La Germania ce la farà? Ci è sempre riuscita in passato, contro ogni pronostico, come un misirizzi, Stehaufmännchen in tedesco, quel pupazzo che si tira sempre su, e i bambini non capiscono come faccia.
Ma oggi la situazione è diversa e più difficile. Ci riuscì nel dopoguerra, risorgendo dalle rovine, grazie al patto sociale: prima si ricostruiscono le fabbriche, poi le case per le famiglie. Accordo che fu rispettato.
La Germania ricominciava dal passato: il Maggiolino divenne la vettura più venduta al mondo, era quasi uguale al primo modello, l’auto del popolo voluta nel 1938 da Hitler, poi a Wolfsburg costruirono carri armati. La Bmw vendeva l´Isetta, vetturetta a tre ruote, e i tedeschi, che cominciavano a scoprire le vacanze in Italia, sognavano la Topolino e la Vespa.
Oggi i grandi sindacati non hanno più la forza del passato, hanno perso la fiducia degli iscritti che si fidano più dei contratti aziendali. Alle migliaia di operai della Volkswagen, incerti sul futuro, ha parlato la capa del consiglio di fabbrica, Daniela Cavallo, figlia di un immigrato italiano. E’ la più adatta e non lo dico per sciovinismo: poteva essere spagnola, greca o turca. Hanno fiducia in lei perché viene da una famiglia operaia. I sindacalisti tedeschi, non solo a Wolfsburg, sono più simili agli imprenditori.
Il boom economico, negli anni ’50, in parte fu dovuto ai Gastarbeiter, i lavoratori ospiti, formula gentile e ipocrita, ovvero agli immigrati. Oggi servirebbero almeno 200mila lavoratori specializzati l’anno. Giungono mille profughi al giorno, ma non sono in grado di lavorare in un’impresa moderna.
Il Made in Germany si impose, era un mito in tutto il mondo, sinonimo di superiore affidabilità. Il Deutsche Mark veniva di continuo rivalutato, quindi aumentavano i prezzi all’export e si doveva reagire, offrendo un prodotto sempre migliore, che fronteggiasse la concorrenza.
Nessuno previde la caduta del muro nel 1989 e si dové ricostruire la Ddr, l’altra Germania, ridotta in rovina dal regime comunista. Uno sforzo immenso, il cui costo economico e politico è una delle tante cause della crisi attuale. Il prezzo della riunificazione fu la rinuncia all´amato Deutsche Mark. Giunse l´euro, simile al marco, all´inizio una valuta debole, e favorì l´export. Per la prima volta i tedeschi sfruttavano la valuta, come gli italiani avevano fatto per decenni, svalutando la lira.
Le crisi venivano sempre da fuori, ma le strutture nazionali erano forti, in grado di reagire. Oggi la crisi nasce anche all’interno: i prodotti tedeschi non sono più concorrenziali, un operaio costa cinque volte più che in Cina, dove si fabbricano auto migliori. La Germania si è lasciata sorprendere dalla guerra, dall’epidemia, dalla crisi energetica, dall’inflazione. Le imprese sono in difficoltà a causa delle scelte sbagliate del governo. Le banche hanno i conti in rosso.
Anche la classe politica non è più quella di una volta. Le diagnosi sono diverse. Forse è anche una conseguenza della durata al potere di Helmut Kohl e di Angela Merkel, ognuno per 16 anni, e non c’è stato ricambio. Friedrich Merz, che probabilmente sarà Cancelliere dopo il voto del 23 febbraio, ha 69 anni, uno in meno di Frau Angela, che presenta in questi giorni l’ autobiografia.
Ma non è questione di età. La Merkel fu eletta a 51 anni, Schröder a 55, Helmut Kohl a 52. Più che l’età conta il carattere. Frau Angela è cresciuta nella Germania Est, figlia di un pastore protestante, ha dovuto combattere fin da bambina in una società maschilista. Gerhard Schröder, 81 anni, è un orfano di guerra, la madre faceva la donna delle pulizie, sapeva parlare agli operai, che gli perdonavano le debolezze (abiti di Brioni, sigari cubani, cinque matrimoni), perché sentivano che in fondo era uno di loro: come Kohl, in sovrappeso, che andava in giro con sandali e calzini corti, come i tedeschi. Joschka Fischer, 76 anni, da giovane era tassista a Francoforte, era pragmatico, e guidò i verdi al governo nel ´98, ora fa il consulente aziendale: con lui oggi i verdi non avrebbero perso in tre anni metà dei consensi.
Osservazioni superficiali? Forse, ma in politica anche le piccole cose contano. E oggi tornano in capo i “vecchi”: Gerhard Schröder difende Scholz, che fu suo allievo. Frau Angela non sopportava Friedrich Merz, oggi appare al suo fianco, e dichiara: la Cdu è sempre il mio partito. L´accusano della guerra in Ucraina, però – se cambiasse idea e si candidasse – vincerebbe. E Gerhard prenderebbe qualche voto in più di Olaf Scholz.