Calciomercato. Perché Simone Verdi ha fatto bene a dire di no al Napoli

verdiTe lo ricordi Leonardo Pavoletti? E Manolo Gabbiadini? Forse no, ma se li è ricordati Simone Verdi che ha deciso di rifiutare l’offerta del Napoli per restarsene a Bologna. E probabilmente ha fatto la scelta migliore.

Diceva il poeta inglese che è meglio regnare all’Inferno che servire in Paradiso. Che, calcisticamente, dovrebbe significare come sia meglio lottare in campo per la salvezza che esultare in panchina per lo scudetto. La vita di uno sportivo è brevissima. Passarla in panchina, specialmente per un attaccante, specialmente per una promessa, specialmente in questo preciso momento storico in cui la nostra nazionale si fa pigliare a calcioni dalla peggiore Svezia della storia, sarebbe sì un imperdonabile peccato mortale.

Maurizio Sarri è un ottimo allenatore che piace anche per i suoi difetti. Uno, forse il più vistoso, è l’attaccamento ai soliti noti: dodici-tredici titolari e il resto della rosa non la vede nemmeno. Chiedetelo a Pavoletti, sei scampoli di partite a zero gol, pagato 18 milioni e rifilato al Cagliari a dieci, fuori dal giro della Nazionale dove, nel 2016, era appena entrato; chiedetelo a Manolo Gabbiadini, invisibile, irascibile, il talento cristallino costretto a svernare (da semibidone) in Inghilterra, mentre tutti fanno gli scongiuri, sperano finisca in panchina per dar ragione a Sarri. Ci sarebbe anche Emanuele Giaccherini il cui procuratore ha appena tuonato: “Lui è il re dei sottovalutati”.

Verdi a Napoli avrebbe seguito la scia dei predecessori. Meglio, a questo punto, che sia rimasto a Bologna.

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Alemao

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