Il commento (di G.Ballario). Il referendum greco? Il popolo vota sulla sovranità nazionale

Alexis Tsipras
Alexis Tsipras

Borse europee a picco, panico fra i risparmiatori, terrore in Grecia, dove solo la chiusura degli sportelli bancari e del mercato azionario di Atene ha impedito il crollo totale dell’economia ellenica. Ci attende una settimana di passione, di qui al referendum indetto dal premier Tsipras per chiedere al popolo greco se vuole accettare il diktat della Trojka oppure no. E quindi, in tal caso, sancire l’uscita del proprio Paese dall’euro.

Una mossa che ha sparigliato le carte degli eurocrati di Bruxelles, tanto da spingere il diversamente sobrio Juncker a ricattare pubblicamente il popolo greco: «Votate sì al referendum, altrimenti verrà interpretato come un “no” all’Europa e all’euro». Ma va’? Che acuto analista… In realtà la minaccia europeista sembra ben più concreta, ma è difficile capire come reagirà la maggior parte della popolazione ellenica, che ha davvero ben poco da perdere dopo ormai cinque anni di tagli radicali e lento strangolamento che l’hanno ridotta sul lastrico. E l’ulteriore consiglio di Juncker ai greci («Non ci si deve uccidere per paura della morte») sembra tanto l’estremo appello dello strozzino, che sa di non poterci ricavare nulla dalla morte della sua vittima. Viceversa, tenendolo in vita e sotto ricatto, ha solo da guadagnarci.

Il dibattito italiano: Tsiprs coraggioso o furbo?

Al di là dei grandi commentatori automaticamente schierati con Bruxelles, anche in Italia c’è dibattito sulla mossa di Tsipras: atto di coraggio di un vero leader politico che ha a cuore gli interessi della propria nazione o furbata di un politico paraculo che non ha il coraggio di prendere decisioni impopolari? Persino alcuni opinionisti ed economisti non allineati, come Claudio Borghi, responsabile economico della Lega Nord di Salvini, criticano la scelta del premier greco. Sono interpretazioni che hanno diritto di cittadinanza, ovviamente. Però ci vuole un bello sforzo a bollare come sbagliato, utopistico, furbetto o vigliacco quello che in democrazia è appunto considerato il più democratico dei gesti: chiamare alle urne gli elettori per decidere un fatto importante per il proprio futuro. Mai sentito elogiare la leggendaria democrazia diretta della Svizzera?

Insomma, può darsi che Alexis Tsipras abbia convocato il referendum sull’euro (così è, nei fatti) per spingere gli elettori a cavargli le castagne dal fuoco, non avendo lui e Varoufakis la forza o il coraggio di decidere l’uscita dalla moneta unica. Oppure magari per precostituirsi un alibi in caso di prevalenza dei “sì”. Però è regola aurea di qualsiasi dottrina populista (e il governo di Syriza lo è) rivolgersi direttamente al popolo, saltando le istituzioni intermedie che, in questo caso, sono anche le più ricattabili o vincolate all’Ue. Soprattutto su temi fondamentali come è quello dell’indipendenza – economica, ma non solo – di una nazione. E all’obiezione di alcuni, secondo i quali sarebbe inopportuno chiamare alle urne il popolo, in quanto privo di strumenti per decidere su temi così delicati; è facile replicare che queste sono le regole del suffragio universale. In caso contrario è consigliabile tornare a un suffragio parziale, basato sul censo, sull’istruzione o magari sulle disponibilità economiche degli elettori. Come probabilmente piacerebbe alle istituzioni europee e ai loro maitres-à-penser: i banchieri d’Europa e dell’intero mondo occidentale.

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Giorgio Ballario

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