Viene quindi soppresso il Patriot Act definitivamente, la legge che dopo l’11 settembre 2001 ha permesso l’intromissione nel privato da parte del governo per la “sicurezza nazionale”. Il Freedom Act sancirà ancora parte delle prerogative di violazione della privacy per motivi di sicurezza, ma sarà più leggero e la gestione passerà all’FBI.
La paternità di questa vittoria di libertà, con tanto di vuoto normativo di qualche giorno, nonostante quanto scritto da alcuni giornali italiani come Repubblica, non è del Partito Democratico o di Obama, ma di Rand Paul, il senatore repubblicano del Kentucky che per riuscire a raggiungere la soppressione del Patriot Act senza proroghe ha realmente dato spettacolo, parlando per ore al Senato, perdendo tempo, cavillando sul regolamento, interrompendo i rivali politici. Un comportamento che forse non ha precedenti ma che ha portato i suoi frutti. Al grido “non sono affari del governo con chi parlo al telefono”, Paul ha condotto la sua battaglia contro l’NSA senza esclusione di colpi, segnando un punto importantissimo per le imminenti primarie del Grand Old Party e le prossime eventuali presidenziali.
Obama dal canto suo, fa buon viso a cattivo gioco. Dal punto di vista ideale sia il presidente uscente che il Partito Democratico si sono sempre detti contrari alla legge voluta da Bush che permetteva di spiare la popolazione, ma dal punto di vista pratico, come rilevato un paio di anni fa anche qui su Barbadillo, il Presidente se ne è servito a piene mani. A farne le spese anche molte aziende, tanto che le principali aziende informatiche si erano inalberate non poco nel dicembre 2013. Il dato di fatto è che la soppressione è farina del sacco di un repubblicano e Obama, anche quando aveva solidissima la maggioranza a Camera e Senato, non ha fatto nulla.
La storia della violazione della privacy da parte delle istituzioni ovviamente non finisce qui, ma finalmente il principio che gli affari personali sono, appunto, personali, è stato sancito una volta di più.