La lettera. Spazio Faro: “Abbattere l’ultimo muro: quello di chi nega le identità die popoli”

Legionario romano
Legionario romano

Ai saputelli iperglobalisti che vorrebbero presuntuosamente insegnarci il sentimento europeo, andrebbe con costanza ricordato che, noi, di Europa abbiamo sempre parlato. Che la vocazione europea é requisito ontologico della destra (per come noi la intendiamo), se è vero che Almirante ebbe a dire in tempi remotissimi: “la destra o è Europa o non è”, l’europeismo come presupposto di esistenza.

E nell’abbattimento del muro di Berlino, i nostri padri speravano si annidasse il seme fecondo della nuova Europa, quella dei popoli entro le Nazioni, quella dei confini valicabili e non dei muri (che dei primi sono i fratelli imbruttiti e inaspriti). Così non è stato. Al contrario, l’abbattimento di quel muro ha spalancato definitivamente le porte d’Europa e ha lasciato che da queste potessero penetrare il globalismo e il suo corrispettivo in campo etico, il consumismo. Le porte d’Europa si sono dischiuse ma si sono serrati i nostri cuori: indifferenti alla storia, diffidenti all’amore, bramosi soltanto di potere e denaro. Ci siamo aperti al mondo, al costo di dimenticare noi stessi.   Abbiamo acconsentito alla americanizzazione delle nostre vite: ora vite stupide, vuote di qualsiasi prospettiva, a patto di non considerare una prospettiva ( come sarebbe, invece, tragicamente corretto) l’accumulo smisurato di oggetti e denaro.

Ma non tutto è perduto. La salvezza dell’Europa passa, ancora una volta, dall’abbattimento di un muro, quello che abbiamo edificato contro noi stessi: il muro del tempo, che separa il passato dal presente e il presente dal futuro. Il paradosso della nuova Europa senza confini,  è quello di aver costruito un muro altissimo e impermeabile che la divide dalla sua storia, dalla coscienza della sua identità. Oltre quel muro, grideremo ancora: viva l’Europa!

*Spazio Faro

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