Il Dio del pallone, come i suo antenati olimpici, odia l’hybris, l’arroganza. E sceglie i più umili, i più giovani, e per questo agguerriti e sfacciati, per punire gli arroganti. Così la Samp batte in casa una Juve sazia, un po’ grassa di dichiarazioni, in vantaggio di un uomo e di un gol. Il Dio del pallone, con la maschera del semisconosciuto Icardi, punisce Buffon, protagonista di una papera colossale al termine di una settimana scandita dalle parole della sua ultima intervista: “Ancora tre anni al top.” Gergo alla Briatore, di uno arrivato, sogni di Champions e due pere da un diciannovenne a difesa di una porta di bassa classifica.
Ma le male parole e le pere non finiscono qui. Antonio Conte nella conferenza stampa prepartita attacca Capello. Suo allenatore. Sua ombra fra juventini vincenti. Capello è esperto e saggio, “ma in Champions non ha fatto bene”. Il Dio del pallone vede e provvede. Troppa arroganza. E lascia che sia il buon Delio Rossi, immorale schiaffeggiatore di teppistelli viziati (sempre viva lo schiaffone futurista!), tecnico umile come ne rimangono pochi, a riportare la Juve di Conte coi piedi per terra. Lode a te ultimo dio rimasto vivo, Dio vivo del pallone che rotola.