Loro, infatti, che nel settore 111 ci “vivono” han fatto le barricate fin da subito per difendere anni di cori e chilometri di sciarpe esposte. “La Brigata non trasloca” hanno detto perché per sicurezza non è possibile smantellare la storia: in Scozia il calcio è un fatto serio e i Green hanno sempre trattato le questioni sportive con i guanti della politica. È così che fanno i tifosi che hanno vissuto l’emarginazione; è così che si fa quando sei forte, ma tutti provano a metterti in un angolo. E allora, i tifosi più puri del Celtic si son chiesti se il problema non fosse la loro Irishness e il loro cantare le gesta dell’IRA e della sorella Irlanda martoriata da anni di storia. Questo non avrebbero potuto accettarlo e per questo motivo le barricate (metaforiche) sono state rafforzate dai sacchetti di sabbia: “Non molliamo, quel settore è dei figli d’Irlanda”.
La società ha abbozzato ed ha trovato una soluzione all’italiana: valuterà la sicurezza del Celtic Park volta per volta, per ora il settore è salvo e la Brigata potrà continuare a cantare in libertà. I Green, i puri del tifo, hanno ringraziato a modo loro: il giorno in cui Stiliyan Petrov ha dato l’addio al calcio, per curare al meglio la sua malattia, hanno fatto sentire tutto il loro calore a quel calciatore che ha vestito la maglia bianco-verde dal 1999 al 2006. Bandiere irlandesi esposte, hanno riempito i polmoni d’aria ed hanno cantato per tutti i novanta minuti della partita: volevano mostrare solidarietà al campione costretto a lasciare i campi da gioco e l’hanno fatto rendendo l’addio momento indimenticabile. L’intero Celtic Park, come si conviene, ha seguito i ragazzi del settore 111 e l’effetto è stato dirompente. Quando a Petrov è stato concesso l’onore del giro di campo è stato l’inno della squadra a risuonare: You will never walk alone, cantavano con le lacrime agli occhi tutti. Scozzesi, fratelli d’Irlanda e cattolici. Tifosi del Celtic, quelli del settore 111.
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