InTreno. Arrivo ad Ancona, l’antica repubblica che fece infuriare i Papi

Ancona_Mole_VanvitellianaQuando la foschia non occulta l’orizzonte, osservando il mare dal golfo di Ancona, si può scorgere la costa ondulata della Dalmazia. Il centro storico anconetano sorge su un promontorio a forma di gomito. La locale stazione ferroviaria è una delle più importanti della ferrovia adriatica e lì sostano i treni che costeggiano il litorale abruzzese e marchigiano partendo da Pescara.

 

Una città dorica

La bellezza naturale di Ancona era ben nota ai greci, che già in epoca micenea ancoravano le loro navi nel suo golfo. Nel V secolo a.C., molto probabilmente, vi fondarono una colonia, Ankon, che in italiano vuol dire gomito, in riferimento alla forma del promontorio. Si racconta che i primi coloni furono alcuni esuli siciliani, che erano stati espulsi da Siracusa dal tiranno Dionisio I. Come spesso accadde nella storia greca, i fuggiaschi o quanti erano stati perseguitati in patria non si dettero per vinti, ma fondarono nuove città in luoghi lontani, sperando di trovarvi la tanta agognata libertà.

 

Un porto per l’Oriente

Nel 90 a.C. Ancona divenne un municipio romano. La comunità greca, nonostante il processo di romanizzazione, preservò le sue peculiarità, la lingua e i costumi, mantenendo i legami con la Grecia e con l’Oriente. Fin dai primi anni dell’età imperiale, gli imperatori fecero di Ancona il principale porto rivolto verso la penisola ellenica e le coste dell’Africa settentrionale: Traiano, per esempio, partì da lì per raggiungere la Dacia nel 105 d.C. Così fecero anche i suoi successori impegnati in campagne militari in Oriente.

 

Una repubblica marinara

Quando cadde l’impero romano d’Occidente, Ancona fu soggetta a continue incursioni barbariche e fu devastata durante la guerra tra i goti di Teodorico e i bizantini. Con la costituzione del Sacro Romano Impero i carolingi la posero come città di riferimento dell’omonima marca. Quando il potere imperiale si affievolì, Ancona ne approfittò per ritagliarsi maggiore autonomia. Godendo dei proventi di importanti e lauti traffici commerciali, la città si costituì in libero comune nel XI secolo. Come Amalfi o Venezia, fu una rinomata repubblica marinara con molti scali commerciali in Oriente o in Provenza. L’Impero e il Papato, che formalmente controllava Ancora, ebbero un rapporto conflittuale con la città. Federico Barbarossa l’assediò nel 1173 senza esito e, vicina al partito guelfo, appoggiò la discesa di Carlo d’Angiò a Napoli nel 1265.

 

Una città libera

La scoperta del Nuovo Mondo e lo spostamento del baricentro commerciale dal Mediterraneo all’Oceano Atlantico sortirono effetti negativi sul prestigio e sulla ricchezza di Ancona. Il papato, con Clemente VII, ne approfittò per riportarla sotto il suo controllo, ponendo fine alla secolare autonomia. Gli anconetani non rinunciarono alle loro libertà. Nel 1797 accolsero con favore Napoleone Bonaparte, che con le sue truppe aveva occupato la costa marchigiana. L’imperatore francese proclamò la Repubblica Anconetana con una costituzione che riprendeva in toto i valori della rivoluzione francese. Dopo la Restaurazione, nel 1815, Ancona si ribellò di nuovo al papa nei mesi della Repubblica Romana del 1849. Il comune si dichiarò libero dal potere pontificio e vicina ai rivoluzionari romani. Lo stesso ardore gli anconetani lo palesarono durante il Risorgimento, quando aderirono con un plebiscito al nuovo Regno d’Italia.

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Alfredo Incollingo

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