Le radici di Fare Verde/2. L’emergenza rifiuti e il nodo della progettazione dei prodotti

Il corteo romano di Fare Verde del 1996 contro il nucleare

Stile di vita, precisi interessi commerciali, pressappochismo dei politici di ogni colore politico impediscono un corretto approccio al problema dei rifiuti che invadono le nostre città e costituiscono una vera e propria emergenza (vedi Roma). Il moltiplicarsi di imballaggi di ogni tipo, anche difficilmente riciclabili (come i poliaccoppiati, cioè il tetrapak) o nient’affatto riciclabili (come il polistirolo), ha portato, negli ultimi vent’anni, ad un raddoppio della produzione dei rifiuti. I soli imballaggi si avviano a costituire quasi il 50% del totale dei rifiuti, mentre produttori e distributori si sono alleggeriti dei costi di gestione del ritiro dei vuoti, scaricando sulla collettività il costo economico ed ambientale degli imballaggi e dei vuoti a perdere, che di fatto vengono pagati due volte dal consumatore: all’atto dell’acquisto e dopo, come rifiuto, con la tassa di smaltimento.

Il cuore del problema però non è come smaltire i rifiuti, è molto prima, è come viene progettato il prodotto. Credere, come auspicato da alcuni, che basti costruire inceneritori, magari chiamandoli con una tartuferia termovalorizzatori per utilizzare l’energia che producono, senza una seria e complessiva politica di riduzione e di recupero dei rifiuti, vuol dire che tra alcuni anni ci troveremo a dover costruire altre discariche e altri inceneritori. Significa dunque rinviare il problema. In questo campo Fare Verde, fin dal suo sorgere,  proponeva come strada maestra per la soluzione del problema l’introduzione del vuoto a rendere con cauzione. In un articolo apparso sul Secolo d’Italia del 15 novembre 1990 intitolato “Una strategia globale per l’emergenza rifiuti” Paolo Colli nel lanciare una petizione popolare che raccolse l’adesione di decine di migliaia di cittadini «per uscire da questa fase di stallo e di inutili promesse», così riassumeva i principali provvedimenti da adottare per la riduzione dei rifiuti: «l’introduzione di un deposito cauzionale (sufficientemente elevato da incentivare la restituzione) per i contenitori dei liquidi alimentari; la previsione di tipi e misure standard per i contenitori da sottoporre a cauziona mento; l’introduzione di un’imposta per tutti quei contenitori in materiali non sottoponibili a cauziona mento; il divieto di imballaggi in materiali non biodegradabili (polistirolo espanso e simili).»

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Sandro Marano

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