Destro, Florenzi, Rossi, Toni, persino Criscito e Pasqual. Anche le recriminazioni per le convocazioni non sono più le stesse, ulteriore segnale di un paese allo sfascio sotto tutti i punti di vista. Un tempo, non più di dodici anni fa, ci si lamentava per la mancata convocazione di Roberto Baggio e si discuteva della convivenza Del Piero-Totti (per inciso, oggi, con tutti questi moduli con falsi nove e al massimo un attaccante vero, sarebbero titolari entrambi). Poi si è passati a Cassano e a Giuseppe Rossi nel 2010, allora nel pieno delle loro forze. Quattro anni più tardi, dopo la seconda eliminazione consecutiva dell’Italia nella fase a gruppi, i nomi più gettonati sono quelli di cui sopra. E, pensate, c’è anche qualcuno che invoca la Nazionale dei giovani. Ma quali giovani? L’Under 21 va in campo con ragazzotti che, se va bene, riescono a giocarsi il posto in Serie B. E c’è chi li vorrebbe al Mondiale.
Per una volta, per favore, facciamo le persone serie e guardiamo in faccia la realtà. Il ct non ha lasciato campioni a casa, ma piuttosto gente che sarebbe potuta essere utile alla causa senza però avere nei piedi la possibilità di spostare gli equilibri. Poi si può fare bar sport su tutto ciò che si vuole, su un oriundo, neanche in grandi condizioni (Romulo), preferito a un italiano almeno forte quanto lui e con la stessa duttilità (Florenzi); su Luca Toni, a trentasette anni ancora il miglior colpitore di testa del mondo, mai preso seriamente in considerazione nonostante un campionato da venti gol e caratteristiche assenti in qualsiasi altra delle nostre punte (?); su Mattia Destro, migliore media gol del campionato, squalificato quattro giornate e mai a segno contro le grandi, un uomo d’area di rigore come, dicono, in Italia non ce ne sono. Bene, in tutta onestà, parafrasando Prandelli, non mi sembra siano stati lasciati a casa Gigi Riva o Bruno Conti. Destro e Toni sono attaccanti, ma quanti palloni hanno avuto quelli convocati per metterla dentro? La risposta è semplice: due. Uno il tanto bistrattato Balotelli l’ha sbattuto alle spalle di Hart nel colpo di testa dell’illusione all’esordio, l’altro, lo stesso Balotelli versione fratello scarso, lo ha trasformato in un intervento da difensore anziché nel pallonetto mortifero che, probabilmente, avrebbe cambiato le speranze azzurre. Da allora, primo tempo di Italia-Costa Rica, di palle giocabili negli ultimi venti metri non se ne sono viste. Una partita e mezzo, un’eternità. Destro e Toni, senza mezzo cross, cosa avrebbero prodotto in più?
E allora, diciamoci la verità. Prandelli avrà pure sbagliato, pagando soprattutto una gestione del cosiddetto codice etico un po’ utilitaristica e poco coerente, però, obiettivamente, non ha colpe decisive. Prima di questo fallimento, aveva perso rovinosamente una finale europea dove, per valori, non avrebbe neanche dovuto esserci (canto del cigno di una Spagna inarrivabile) e aveva raggiunto un terzo posto in Confederations Cup. Non male. La realtà è che, purtroppo, in questo momento il calcio italiano, e di riflesso la Nazionale, sono tristemente mediocri. E a squadra mediocre, salvo risultati clamorosi raggiunti soprattutto per debacle altrui (vedi la Grecia a Euro 2004), corrispondono risultati mediocri. Allora si spari pure sul soldatino Cesare, però, per favore, gli venga lasciato l’onore delle armi in un paese dove la faccia, quando si tratta di staccare il fondoschiena da poltrone anche molto più importanti, non la mette mai nessuno. Lui la sua ce l’ha messa.