La lettera. Il 24 maggio è il giorno della vera unità nazionale

24maggio1_0Il ventiquattro maggio: ecco la data che, a tutti gli effetti, significa veramente unità. Ce ne siamo ricordati quest’anno, poiché esattamente cento anni fa si aprì il Primo Conflitto Mondiale per l’Italia, trainata nella guerra dalle promesse della Triplice Intesa, seguita dall’entusiasmo di molti. Ma, si badi bene, non è questo che diede unità: le promesse si rivelarono una mezza fregatura, l’entusiasmo non tardò a fare i conti con l’amara realtà della guerra di posizione. L’unità maturò in quegli anni corrosi sulle Alpi, a Gorizia, sul Carso, a Caporetto, sul Piave… Insomma, l’identità italiana si formò nelle trincee della Prima Guerra Mondiale. Il nostro Bel Paese maturò la sua unità identitaria in quel grosso, enorme sacrificio di anime perpetrato sul fronte nord-orientale. Torinesi, Napoletani, Milanesi, Siciliani, che fino a quel momento neanche parlavano la stessa lingua, si trovano a condividere per tre anni la vita, le sofferenze, la morte… Si dice che si può avere una vera cognizione del dolore solo per la perdita di una persona cara.

Soldati, famiglie, amicizie si accomunarono nel dolore per la perdita di più di settecentomila soldati, come testimonia questo passo del libro “Introduzione alla Vita Mediocre” di Arturo Stanghellini, autore pistoiese colpevolmente rimosso dalla cultura ufficiale, in cui parla dell’annuncio ai soldati della fine della guerra: “ Nessuno sul principio ha parlato, nessuno ha sorriso. Avevamo tutti gli occhi rivolti al passato, alla lunga via seminata di croci. Nessuno ha saputo sorridere. I fortunati hanno fatto questo regalo ai morti, di non sorridere. In Italia cantavano, ballavano, si ubriacavano. Lassù, tra i monti del Trentino nel freddo meriggio di novembre, quelli che dalla pace avevano resa sicura la giovinezza e la vita, non hanno nemmeno sorriso.”
Oggi più che mai è fondamentale commemorare il ventiquattro maggio, in risposta ad una politica europea che vuole distruggere la nostra identità, coadiuvata dalla meschinità del governo Renzi. Oggi più che mai, contro la svendita delle nostre ricchezze e dei nostri orgogli all’estero, diventa necessario commemorare chi diede la vita, cantando “Non passa lo straniero”.

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Nicolò Bindi

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