“Notte al Brennero” è un romanzo piuttosto eccentrico nel panorama giallo nazionale. Intanto perché l’autore, Lenz Koppelstätter, a dispetto del nome è italiano. Poi perché si tratta di un testo scritto in tedesco (e pubblicato prima in Germania) e tradotto da Corbaccio per il mercato italiano. Infine perché il commissario protagonista, pur essendo in servizio nella Polizia di Stato, si chiama Johann Grauner, vive in un maso sulle montagne, ama i canederli e la musica di Mahler e come hobby si dedica a mungere le sue mucche da latte Mara, Mitzi e Olga. Come avrete capito il giallo si svolge in Alto Adige (Sud Tirolo, per il protagonista) ed è figlio di una cultura di frontiera alla quale appartiene anche l’autore, nato a Bolzano nel 1982, studente a Bologna e poi Monaco di Baviera, ora giornalista per alcune testate tedesche. Uno scrittore che scrive di Italia in lingua tedesca, tant’è vero che la versione di Corbaccio è stata tradotta da Mara Ronchetti.
“Notte al Brennero” è la terza indagine del commissario Grauner dopo “Omicidio sul ghiaccio” (2018) e “Il silenzio dei larici” (2019), entrambi pubblicati in Italia da Corbaccio. Si tratta di gialli abbastanza classici, nei quali enigmi e omicidi misteriosi vengono risolti, non senza fatica, dal tranquillo commissario altoatesino e dal suo collaboratore “italiano” e alter ego, l’ispettore Claudio Saltapepe, in apparenza l’esatto contrario di Grauner, istintivo e fumantino. E anche in questo caso la strana coppia di investigatori rientra a tutti gli effetti nella tradizione del romanzo giallo, come insegnano Watson e Sherlock Holmes. L’indagine della coppia sudtirolese-partenopea è condotta in parte con i nuovi metodi investigativi (il romanzo è contemporaneo) ma alla fine prevale il vecchio stile maigrettiano degli interrogatori di testimoni, degli appostamenti, della paziente raccolta di indizi anche psicologici e storici sui personaggi coinvolti. Soltanto che in questo caso i bistrot parigini sono sostituiti dalle osterie dove si beve birra e si consuma speck e i night-club di Pigalle da bordelli al di là della frontiera, in Austria, frequentati da camionisti e gaudenti italiani in trasferta.
Come si può intuire dal titolo, il fulcro dell’inchiesta è il paesino di confine (teatro nel 1940 dello storico incontro fra Mussolini e Hitler e cantato dai Pooh nella canzone “Brennero 66”, con riferimento agli attentati dei separatisti sudtirolesi), reso orfano dall’introduzione dell’euro e del trattato di Schengen che ha abolito le frontiere all’interno dell’UE. Un microcosmo costretto a reinventarsi come outlet di prodotti locali e tappa forzata dei migranti africani e asiatici diretti verso il miraggio di una nuova vita in Germania. E dove inevitabilmente proliferano anche gli affari illeciti.
Grauner e Saltapepe questa volta indagano sull’uccisione cruenta di due anziani del posto, due ultraottantenni che in apparenza non davano fastidio a nessuno e tuttavia nascondevano un passato torbido legato all’immediato Dopoguerra, quando il Brennero era diventato crocevia della fuga di gerarchi nazisti diretti poi in Sudamerica. Chi ha ucciso Jakob Voltinger e Luis Sulzbacher e soprattutto perché? Che legame c’è con il duplice assassinio dei genitori dello stesso commissario, ammazzati trent’anni prima nel loro maso sulle montagne di Bolzano? E quali traffici si celano dietro gli edifici ormai quasi abbandonati dello scalo ferroviario attraversato dai treni internazionali fra l’Italia e il Nord Europa?
La risposta è tra i boschi di larici delle montagne altoatesine, in un silenzioso convento di suore di clausura a Bressanone, negli oggetti contenuti in una vecchia valigia nascosta da più di settant’anni. Per svelare il mistero che aleggia sul Brennero il commissario Grauner dovrà spingersi fino a Berlino (lui, sedentario e stanziale per natura) e nella metropoli tedesca, pur parlando la stessa lingua, il poliziotto altoatesino scoprirà anche il suo lato più italiano. Per merito di un caffè: «Togliendo il coperchietto di plastica del bicchiere per azzardare un’analisi visiva del contenuto, si verso addosso un po’ di brodaglia tiepida: il caffè era stato allungato con un’eccessiva quantità di latte che lo aveva trasformato in un disgustoso e indefinibile miscuglio marrone chiaro. Il commissario avvicinò cautamente le labbra al liquido e ne assaggiò un sorso: l’intruglio sapeva di acqua stantia, da anni in attesa di uscire dai tubi ammuffiti, arricchita da un sapore di olio di macchina. Cercò di reprimere la spontanea smorfia di disgusto che sentì salirgli in volto. Paese che vai, usanze che trovi…».
*“Notte al Brennero”, di Lenz Koppelstätter, Corbaccio, 341 pagine, 19,90 euro