Poche ore dopo l’ultimo attentato islamista sugli Champs Élysées i media mainstream francesi e non solo erano preoccupati non tanto del dilagare del jihadismo quanto del possibile effetto positivo di questo ennesimo attacco sul voto a favore di Marine Le Pen. Con lo stesso riflesso condizionato, pochi minuti dopo i primi exit poll che davano MLP saldamente al ballottaggio, l’establishment di mezzo continente si è affrettato a dichiarare il proprio voto per Macron, o meglio contro la Le Pen.
C’era il fantasma del candidato socialista Hamon che ha ricevuto in dono da Hollande un infimo 6%, c’erano Fillon e i gollisti per la prima volta fuori dal ballottaggio, Renzi e Tajani, Merkel e Schulz. Tutti a far finta di aver sempre convintamente tifato per questo damerino, prodotto in laboratorio dalle élite tecnocratiche europee e dalle massonerie d’Oltralpe per sublimare il grande inciucio.
Ora per fare le grandi coalizioni non si aspettano nemmeno più le elezioni, i poteri forti sostituiscono direttamente i partiti tradizionali ormai sputtanati con qualche surrogato più giovane e vivace (Monti, Letta e Renzi in un solo corpo, senza bisogno di aspettare tre anni) che possa essere votato indistintamente da gente “di destra” e “di sinistra”. E proprio questo sta a dimostrare che ancora una volta ha ragione Marine Le Pen quando dice che queste categorie sono superate e che la vera sfida oggi è tra popolo ed establishment, tra piccolo e grande, tra basso e alto.
Basta ascoltare i discorsi di rito dei due candidati la sera dei risultati per capire tutto: Macron freddo e distaccato, ha l’aria di quello che sta facendo bene il compitino assegnatogli dai suoi burattinai e le uniche emozioni sembra riservarle alla sua governante (pardon, la sua attempata compagna). Marine parla sicura e arrembante al cuore del suo popolo, c’è amore viscerale per la sua Francia, c’è la forza tranquilla di chi sa di avere appena iniziato un lavoro lungo ben più di due settimane. E in fondo questo ballottaggio non è già scritto: “tutti contro Marine”, che però potrà contare non soltanto sul probabile sostegno dei due milioni di elettori del gollista sovranista Dupont-Aignan ma anche, forse per la prima volta, su quello di tanti elettori di Fillon che non rispetteranno l’ordine di partito.
Tutto ciò che viene in più sarà dunque un’altra pietra da aggiungere al record storico di consensi per il Front National.. Alla faccia di chi si affanna a dire che MLP sarebbe la sconfitta di queste presidenziali. Questo poi è il tempo in cui le urne ribaltano i sondaggi e sarebbe bello poterlo sperimentare di nuovo.
L’appendice italiana
La rincorsa a Macron, dal Pd ai centristi, da Parisi a Brunetta, risulta patetica. Renzi poi, come ha ben detto Giorgia Meloni, più che a Macron somiglia a Hollande, il vero e più grande sconfitto di queste elezioni. In tutto ciò emerge il fragoroso silenzio dei grillini che semplicemente non sanno cosa dire, timorosi di disturbare il manovratore che fino a tre mesi fa doveva farli entrare tra i liberali europei. Quanto al centrodestra, potrà certamente accadere che il ballottaggio “tutti contro Marine” dimostri che il lepenismo da solo non basta per vincere ma già il primo turno ha dimostrato che proposte genericamente moderate, per quanto si cerchi di innervarle di elementi sovranisti, non funzionano in questo tempo. E allora l’unico modo per imparare la lezione francese sarà provare a tenere insieme popolari e populisti (che da noi al contrario che in Francia hanno lunga esperienza di governo insieme) ma su una piattaforma chiara, fortemente identitaria, apertamente eurocritica, coraggiosamente sociale e nazionale contro vecchi e nuovi Macron di casa nostra.
*Ufficio di Presidenza FdI-AN