Le lettera. La destra senza futuro che ha “rottamato” la memoria di Araldo di Crollalanza

La celebrazione di Araldo di Crollalanza con una corona di alloro da parte del comitato onoranze composto dai figli di fondatori del Fascio barese e del Msi e dai dirigenti storici della Fiamma nonché dai collaboratori dell'e ministro
La celebrazione di Araldo di Crollalanza con una corona di alloro da parte del comitato onoranze composto dai figli di fondatori del Fascio barese e del Msi e dai dirigenti storici della Fiamma nonché dai collaboratori dell’e ministro

Caro direttore,

La destra italiana di oggi, per molti aspetti povera e criticabile, ha rottamato pure la memoria. E’ vero che le commemorazioni spesso diventano la fiera di agiografiche biografie, ma non si capisce il perché dell’oblio. E la destra-che-dimentica ha un orizzonte minimo, velleitario.

Il 18 gennaio è l’anniversario della morte di Araldo Di Crollalanza. Podestà, Ministro dei Lavori Pubblici e parlamentare del MSI eletto a furor di popolo dal 1953 al 1986,  è ricordato come “il grande realizzatore”, dall’Agro Pontino al Lungomare barese e alla Fiera del Levante: un politico del quale andare orgogliosi che lavorava solo per il bene comune. 
Un vero uomo del fare.

Ebbe molto a cuore la promozione economica, sociale e culturale di tutto il meridione; per volontà sua nacque l’ANAS, che realizzò il completamento e la riorganizzazione di tutta la rete stradale nazionale; inoltre fu attuato il collegamento della rete ferroviaria Bologna Firenze. Nel 1930 cinquanta Comuni della Campania, del Sannio e della Lucania furono sconvolti dal terremoto. Rimase ininterrottamente sul posto per vari mesi, dormendo nelle vetture dei treni speciali, per presiedere all’opera di ricostruzione e d’assistenza alle popolazioni. Lasciò le zone terremotate solo quando gli abitanti poterono entrare nelle case ricostruite. Come si può non fare il confronto con quanto avvenuto in Irpinia dopo il terremoto dell’anno 1980?

Crollalanza nel 1935 cessò l’incarico di Ministro dei Lavori Pubblici, e restituì allo stato (!) l’avanzo dei soldi messi a bilancio per i lavori eseguiti, dato che i preventivi furono più alti delle spese poi effettuate.  Fu nominato Presidente dell’Opera nazionale Combattenti, carica che mantenne fino al 1943. Continuò nella sua incessante attività. Tra le innumerevoli opere, quella che ebbe maggiore risalto fu la bonifica delle paludi pontine con la sconfitta della malaria, impresa che non era riuscita a nessun governo precedente e neppure a grandi Pontefici. 

L’uomo, che aveva regalato regioni a nuova vita e fatto sorgere città, viveva in un modesto appartamento, non possedeva un palmo di terra né un conto in banca. Dopo il 25 Aprile non si nascose, si lasciò arrestare e processare per atti rilevanti, avendo ricoperto cariche importantissime, ma dovettero assolverlo in istruttoria. Nessuna voce si levò per accusarlo di alcunché.

Dopo la caduta del Fascismo, lui che si era imposto una linea di assoluta onestà, si trovò in mezzo ad una strada: non aveva un soldo in tasca, ma soltanto il desiderio di trovare subito un’occupazione che gli consentisse di sfamare i suoi otto figli. Si rivolse alla Casa Editrice Zanichelli che lo assunse con il compito di effettuare la vendita di libri porta a porta.

Per coerenza nel 1953 entrò nel Movimento Sociale Italiano ed i pugliesi lo mandarono in Parlamento per sette legislature consecutive. Per il suo grande equilibrio, la sua moderazione, riscosse il rispetto e l’ammirazione di tutti, compresi gli avversari.

Indro Montanelli dedicò un sentito ricordo al politico barese:

“Crollalanza non fece mai mostra di sé, mai partecipò a spedizioni punitive, mai si fece un partito o una clientela personale, mai brigò per carriere politiche. (…) ogni indagine sul suo patrimonio risultò vana: l’uomo che aveva costruito città e redento province non aveva una casa, né un palmo di terra, né un conto in banca. (…) Gli chiesi se del suo passato covava qualche rimpianto o rimorso. Mi rispose, a voce bassissima: «Uno solo, ma immenso: in quei vent’anni potevamo fare l’Italia, e non la facemmo». Ma se c’era un uomo a cui questo rimprovero non poteva essere mosso, era proprio lui”. 

In occasione del suo novantesimo compleanno, Amintore Fanfani volle conferirgli una medaglia d’oro. E il lungomare di Bari ha visto erigere un busto in suo onore. Le classi dirigenti della destra italiana non dimentichino le radici. Sono questi gli uomini che dobbiamo prendere a esempio.

Andrea  Danubi  – Castiglione della Pescaia  GR

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