spogliatoio dilaniato, di una società un po’ troppo invadente e di un allenatore sull’orlo di perdere la trebisonda. Senza Cr7, i bianconeri puniscono il Brescia anche grazie a una magia su punizione di Dybala. Eppure è ancora poco: dopo otto anni passati in vetta al campionato, il nono dovrebbe essere una formalità. Considerando che la grande antagonista s’è addormentata, che il Napoli di Gattuso una ne ingarra e tre no e poi c’è lui, il portoghese, epifania definitiva del calcio che ha reso provincialotto un club che, quando s’è trattato di riempire cinquanta stelle allo Stadium, ha avuto il problema di togliere e non di inventarsele.

Tra Inter e Lazio, dunque, deve uscire l’antagonista. La sfida diretta ha detto ai biancocelesti, capaci di rimontare la squadra di Conte. Tra le due squadre un’abissale differenza. I nerazzurri giocano dilaniandosi i nervi, puntando tutto sulla grinta. Ed evidentemente, iniziano a sentire una certa stanchezza. Il match point lo hanno perduto ma guai a darli già per sconfitti. Intanto la Lazio di Simone Inzaghi gioca allegra e spensierata. Il suo, è il volto di Ciro Immobile. Dato per bollito e finito prima ancora di cominciare. Il talento che viene dalla periferia napoletana gioca e segna, sostenuto da una squadra attenta e propositiva. È come se fosse accaduto qualcosa, a Formello. Anzi, a Riad, anzi è successo quando la Lazio ha battuto (e ancora!) la Juve in finale di SuperCoppa. È successo come quando, messo alle strette, il ragazzino che si riteneva sfigato mette alle strette il bullo della scuola e lo batte con le sue stesse armi. Oppure, meglio ancora, è accaduto come quando il nerd ottiene finalmente un appuntamento con la più bella della scuola, alla faccia dei fighissimi patinati, dei più popolari della scuola che dovranno accontentarsi di una sciartapella qualunque. Quel secchione, che si credeva brutto e ingallato, trova la consapevolezza di essere forte e bello, si guarda allo specchio (finalmente) con fiducia. Se ci pensate, una delle architravi del racconto dell’epica sportiva è proprio questa che si salda alla favola del brutto anatroccolo che infila un 3-1 ai supercampioni che ti hanno costretto a giocare alla corte del gran khan per vendere (loro) gagliardetti e calzettoni.

Adesso la Lazio, bella come non la si vedeva più se non nei ricordi dolci dei tempi che furono, non può avere più paura né della banda della Continassa, né di nessun altro. E chissenefrega di come andrà a finire: vincere il campionato sarebbe un sogno proibito, perderlo sarebbe comunque un successo dato che si andrebbe a finire dritti in Champions.

 

Careca

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