A far troppo i piacioni non ci si guadagna proprio nulla. Dimenticarsi delle radici, snatura, livella e finisce per trascinare sul fondo tutto il Paese. L’ex vicepresidente del Senato Mimmo Nania, figura storica della destra italiana, analizza l’attuale momento di estrema confusione della politica italiana che, al netto delle valanghe di annunci che quotidianamente arrivano nelle case degli italiani, rischia di far perdere l’ennesima occasione di riscatto. Una sinistra sull’orlo del crac ideologico e una destra che non c’è: Nania non tira indietro la gamba, anzi.
Sta seguendo il dibattito relativo alle grandi riforme annunciate dal Governo?
“No, ho ben altro da fare. Sono d’accordo con chi, qualche tempo fa, ha definito questa come la fase politica di Cetto La Qualunque. Tante, tante chiacchiere. E di concreto non si vede proprio nulla”.
Che cosa sta accadendo?
“Quello che succede rappresenta la caratterizzazione della situazione politica italiana. C’è una sinistra che gioca a far la destra e una destra che vuole far la sinistra. Negli anni scorsi abbiamo avuto, ai tempi di An prima e del Pdl poi, chi, come Gianfranco Fini, riteneva di poter costruire una destra che potesse piacere alla sinistra. Oggi sta accadendo il contrario, con la sinistra che si affida a modi di fare e politiche sbiadite prese pari pari dal centrodestra degli anni passati. Tutti si sono scordati origini, e missione, abbiamo così mille sfumature di destra e di sinistra inconcludenti. Detta così, uno potrebbe rispondere “E che ci frega?” e invece…”
E invece?
“E invece ci troviamo, in concreto, con zero interventi strutturali, realmente efficaci e decisivi per il Paese e con l’attuazione di mosse copiate da quelle fatte dal centrodestra negli anni scorsi”.
Tipo?
“Quando Silvio Berlusconi annunciò – durante una campagna elettorale – l’abolizione dell’Ici, la magistratura aprì un’inchiesta per voto di scambio. Che poi è stata archiviata ma comunque resta il fatto che un’indagine venne aperta. Adesso ci siamo ritrovati con un premier che offre ottanta euro ad una specifica categoria sociale che avrebbe potuto votarlo e sostenerlo alle elezioni come è effettivamente accaduto. E non li ha offerti a pensionati e bisognosi. Il tutto senza aprire nemmeno un tavolo di confronto con i sindacati. Abbiamo avuto, a mio avviso, un vero e proprio voto di scambio per le Europee e nessuno ha fiatato. Questa è la conferma del fatto che la politica vive un momento nel quale è difficile capirci qualcosa e, soprattutto, intuire dove si stia andando a parare”.
Una panoramica della politica italiana al tempo di Matteo Renzi.
“Non esiste né una destra né un centrodestra che possa rappresentare una spendibile alternativa di governo. Tuttavia c’è un altro dato sul quale riflettere: il fallimento storico della sinistra italiana”.
In che senso?
“In un momento del genere, la sinistra potrebbe intestarsi un processo di ristrutturazione complessiva del Paese e invece non ci riesce perché si lascia gestire da un ex democristiano, fotocopia in piccolo di Berlusconi. Un’occasione storica che rischia di sprecare. Quando potrebbe finalmente dire qualcosa di sinistra, diventare uno schieramento socialdemocratico capace di affermarsi, si è lasciata spedire fuori campo”.
La sinistra può uscire dal coma?
“Solo uno choc traumatico potrà salvarla. La sinistra esiste e deve farsi sentire. Nel sindacato, nella scuola, nella cultura, nel cinema. Deve avere il coraggio di far valere le sue opinioni, e caricarsi sulle spalle un’ipotesi coerente per il Paese, portandola fino in fondo. Altrimenti torniamo nella palude del populismo e dell’esasperazione. A essere onesto, però, questa luce in fondo al tunnel ancora non si vede”.
Eppure Renzi si gloria della volontà di cambiare, rottamare e ricostruire l’Italia.
