Il calcio vive di duelli immaginari, come quello tra Dieguito e Messi

Di contrapposizioni si vive, guai se non ci fossero. Ma non devono annebbiare, altrimenti si passa per scemi. Io credo di aver capito il motivo per cui non riesco ad eleggere Leo Messi a idolo incontrastato. E’ il più forte, chiaro, ma io soffro di sindrome da “grandezza inversamente proporzionale” rispetto a Diego Armando Maradona: ogni volta che Messi ne segna un grappolo o disintegra un record si avvicina sempre di più alla magia del Pibe e tutto questo non è semplice da digerire per chi come me ama follemente Maradona. Sono un conservatore, beceramente geloso di una gloria vintage che mi piace pensare come irraggiungibile nei secoli e nei millenni. Fa parte di tutti noi, forse: come quando un ragazzino ti racconta un’impresa entusiasmante e tu gli mostri ammirazione, ma sotto sotto pensi che “ai miei tempi eravamo di un’altra pasta…”. Basterebbe essere capaci di interpretare ogni epoca per quella che è stata, ma che gusto ci sarebbe? D’altronde la diatriba Messi-Maradona non sta facendo altro che sostituire quella tra Maradona e Pelè. Oggettivamente il paragone non ha alcun senso perché si parla di epoche e calcio diversi, ma il dibattito è tostissimo. E allora sminuire cocciutamente le prodezze di Leo non è altro che cercare di tenere vivo un passato di cui senza alcun merito vado orgoglioso, nel senso che io non c’entro nulla con le rabone di Maradona ma quelle rabone c’entrano tantissimo con me, mi identificano, mi caratterizzano, mi raccontano semplicemente perché le ho viste. E io le racconto con quel tono di chi ricorda un qualcosa di inarrivabile: è il gusto del mito e dell’eroe classico, è la rivendicazione di gesta che voi umani non potrete mai più vedere. E’ roba da bambini, appunto, come il calcio.

La domanda di qualcuno, oggi, è stuzzicante: cosa sarebbe diventato Maradona se avesse avuto la stessa professionalità di Messi? E’ Gianluca Vialli a twittare il quesito. Io, ammetto, rifletto senza alcun tipo di lucidità perché Maradona sarà sempre e comunque più forte di Messi: se giochi con gli indiani fai l’indiano fino in fondo, altro che cow boy. Poi penso alla professionalità, ai 24 anni di Messi, alle triplette e alle cinquine di Leo e cerco di appigliarmi affannosamente a qualche controffensiva efficace. Eccola: cosa farebbe Messi se giocasse nel Napoli e non nel super Barcellona che a furia di vincere tutto diventerà antipatico? Non si saprà mai e tiro un sospiro di sollievo perché Diego Armando Maradona, il mio Maradona, è e sarà sempre e comunque al sicuro.

Carlos Valderrama

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