Ho terminato in questi giorni un libro che mi ha ridotto per la fatica a un straccio bagnato. Una delle materie che ho dovuto studiare è la storia di Francia dal Medio Evo all’inizio del Novecento. Mi sono trovato di fronte a un argomento non nuovo, anzi conosciutissimo, sul quale ho riflettuto per la prima volta. E non tocca la Francia, ma tutti i paesi europei, né si termina con il Novecento ma, in forme più o meno mascherate, è vigente in tutto il mondo. Si maschera meglio, si pratica senza scrupoli religiosi e sociali. Per me, è una conquista di civiltà.
La molla massima, il valore massimo, sono stati sempre per l’essere umano la res, ossia la proprietà (quella che in Sicilia chiamano la “robba”) e la sua trasfusione simbolica in moneta. Alcune civiltà, in specie quella della Repubblica Romana, bilanciavano tale valore col rispetto religioso per la res publica e il senso – autentico – dell’onore. Quanti fra i massimi condottieri repubblicani sono morti poveri!
Questo è solo il punto di partenza. Voglio arrivare all’istituzione del testamento condizionato. Basta sfogliare un libro di storia per rinvenire un tema ricorrente, l’estinzione delle più grandi famiglie nobiliari e, a seguito di ciò, l’alienazione di patrimonî anche immensi alla Chiesa. Il caso è semplice. Un ricco, ricchissimo esponente della più alta nobiltà aveva un patrimonio da devolvere in eredità. Credo avesse potestà insindacabile anche sui figli legittimi; ma posso sbagliare. Il testamento, come dico, era condizionato; e la condizione sospensiva era che l’erede a sua volta proseguisse la stirpe, ossia fosse sposato e padre. Uno dei casi più clamorosi è quello del ricchissimo Ducato di Ferrara. Formalmente era feudo della Chiesa. Alla morte di Alfonso II d’Este, nel 1597, privo di figli legittimi, Papa Clemente VIII, con artifizî canonistici proprî della genialità truffaldina della Curia entrò in possesso del Ducato, che dal 1598 divenne parte dello Stato della Chiesa.
Or mi domando. Ci doveva essere una connessione nefasta tra la paura dell’Inferno (incredibile, ma c’era: c’è ancora…) e un enfatico, gonfiato, concetto dell’onore (ben altra cosa da quello romano) che a volta s’identificava col concetto della “robba”, a volte vi confliggeva. In un’epoca nella quale per un’inezia si straziava atrocemente uno sventurato, nella quale si bruciavano sul rogo gli “eretici”, e l’eresia era considerata peccato più grave dello stesso omicidio (salvo da San Giovanni Crisostomo, per il quale il più nefando peccato era la sodomia): in epoche siffatte ci voleva tanto, in caso di marito impotente o moglie sterile, a far possedere la sposa da un robusto stalliere (che poi sarebbe stato decapitato), ovvero con una balia di fiducia fingere la gravidanza della Duchessa, della Baronessa, etc. Il fatto poteva pur trapelare: molto difficilmente fino a giungere al livello del giure.
Ma è possibile che per la combinazione del terrore dell’inferno (i teologi medioevali erano quasi tutti effettualmente atei) e di questa chimera chiamata onore si estinguesse la metà delle casate europee? Voglio credere che in una parte dei casi intelligenti mariti (ne tratta il Decamerone) trovassero la giusta soluzione. Ma che cos’è questa superstizione del diritto di sangue? Della purezza del sangue? In senso genetico, si è visto che cosa ha prodotto. Guardatevi il ritratto dell’ultimo Asburgo spagnuolo, Carlo II.
Generalmente non credo al progresso: ma in certi casi solo un coglionazzo può negarlo.
