La lettera. Le destre divise, le contraddizioni di Fdi e la rotta di Veneziani

Alleanza Nazionale
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Successivamente all’assemblea della Fondazione Alleanza Nazionale lo scenario sembra roseo: i giornali d’area danno fiato alle trombe trionfali per Fratelli d’Italia e il suo presidente, Giorgia Meloni, annuncia: “Entro pochi mesi celebreremo un congresso rifondativo che segnerà un’evoluzione. Domenica ci siamo liberati di qualche zavorra, ora dobbiamo interrogarci su come aggregare una parte diffusa della società italiana che finora non siamo riusciti ad attrarre” (Il Tempo 06/10). Finalmente, si potrebbe pensare, siamo ad una svolta concreta che porterà a qualcosa di nuovo, ma ci sono talmente tante evidenze che stonano con questo scenario che la conclusione a cui si è giunti domenica sembra riconfermare che ormai la Destra è condannata alla drammatica agonia gattopardesca, per cui ciclicamente si annuncia che tutto cambia per non cambiare niente. E’ infatti da tre anni che Giorgia Meloni promette di cambiare per aggregare: inizialmente fu il Centrodestra nazionale, poi fu il momento dell’Officina per l’Italia, infine Fdi-AN. Nel corso di questi passaggi non c’è stata nessuna aggregazione ma anzi un costante perdere pezzi per strada: facendo dei semplici esempi, dal co-fondatore Guido Crosetto, passando per tutta quell’area di intellettuali e politici che si erano avvicinati attraverso l’Officina per poi recidere i rapporti quando ci si è spostati su FdI-An, per arrivare al più recente addio di Massimo Corsaro, che dopo aver compreso che i suoi appelli per un reale cambiamento cadevano nel vuoto ha deciso di fare le valigie e andarsene.

Tutti questi cambiamenti tutt’altro che aggregativi hanno comunque portato ad un cambiamento di prospettiva, una nuova visione politica del partito? No: per arrivare ad un programma che esprima una chiara e completa visione politica bisogna tornare al programma presentato per le elezioni del 2013, tempi in cui ci si presentava come Fratelli d’Italia–Centrodestra Nazionale. Successivamente è stato un costante calpestare quel programma per seguire la linea populista del momento, cercando un posticino al sole vicino al magister Salvini senza costruire una visone complessiva, un programma, un’idea guida della società e dello Stato: solo per fare un esempio, vedere come si è cambiata radicalmente idea in meno di 2 anni, per seguire la moda del momento, su temi quali l’Euro, l’Europa e l’immigrazione confrontando sul sito del partito “Programma Italia” e “Programma Europa”. Cosa si vuole costruire allora se per 3 anni si è stati capaci solo di muoversi a seconda del vento favorevole? Chi si vuole aggregare se per 3 anni si è stati capaci solo di perdere uomini per strada pur di inseguire l’ultimo elettore sfuggito alla Lega (sempre di meno inoltre: tra l’originale e la copia, voto l’originale!)?

Inoltre sul tema dell’aggregazione si è raggiunto un ulteriore picco di contraddittorietà quando il presidente Meloni afferma riguardo ai soggetti che hanno votato la mozione contraria alla sua che “è scontato che chi ha fatto un’altra scelta sia coerente. Per me le strade si dividono qui” (Il Tempo 06/10): chi si vuole aggregare allora? Gli uomini di Forza Italia che hanno sostenuto la mozione? E’ evidente che Gasparri e Matteoli non hanno alcuna intenzione di contribuire al progetto e che hanno votato la mozione con l’intento di consegnare il simbolo di An ha un partito più piccolo di FI, con scarsa possibilità di sviluppo e in ogni caso fedele alleato della coalizione. Gasparri stesso ha affermato che “per quanto riguarda FdI è un partito al quale non apparteniamo ma che è alleato di FI nel centrodestra. E anche di questo abbiamo tenuto conto”: insomma tutto resta in famiglia. E allora di chi stiamo parlando? Il vero programma sembra rimanere sempre lo stesso: bandiere, striscioni, cori, slogan e il cambiamento è fatto!
Lo scenario insomma è tutt’altro che roseo: in una Fondazione AN condannata all’eterna stasi per l’equilibrio dei veti incrociati, Giorgia Meloni rafforza il primato in un’area politica ormai sempre più vuota e divisa, rilanciando un grande progetto unitario e di ampio respiro per la destra ma scontrandosi con la certificazione di ulteriori fratture e con la manifesta incapacità di dare una prospettiva definita e completa alla destra, libera da subalternità e ampie concessioni al populismo, e ingenerando il sospetto che sia proprio questa sua mancanza a garantire il supporto alla sua mozione. In tutto questo, si distingue il progetto culturale interno alla Fondazione di Marcello Veneziani, che a lungo termine potrebbe mantenere vivo e fecondo l’humus culturale dove far fiorire l’azione politica di domani: ma da quando a destra si dà ascolto agli intellettuali?

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Roberto Fasano

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