La lettera. Il referendum di Tsipras sull’austerità? Segnale di debolezza politica

Alexis Tsipras
Alexis Tsipras

Potrei essere smentito dai fatti ma non credo che la soluzione referendaria di Tsipras sia stata una genialata, né può essere contrabbandata come tale. Piuttosto, cedere la “parola” al popolo perché decida se accettare o meno ulteriore (per usare un eufemismo) austerità è segno di debolezza e di fallimento.

Da un governo fortemente “ideologizzato” come quello di Tsipras qualcuno si aspettava qualcosa di più. Ma evidentemente la ricetta marxista ha fatto il suo tempo oppure è stata ben applicata dall’odiata Troika. Ma neppure l’insegnamento aristotelico sul bene comune e sulla formazione di buoni cittadini è servito a Tsipras per guidare un popolo e non farsi “spingere”.

Come si può oggi contrastare la strategia economica affamatrice posta in essere da fredde intelligenze calcolatrici dando la parola all’indistinto popolo, impegnato in una lotta per la sopravvivenza? Dov’è la numerosissima classe politica espressa dalle urne nel gennaio scorso? Dove sono i migliori? Tutti fuggiti, tutti dileguati?

Prendiamone atto: oggi, più che mai il voto non è libero!

In uno stato di estremo bisogno come quello nel quale si trova il popolo europeo che abita la regione greca, ogni decisione presa sarà condizionata da due fattori emozionali già presenti nell’animo dei chiamati alle urne: 1) votare contro le misure, significherà, probabilmente (ma non è detto) il ritorno della Grecia ad una sua moneta. La Grecia dipende, più dell’Italia e di altri paese dell’eurozona, dall’importazione, mentre, grazie alle politiche interne scriteriate degli ultimi 40 anni, la produzione interna è ai minimi storici al contrario dell’apparato della pubblica amministrazione che esplode di esuberi. Dunque, uscire dall’eurozona significherebbe dover pagare le importazioni (vitali) con la nuova moneta, che al cambio, non si sa ma ci si può azzardare ad affermare che sarà talmente debole da necessitare l’utilizzo di vagoni di carta moneta. 2) votare a favore delle misure di rigore economico, manifesterà invece la sfiducia del popolo nei confronti di un governo, quello di Tsipras, che ha vinto le elezioni con un programma anti-austerità.

In un caso o nell’altro questa è la resa di tutto il popolo europeo di fronte al sistema turbocapitalista che ha degradato gli Stati in aziende poste sul mercato ed, in un certo senso, quotate in borsa.

La scelta di Tsipras, quindi, più che una scelta “democratica”, è la capitolazione della politica, non solo greca, la fine di ogni velleità democratica di un’Europa che si voleva liberata dalle tirannidi, un’Europa che fino alla caduta del Muro di Berlino era retta su un falso ideologico, economico e concettuale, che sparlava di democrazia ed in realtà gettava le basi per la più ardimentosa delle operazioni economiche mai viste sul globo: sganciare l’economia dagli Stati e dai Popoli. Non più solidarietà. Non più socialità. Non più umanità. Ma solo una moneta da servire!

E’ giunto il tempo in cui si apra un dibattito politico serio e si percorrano nuove strade per la creazione di una nuova Europa basata su antichi principi ma governata con metodi nuovi, tutti da inventare, senza preconcetti pseudo-democratici.

Paolo Scagliarini

Paolo Scagliarini su Barbadillo.it

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