Serie A. L’insostenibile leggerezza di Dzeko, se il “9” non si addice alla Roma

dzeko romaEdin Dzeko non è un bidone ma non è manco una stella di primissima grandezza. È semplicemente vittima della maledizione tutta romanista dei centravanti che, dai tempi del neocittadino fiorentino Gabriel Omar Batistuta, non riescono – tranne sparute eccezioni – a fare granché in giallorosso.

È lunga tradizione dell’era tottiana, questa. L’unico a capirlo è stato il cattivissimo (sicuri?) Luciano Spalletti ai tempi del Dieci schierato da falso nueve. In questo, Roma è come Barcellona: al netto di Luisito Suarez – cui è stata fatta calare la cresta cannibale – non ci si ricorda di un solo centravanti vero capace di non far ingelosire Leo Messi. Ingelosire, avete letto bene. Chiedetelo a Ibrahimovic.

Sicuro, a Roma non parliamo di giganti del pallone messi davanti a Totti (in campo e solo lì, sia chiaro). Alla fine dei buoni mestieranti che si sono perduti per strada quando non hanno imboccato il viale oscuro inaugurato dal mitologico Renato Portaluppi (quello di Aridatece Cochi) e percorso da ragazzini terribili tipo Mido, il Faraone che si fece Mummia.

Daniele De Rossi, gesto encomiabile da capitano vero (altro che Futuro), ha sbattuto sul grugno dei criticoni le bestemmie che lo stambeccone bosniaco estorceva loro ogni sacrosanta domenica. Non basta un gol all’Inter, però. E De Rossi, che forse lo sa bene ma non può ammetterlo, sa bene quale è e dove sta il problema. E ora che il 40enne Totti è diventato pure messianico…

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Alemao

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