La cultura della legalità contro le mafie (dopo la strage di Capaci)

La riflessione del presidente del Centro studi Dino Grammatico

La strage di Capaci dove morì Giovanni Falcone e la sua scorta

IL DOPO CAPACI

Sono trascorsi ben ventotto anni ed ancora molti aspetti, purtroppo, di questa strage, che coinvolse il giudice Falcone, oltre che sua moglie e gli agenti della scorta, non sono del tutto chiari. È evidente che ci sono alcuni misteri che vanno ancora chiariti ed è paradossale che siano trascorsi tutti questi anni ed ancora la verità assoluta non sia ancora emersa. Sono delle riflessioni che la Magistratura, sicuramente per tutto quello che le compete, ma direi qualsiasi cittadino italiano, e siciliano in particolare, si devono porre. Ragionare, e fare soprattutto memoria, su questa ricorrenza del «23 maggio» assume, pertanto, una sua piena dimensione se esclusivamente finalizzata a testimoniare un impegno reale, quanto quotidiano a prescindere da ogni circostanza meramente commemorativa, che si porta avanti per la crescita di una Sicilia differente, che, certamente, proprio per essere differente deve contrastare una mafia che ai giorni nostri è diventata, nel frattempo, «trasparente». Nel senso che purtroppo continua ad esserci però non la si vede o quantomeno non la si vede più come prima. Non ci sono, infatti, per fortuna più gli attentati, ma le azioni di malversazione di «cosa nostra» continuano ad essere ben presenti nella nostra Isola.

Cultura della legalità

Fare cultura, per quanto ci riguarda, ovvero fare la «cultura della legalità», e non una disgustosa antimafia di facciata, è un impegno che ci siamo prefissati da sempre. Il tema dell’antimafia, infatti, è stato mirabilmente affrontato da Sciascia, che si rivela, ancora una volta, a distanza di oltre trent’anni dalla sua dipartita terrena uno straordinario e lungimirante intellettuale. Aveva previsto tutto per il semplice fatto che conosceva perfettamente nella loro vera indole i siciliani che, purtroppo, è amaro dirlo cambiano in maniera molto lenta. Tuttavia dei cambiamenti in questi decenni, proprio a partire dagli anni delle stragi del ‘92, ci sono stati.

Oggi possiamo parlare, ad esempio, di contrasto alla mafia, cosa che magari qualche tempo fa non avveniva. Le vere rivoluzioni sono, infatti, le «rivoluzioni culturali» che devono obbligatoriamente coinvolgere diverse generazioni e sono, quindi, molto lente, ma sono alla fine quelle reali. Tutto il resto è soltanto, purtroppo, solo una semplice fantasia ed alle volte una sterile propaganda da parte di qualcuno, che nella realtà dei fatti poi non ha nulla di veritiero, creando spesso il “mito” dei «paladini dell’antimafia». Il «dopo Capaci» ha segnato, invece, per molti siciliani un percorso nuovo nella loro coscienza, ma questi processi verso la legalità sono molto lunghi in cui però ciascuno è chiamato a dare il proprio contributo seppur piccolo ed anche se apparentemente impercettibile deve continuare a farlo ogni giorno. Solo così verranno degnamente ricordate le vittime di «cosa nostra» e finiranno, magari, alcune vergognose passerelle.

*Presidente Centro Studi Dino Grammatico

Fabrizio Fonte*

Fabrizio Fonte* su Barbadillo.it

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