Giornale di Bordo. Governo Draghi: non esistono vie di mezzo per le destre. Non si può essere un po’ incinte

Anche di fronte all’opinione pubblica, bisogna avere il coraggio di scelte nette. Come dicono i francesi, una porta o è aperta o è chiusa. O, se preferite, come dicono gli americani, non si può essere un poco incinta

Mario Draghi dra

Il confronto sull’opportunità per il centrodestra (o meglio per la destra: Forza Italia ha già deciso da tempo) di entrare o no nel governo Draghi si sta trasformando in un genere letterario, come dimostra anche la quantità e la qualità degli interventi ospitati da Barbadillo. Ho già espresso con le dovute perplessità i miei convincimenti, ma il quadro politico cambia per ovvii motivi di giorno in giorno, per cui si impongono ulteriori considerazioni.

In primo luogo, secondo me, esistono solo due opzioni: l’opposizione aperta al governo Draghi, scelta che comporterebbe un’ovvia rendita elettorale, o l’ingresso al suo interno con una pattuglia di ministri politici. L’appoggio al governo comporterebbe il passivo dell’impopolarità e dell’impossibilità di condizionarne le scelte. Inoltre, dubito che un governo Draghi, anche “tecnico”, sarebbe davvero tale. I “tecnici”, in Italia, in realtà sono strettamente legati alla politica e gravitano in prevalenza intorno al Pd, che è il vero “partito-stato”: molto più della Dc di un tempo, che almeno lasciava alla sinistra l’egemonia culturale. La colpa è anche della destra, che non si è mai posta seriamente il problema di inserire nei gangli vitali dello Stato persone di sua fiducia (dopo che il governo Prodi nel 2006 epurò i quattrocento dirigenti che aveva nominato pro tempore, con una legge poi dichiarata incostituzionale, non fece nulla per tutelarli né per reinserirli, neppure quando tornò al governo). Non parliamo poi del sistema bancario, con le vicende del Monte dei Paschi e la fagocitazione l’estate scorsa dell’Ubi, presieduta da Letizia Moratti, da parte di Intesa.

Rischi e vantaggi di andare con Draghi

Entrare in un governo Draghi comporta dei rischi, ma presenta alcuni vantaggi. Il primo è mettere in crisi l’alleanza giallorossa e scongiurare la prospettiva di un governo Ursula, riedizione riveduta e corretta del vecchio arco costituzionale. Sarebbe molto triste lasciare l’Italia a una maggioranza di sinistra appoggiata da un Berlusconi la cui massima ambizione sembra ormai quella di trasformarsi in un ascaro fedele della signora Merkel. L’altro vantaggio è di avere voce in capitolo nella distribuzione dei fondi europei, che prima o poi dovremo restituire tutti, si spera il più tardi possibile, e che proprio per questo è giusto vengano gestiti con il controllo di tutti, perché non vadano ad arricchire solo i fabbricanti di banchi con le ruote e di monopattini elettrici. Per questo credo che entrare al governo (non appoggiarlo esternamente e basta) sarebbe la scelta migliore, o se vogliamo meno peggiore, visti i tempi che stiamo attraversando.

Permettetemi poi un ricordo storico, che risale a quasi nove lustri fa, all’epoca dei cosiddetti governi di solidarietà nazionale, monocolore Dc guidati da Andreotti, con l’appoggio esterno o almeno la non astensione di tutti i partiti, a parte il Msi. Il Pci di Berlinguer vide in quei ministeri, che non erano tecnici in senso stretto, dato che i ministri erano politici, una sorta di anticamera del compromesso storico, ma poi l’uccisione di Moro sparigliò le carte.

Da un punto di vista politico il Pci ottenne molto da quella astensione, perché riuscì a ottenere alcune riforme, per altro rovinose per l’Italia, come la legge Basaglia, l’istituzione dell’equo canone e l’abolizione delle vecchie mutue, nonché il controllo della terza rete televisiva, la famosa Telekabul. Dal punto di vista elettorale però fu penalizzato nelle elezioni politiche del 1979, con cui si aprì la stagione del pentapartito. Accrebbe insomma la sua conquista della società civile, ma perse la partita del consenso.

Mia convinzione è che da un appoggio esterno al governo Draghi la destra trarrebbe solo una penalizzazione, perché pure quando è al governo si è rivelata incapace d’inserire i suoi uomini nelle istituzioni (cos’è cambiato alla Rai con un presidente sovranista, a parte l’ottimo Tg2 di Gennaro Sangiuliano?). D’altra parte, anche di fronte all’opinione pubblica, bisogna avere il coraggio di scelte nette. Come dicono i francesi, una porta o è aperta o è chiusa. O, se preferite, come dicono gli americani, non si può essere un poco incinta.

Enrico Nistri

Enrico Nistri su Barbadillo.it

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