Sia ne La rue che nel successivo Le passage du Commerce-Saint-André (dipinto nel 1952/54) troviamo delle figure sospese nel tempo, quasi inanimate, che si muovono in una strada parigina ma sembrano proiettate in un’altra dimensione. In particolare, nel secondo dipinto compare un personaggio che si lascia alle spalle un mondo che sembra una quinta teatrale impugnando una baguette… quasi fosse un grimaldello per accedere in un’altra dimensione.
Il pittore torna spesso sul tema della comunicazione tra mondi lontani nelle sue Memorie (Balthus, Memorie. Raccolte da Alain Vircondelet, edizioni Longanesi) un testo visionario dove i ricordi affiorano tra meditazioni e pratiche di ascesi.
Le Passage ricorda un film di Buñuel, in particolare il sogno del soldato de Il Fascino discreto della borghesia: una strada costruita con fondali dipinti, disabitata ma popolata di voci e di rumori, dove si aggira un uomo che non sa di essere morto. In entrambi troviamo la strada come passaggio all’altro mondo, un personaggio solitario, l’atmosfera onirica tinteggiata di pastello. Non è illecito vedere un omaggio del regista al pittore, o meglio una comunanza visionaria tra i due artisti.
Certo, manca la baguette! Quel pane fallico su cui giocava un altro frequentatore dei surrealisti, Man Ray (vedi il provocatorio e molto pop Pain paint del 1958).
Come dalla mostra alle Scuderie del Quirinale siamo arrivati a Murakami resta un’abilità visionaria.