“Ricordo che questo presidente del consiglio promise una riforma al mese. Delle due l’una: o non conosce i meccanismi democratici oppure è un Cetto La Qualunque. Se ancora ritiene di poter ottenere la realizzazione di una legge al mese, mostra di non sapere come funziona il sistema della democrazia parlamentare italiana. Se invece pensa di proporre un disegno di legge al mese, finisce solo per denunciare tutta l’inefficienza del suo governo. Se Striscia la Notizia, Blob o il Bagaglino si prendessero la briga di scartabellare le sue dichiarazioni da qualche mese a questa parte, si capirebbero tante cose”.
Il centrodestra resta a guardare?
“Quando si tagliano le radici dell’identità diventa dura sopravvivere. Se non si sa da dove si viene è impossibile decidere dove andare. Solo uno sguardo che parte da lontano può raggiungere orizzonti ancora più lontani. E poi quando parliamo di destra o di centrodestra, di che stiamo parlando? A cosa ci riferiamo?”.
Da dove ripartire?
“Innanzitutto bisogna sfatare il mito della “destra europea”. Di quale destra parliamo? Non ce n’è una sola, anzi. Gli inglesi sono per il mercato spinto al massimo, gli spagnoli sono cattolicissimi, i francesi sono nazionalisti con la Grandeur fissa in testa, i tedeschi sognano sempre egemonie germaniche. Non dobbiamo fare altro che ripartire dai cardini della destra italiana: valori e socialità”.
Com’è lo stato dell’arte?
“Quando Pinuccio Tatarella, nel ’94, disse che bisognava fondare il centrodestra, postulava una novità. La destra c’era e il centrodestra no. Oggi il problema è l’inverso: c’è il centrodestra “ufficiale” e di “nome” di Alfano, poi c’è Forza Italia, poi i nazionali di Fratelli d’Italia, adesso anche Corrado Passera fa discorsi simil-centrodestra. Pure la Lega sta tentando di posizionarsi. Qual’è la novità? Di cosa si ha davvero bisogno? Della destra, che oggi manca”.
Lei crede alla destra riformista?
“La destra non è mai stata riformista bensì riformatrice. C’è una grossa differenza tra i due concetti: il riformista punta all’evoluzione del sistema rimanendo però all’interno delle sue stesse coordinate. Il riformatore, invece, pensa all’alternativa al sistema. E questo carattere riformatore, e non riformista, va assolutamente recuperato”.
Chi tra gli attuali leader potrebbe ricostruire la destra?
“Un leader sfonda, spariglia e trascina. Altrimenti saturi e ti saluto. Quando sei andato in tv cento volte a parlare, chiacchierare, illustrare, spiegare e dissentire, e il tuo partito non si schioda dal 3 virgola X devi trarre le tue conclusioni. Come è accaduto con Renzi e come accadde, nel ’93, con Fini. Arrivati sulla grande scena hanno sfondato. Se non sfondi, devi rassegnarti. Per come la vedo io non c’è oggi un leader tra destra e centrodestra capace di scioccare la platea”.
Con la Fondazione An sta portando avanti un lungo e difficile cammino per far risorgere la destra dalle sue stesse ceneri. Quale è la strategia?
“Tutti noi che a destra abbiamo esercitato un ruolo, indipendentemente da quale o quanta responsabilità abbiamo avuto, tutti coloro che sono in Parlamento grazie al Porcellum, tutti dobbiamo essere in prima linea per la ricostruzione. Fosse solo per restituire ciò che si è preso. Attenti, però. Ho detto prima linea e non prima fila. Qui ci devono stare volti nuovi, giovani, capaci, di qualità. Chi ha saputo rappresentare, seppur nel piccolo, la destra italiana. La cosa più brutta è che adesso non possiamo più parlare di “noi”. Per decenni ci siamo identificati. “Noi del Msi”, “Noi di An”. Oggi “noi” di cosa? Di qualche gruppuscolo o correntina? E’ arrivato il momento di darsi da fare, di lanciare un segnale di grande generosità”.