Al di là di ciò che accadde in quel congresso, Pino Rauti – principale antagonista di chi vincerà quel congresso, cioè Gianfranco Fini – dopo aver confermato che non sarebbero usciti dal partito in ogni caso, fornì alcune indicazioni per il futuro dell’impegno politico del Movimento Sociale. E indicò, tra le altre, una via maestra: quella della questione meridionale che la destra italiana avrebbe dovuto affrontare. Non per “cavalcare” una tigre, che oggi decreta il successo elettorale di alcune forze politiche, ma per ricucire l’identità nazionale e farlo da destra.
Rauti nel suo intervento a Sorrento, oltre a rimarcare la necessità di impegnarsi sul fronte identitario e tradizione prendendo coscienza della trasformazione, lenta ma inesorabile, delle città in autentiche megalopoli disumanizzanti, disse:
“Dobbiamo e possiamo essere all’avanguardia di una battaglia per il recupero di questi che sono valori insostituibili e che sentiamo irriducibilmente in noi. Io vedrei una fondazione Giovanni Volpe che tuteli e riaffermi il grande filone della cultura nazionale e recuperi la grande opera che attraverso la casa editrice Giovanni Volpe è stata svolta nel corso di questi anni. così come vedrei un istituto per il Mezzogiorno”.
Le ragioni di una proposta:
“Non soltanto per rimarcare le giuste presenze che abbiamo sempre assicurate (al Sud ndr) ma per portare avanti una lettura nostra un’analisi critica anche nostra di ciò che è che accaduto nel Mezzogiorno d’Italia dall’Unità in poi. L’unica Unità nazionale che dopo essersi verificata ha provocato l’espulsione e l’emigrazione di venti milioni di italiani in diciotto anni”.
E dunque l’esortazione:
“Ricostruire, analizzare e studiare il Mezzogiorno, farci noi interpreti della battaglia meridionalistica che gli altri partiti hanno abbandonato”.