Focus/G7. L’orizzonte internazionale del “cinico” Donald Trump

Donald Trump
Donald Trump

Oggi e domani si terrà a Taormina la riunione dei leaders del G7. Il vertice sarà incentrato sull’economia mondiale, la politica estera, la sicurezza dei cittadini e la sostenibilità ambientale. L’UE sarà rappresentata dal Presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, e dal Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker. Il tema della presidenza italiana del G7 nel 2017 è “Costruire le basi di una fiducia rinnovata”.

Non c’è mai da attendersi nulla di  molto concreto da tali assise, al di la del consueto bla-bla, di tanti buoni propositi. Ultima tappa del viaggio del Presidente Trump in Medio Oriente ed Italia, con un G7 ancora sotto l’incubo della strage di Manchester (con mandanti sempre oscuri, inafferrabili, ed esecutori materiali o uccisi, ovvio, o spariti nel nulla, secondo il classico copione delle Spy Stories ed oggi, purtroppo, del terrorismo) e senza la Russia di Putin, tuttora in castigo per le vicende ucraine.

Intanto Trump e Melania sono stati ricevuti in Vaticano per la rituale foto e stretta di mano con Bergoglio. Un incontro da qualcuno difinito, con esagerazione, “storico”, dopo i botta e risposta a distanza su muro del Messico ed accoglienza  dei mesi scorsi, gli inviti della Santa Sede ad  “edificare ponti anziché muri”.  Il Presidente statunitense è arrivato, con la moglie, la figlia Ivanka ed il genero Kushner, si è riunito  per un colloquio privato nella biblioteca del Pontefice, durato poco meno di mezz’ora, ed al termine il Papa ha stretto la mano anche a Melania e Ivanka, entrambe vestite di nero e con la veletta in testa (che magari farà sorridere i musulmani), come richiede l’antico protocollo. Poi le frasi di circostanza: “Per me è stato un grandissimo onore incontrarla”, ha detto Trump salutando Papa Bergoglio, prima dei doni di prammatica e l’incontro con il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin.

Dopo l’incontro col Papa, Trump ha incontrato al Quirinale Sergio Mattarella. Melania è andata all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù ed alla Comunità di Sant’Egidio. Infine la famiglia Trump ha incontrato a Villa Taverna, per un pranzo informale, il premier italiano Paolo Gentiloni.

Il bombardamento Usa di Roma nel 1943

“La Stampa” ha ricordato che quando gli americani decisero di bombardare Roma, il 19 luglio del 1943, si trovarono di fronte al problema dell’eccesso di piloti protestanti che si presentarono volontari per “bombardare il Papa”. Il Comandante in capo e futuro Presidente Eisenhower, già allora preoccupato delle ricadute politiche verso i cattolici dell’Impero  statunitense,  dovette formare equipaggi di soli cattolici per i suoi bombardieri, affinché non saltasse in testa a qualcuno una deviazione verso l’odiato Vaticano!

Trump a Roma dal Papa

Nei gironi scorsi Donald Trump, protestante, sia pure con moglie cattolica, è invece atterrato pacificamene a Roma con il suo Air Force One. Fra il Papa argentino ed il presidente americano non corre buon sangue. Bergoglio andava d’amore e d’accordo con Obama, con il quale realizzò l’accordo con i Castro a Cuba, dove il Papa andò a celebrare messa sotto lo sguardo dal muro di Che Guevara. Trump detesta quell’accordo, che porta la firma dell’uomo che ha incontrato. Anche se il “piatto forte” è naturalmente stato la retorica delle tre religioni monoteiste, avendo Trump inaugurato il suo viaggio in Arabia Saudita presso i musulmani sunniti,  prima di recarsi a Gerusalemme ed al Muro del Pianto, dove è stato protagonista di un atto di alta caratura simbolica, facendo infine un’altra visita musulmana, incontrando il Presidente palestinese Abu Mazen. Seguendo questo itinerario lungo la via delle tre religioni monoteiste, Trump è entrato nella misteriosa Città del Vaticano (specialmente per gli statunitensi che leggono i libri di Dan Brown), dopo aver varcato le porte delle alte mura, oltre le quali vive un uomo che parla la stessa lingua dei messicani e ne condivide largamente il modo di pensare; mentre in patria si agita lo spettro dell’impeachment con l’intento di azzopparlo definitivamente. Dopo avergli fatto trangugiare, in questi mesi, buona parte delle promesse elettorali. 