*Da Il Fatto Quotidiano del 10.12.2019
Purtroppo da sempre la Chiesa cattolica ha fatto più politica che religione, in palese contraddizione con la parola di Gesù che disse “dare a Cesare quel che è di Cesare, dare a Dio quel che è di Dio”. Papi, vescovi e cardinali si sono dati ai piaceri carnali e generato figli naturali a destra e a manca, ma almeno, non si permettevano di mistificare le parole del Vangelo in senso progressista come accaduto con il Concilio Vaticano II. Molte sono state le famiglie aristocratiche che si estinsero per eccesso di endogamia, e gli Asburgo di Spagna sono un esempio. Ed anche qui era responsabilità della Chiesa, che concedeva loro dispense in maniera troppo facile rispetto ai matrimoni tra consanguinei, e non solo tra cugini primi, ma anche a unioni abominevoli tra zii e nipote, anche qui in pieno contrasto con la morale cristiana che condanna l’incesto, perché di questo si trattava. Non esiste nessuna ragione patrimoniale che poteva giustificare queste unioni troppo endogamiche, anche perché spesso e volentieri poi i figli non spuntavano o spuntavano con difetti fisici e mentali, e quindi alla fine queste strategie matrimoniali si rivelavano inutili e il casato si estingueva comunque. Certo, fino a 50 anni fa la genetica non aveva fatto progressi e solo successivamente Watson e Crick scoprirono il DNA, e forse l’ignoranza in tal senso li potrebbe assolvere, perché parliamoci chiaro, oggi grazie ai progressi scientifici e medici, nessuno si sognerebbe di accoppiarsi con un consanguineo, per fortuna. Però purtroppo, questo problema viene abilmente strumentalizzato dai progressisti e immigrazionisti che sostengono il meticciato selvaggio.
Le dispense ai matrimoni endogamici erano pure il frutto dell’ignoranza in materia. Perchè sino al ‘900 molti nobili di famiglie regnanti hanno continuato a sposarsi tra di loro. In effetti i danni dell’endogamia, non sempre riscontrabili, per quanto ne so, sono evidenti empiricamente, non per stabilite e comprovate dinamiche genetiche. Anche per il caso del povero Carlo II di Spagna e del suo ‘mento asburgico’. Sul fatto dello ‘stalliere’ che poteva utilmente supplire il marito affetto da impotentia coeundi aut generandi sappiamo che esso a volte avveniva. Pensiamo a Isabella II di Spagna, la figlia di Fernando VII, sposata al cugino Francesco d’Assisi, notoriamente omosessuale. Stabilirlo come prassi continua ad urtare una nostra diffusa sensibilità, siamo franchi. Non si cancellano secoli e tradizioni consolidate, così come sarebbe inaccettabile allevare i figli in comune, negando ogni rapporto familiare, cioè di sangue, come prospettato dalle utopie radicali. Al massimo un figlio bastardo, non della legittima consorte, veniva talvolta poi legittimato, come nel caso dei figli di Luigi XIV, Tolosa e Maine, generando però scandalo ovunque, a tutti i livelli sociali. Non sono mai stato un difensore della Chiesa, ma in materia, non sono personalmente neppure d’accordo con la svalutazione totale del sangue e del patrimonio genetico. Ho visto troppe adozioni disastrose…
Per gli ebrei il matrimonio è un contratto. Per i cristiani un sacramento. Lì radica, in soldoni, la differenza. Così che il nostro sacramento finisce per ‘inglobare’ aspetti di contrattualità mosaica. Nel ghetto di Torino, nel ‘700, era diffusa l’abitidune di ricche famiglie ebraiche di far convertire al cristianesimo alcune figlie, giacchè le doti dei ‘gentili’ erano mediamente inferiori a quelle pretese nell’ambito della loro comunità. Storia, non chiacchiere…
@Guidobono
Il matrimonio – è bene precisarlo – è un sacramento per i cristiani di fede cattolica e ortodossa, ma non per i protestanti. Il Protestantesimo riconosce come sacramenti solo il battesimo e l’eucaristia, gli altri cinque invece non sono riconosciuti come tali dalla dottrina luterana perché non istituiti da Gesù. Ma ormai l’eresia luterana a causa del CVII ha infettato il Cattolicesimo, e non a caso le “innovazioni” più significative provengono da chierici tedeschi, essendo questi più a contatto con i protestanti.
Non sono sacramenti, solo ordinamenti, ma per secoli hanno avuto molta rilevanza. Basti pensare che il primo Presidente USA divorziato fu Reagan nell’81 e che, pochi anni prima, Nelson Rockfeller vide ‘distrutte’ le proprie aspirazioni alla Casa Bianca proprio perché divorziato…