BarbaVisio. Balthus il visionario in viaggio tra baguette e passaggi e Murakami

passageIn quel crocevia di vite talentuose e di tumulti culturali che era la Parigi degli anni ’30, non sappiamo se lo schivo Balthasar Klossowski de Rola, in arte Balthus (in esposizione fino al 31 gennaio 2016 alle Scuderie del Quirinale e a Villa Medici a Roma) abbia conosciuto il giovane Luis Buñuel, ma diamo per certo che il regista spagnolo abbia visto La rue, dipinto nel 1933, esposto nell’atelier di Giacometti, poi in quello di Picasso, dove tutti i surrealisti facevano visita al seguito di André Breton il quale, racconta Balthus, più che una guida poetica era un revisore che prendeva in mano bozzetti e disegni e li lanciava in aria se non erano in linea con il diktat surrealista.

Sia ne La rue che nel successivo Le passage du Commerce-Saint-André (dipinto nel 1952/54) troviamo delle figure sospese nel tempo, quasi inanimate, che si muovono in una strada parigina ma sembrano proiettate in un’altra dimensione. In particolare, nel secondo dipinto compare un personaggio che si lascia alle spalle un mondo che sembra una quinta teatrale impugnando una baguette… quasi fosse un grimaldello per accedere in un’altra dimensione.

Il pittore torna spesso sul tema della comunicazione tra mondi lontani nelle sue Memorie (Balthus, Memorie. Raccolte da Alain Vircondelet, edizioni Longanesi) un testo visionario dove i ricordi affiorano tra meditazioni e pratiche di ascesi.

Le Passage ricorda un film di Buñuel, in particolare il sogno del soldato de Il Fascino discreto della borghesia: una strada costruita con fondali dipinti, disabitata ma popolata di voci e di rumori, dove si aggira un uomo che non sa di essere morto. In entrambi troviamo la strada come passaggio all’altro mondo, un personaggio solitario, l’atmosfera onirica tinteggiata di pastello. Non è illecito vedere un omaggio del regista al pittore, o meglio una comunanza visionaria tra i due artisti.

Certo, manca la baguette! Quel pane fallico su cui giocava un altro frequentatore dei surrealisti, Man Ray (vedi il provocatorio e molto pop Pain paint  del 1958).

E dato che siamo visionari, ci mettiamo dentro anche il più pop e visionario degli scrittori contemporanei, Murakami, che nel suo 1Q84 crea il passaggio tra i due mondi (più esplicitamente) attraverso l’enorme fallo del Leader, il cui amplesso con la giovanissima figlioccia scatena tempeste di fulmini e scorribande di Little people…

Come dalla mostra alle Scuderie del Quirinale siamo arrivati a Murakami resta un’abilità visionaria.

@barbadilloit

@visioemail

Francesco Patrizi

Francesco Patrizi su Barbadillo.it

Exit mobile version