Bruxelles è stata, probabilmente, un serio banco di prova perché di Trump è venuto a batter cassa con i Paesi della Nato che non pagano la retta: l’Italia è fra i debitori. Questo ha sostenuto il Tycoon, che non propone più di sciogliere l’alleanza, perché obsoleta e legata alla Guerra Fredda. Staremo a vedere.

Come noto, sono state sufficienti 10 settimane per “normalizzare” Trump, cancellare le promesse pacifiste e far riprendere  alla politica estera del Dipartimento di Stato il corso tracciato da Bush padre, Clinton, Bush jr. ed Obama.   “Dietro il Governo ufficiale ed apparente è installato un Governo Invisibile senza obblighi di lealtà e di responsabilità di fronte a chichessia” affermò Theodore Roosevelt ad inizio del sec. XX, prima che il democratico Wilson decidesse, con il cinismo, già inaugurato nel 1898 per la guerra con la Spagna, d’intervenire nella Guerra Mondiale, nel 1917, al fine di mettere stabilmente piede nel vecchio Continente, senza che nessun vitale interesse statunitense fosse minacciato. Politica  perfezionta dall’ “L’Arsenale della Democrazia” di Franklin D. Roosevelt per un ancor maggiore intervento, a partire dal 1942.

Il recente attacco dei cruisers Tomahawk  ad una base aerea siriana, con un pretesto falso e grossolano, è stato inmediatamente incensato dal Governo Invisibile, facendo crescere la popolarità di Trump dal 38 al 54%, qualificando come “bella ed encomiabile” la decisione del Presidente “bomba”. Il New York Times, capofila, al solito, di ogni cinismo bugiardo,  affermò che “il lancio dei missili contro la  Siria è stato l’atto di un uomo che si è reso conto della sua responsabilità, di fronte a tutti i problemi mondiali”.

L’incontro a Riad

A Riad, momento chiave del viaggio di Trump,  affiancato dai monarchi sauditi e dagli emiri che finanziano l’Isis, al Qaeda, i mercenari che devastano la Siria, il Presidente statunitense ha dichiarato che “l’Iran è la punta di diamante del terrorismo globale”  – ripetendo una frase appena pronunciata dal re Salman – ed ha ingiunto a Teheran di smettere di aiutare i  terroristi islamici. Tali “terroristi islamici” sono  Hezbollah in Libano ed il Governo di Damasco, che l’Iran aiuta militarmente contro l’aggressione saudito-americana-israeliana. Come al solito. E si prospetta una guerra guerra ibrida, “sovversione e aggressione”, come ha chiosato l’esperto Maurizio Blondet.

Il denaro saudita per l’industria bellica americana

La  Casa Reale Saudita ha pagato un prezzo elevato. Pare aver promesso 300 miliardi di dollari di contratti di difesa nel prossimo decennio e 40 miliardi di dollari d’investimento nelle infrastrutture. La cifra finale, secondo alcuni commentatori di Wall Street, potrebbe ascendere a mille miliardi di dollari. La Casa Bianca è in estasi davanti agli effetti di questa pioggia di denaro saudita. Secondo il resoconto ufficiale, dopo l’incontro avvenuto (alla Casa Bianca) tra il principe ereditario Moḥammad bin Salmān e Trump, oltre un milione di posti di lavoro potrebbero essere creati direttamente e  milioni di altri  nella catena di approvvigionamento.

Riad ha accettato di salvare l’industria americana dalla bancarotta, di ravvivare la sola industria che conti, la militare-industriale, e Trump  ha ottenuto di fare l’America “great again” con i miliardi sauditi. Una fantastica integrazione economica e politica fra la Superpotenza e  la leadership wahabita,  dove l’una sostiene l’altra impedendole di crollare, una nella bancarotta, l’altra nell’autodistruzione: condizione tipica del governare col caos. La ripresa della Dottrina Wolfowitz giacchè da quasi 30 anni  Paul Wolfowitz participa in quasi tutti i gabinetti civili del  Pentagono- giustificando la guerra per estendere la democrazia del “Libero Mercato”, anche creando minacce immaginarie.

Nel 1992, il Segretario alla Difesa, Dick Cheney, chiese al suo Sottosegretario alla Defence Policy, Wolfowitz, di tratteggiare il documento di “Guida alla politica di difesa Usa per gli anni 1992-99”. Fu disegnata allora la strategia  per fondere in una unità pratica gli interessi americani e quelli globali “sionisti”, prevenire il riemergere di un nuovo rivale, nel territorio dell’ex Unione Sovietica o altrove, che ponesse una minaccia come la vecchia URSS,  mostrando la  capacità necessaria per instaurare e proteggere un nuovo ordine, riaffermando l’impegno americano per lo stato ebraico, garantendogli cioè il primato qualitativo degli armamenti, cruciale alla sicurezza  di Israele. Con corollario finale, ove indispensabile,  la guerra all’Iran o, addirittura, alla stessa Russia.

Tutto ciò era risaputo e venne attaccato da Trump in campagna elettorale. Un bell’esempio di cinismo, appena giustificato dalla necessità di sopravvivere politicamente. Ma la cosa strana è che, mentre Trump sta facendo un viaggio di “grande successo”,  il deep state non allenti gli attacchi. Donald ha indicato come nemico assoluto l’Iran, con gran soddisfazione della nota lobby; ha spacciato centinaia di miliardi di armamenti alla monarchia wahabita,  con sicura gioia dell’apparato militare-industriale; ha giurato e rigiurato eterna amicizia a Sion. Ma la campagna “Trump-agente-di-Mosca” continua, tuttavia. Forse per approfittare della debolezza esibita ultimamente dal Presidente.

Secondo alcuni, le parole di Trump a Riad, ai leaders del mondo musulmano, potrebbero segnare un cambiamento radicale nella politica militare degli Stati Uniti. Ora il nemico non sarebbe più la Repubblica Araba Siriana, ma il jihadismo, strumento strategico del Regno Unito, dell’Arabia Saudita, della Turchia. Dalla “Cremlinologia” di un tempo pare essere transitati alla “Casa-Biancologia”.

Gli israeliani potrebbero eccitare una guerra fra l’Arabia Saudita ed Iran, beneficiario della liquidazione di Saddam Hussein, che ha indirettamente favorito la creazione della fascia sciita che va dall’Iran al Libano. O forse, fanno notare altri, Trump in un estremo tentativo di non essere deposto e coinvolgere la Russia in un conflitto (e magari nemmeno l’Iran) cerca di arrivare ad una veloce, sia pur scombiccherata, soluzione del conflitto israelopalestinese, con l’aiuto delle religioni monoteiste, che non possono negarsi ad un appello alla pace, ed ammesso che Israele accetti? Potrebbe in quel caso avere l’opinione pubblica mondiale a suo favore, diventare un “nuovo uomo della Pace”, pronto a ricevere l’ennesimo Nobel.

Letture contrastanti o fantapolitica del caos prossimo venturo? Forse che Trump non ha alcuna politica ed improvvisa? Forse che gli Stati Uniti,  abbandonata la parità geostrategica forzata dalla “mutua distruzione assicurata”, puntano ora, dopo 70 anni di pace, ad assestare alla Russia il “primo colpo”? Con che armi?

*già ambasciatore in El Salvador e Paraguay 

@barbadilloit

Gianni Marocco*

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