C’erano bandiere ovunque. C’era entusiasmo ovunque. C’era la gioventù, ecco perché. E poi c’era pure il debito, che si poteva fare. E le macchine, il sogno di andarsene di casa, di metter su famiglia. Il lavoro era più un problema da scansare che da cercare. Sembrava la fine della storia. Ce lo dissero proprio. È caduto il Muro, è finita la guerra fredda, ora vivremo tutti nel paradiso del villaggio globale. Mai più dittature, mai più siringhe al parco, mai più povertà, mai più anni di piombo.
Saremmo diventati tutti avvocati, medici, professionisti, imprenditori. Todos caballeros. Quel mondiale era la profezia quel sogno che si sarebbe dovuto avverare. La voce di Bruno Pizzul a contrappunto di Gianna Nannini ed Edoardo Bennato. Le bandiere, c’erano bandiere ovunque. C’era gioia, entusiasmo ovunque. Ma la Nazionale, quel mondiale lì, lo perse. Ai rigori, storia nota. Diego che porta Napoli in Argentina. E ce la lascia per sempre. La finalina a Bari, nell’Astronave di Renzo Piano. Un sogno che sfumò. Come quella stagione meravigliosa. Sfumò. C’erano bandiere ovunque, in Italia. Ora c’è Facebook, carico d’odio sapientemente manovrato dai pupari delle agenzie di comunicazioni e riccamente monetizzato da Zuckerberg e compagni. Il lavoro c’è ma non si vede. Di metter su famiglia non interessa a nessuno. O meglio, interesserebbe pure ma di soldi non ce n’è. Quella speranza del paradiso liberale in terra non s’è mai avverata per i comuni mortali. Per i ricconi forse sì, ma questa è un’altra storia. Loro, in piazza sulle 127 ad agitare le bandiere, non c’erano. La gioventù non c’è più. Non solo per gli acciacchi ma come stato d’animo. Non c’è più. Quegli stadi fantastici, grandiosi, bellissimi, costati miliardi su miliardi, sono ormai dei ruderi, archeologia dello sport che le ristrettezze economiche e la burocrazia domina nostra impongono a quelle cinque dozzine di tifosi innamorati, chissà di cosa, che ancora li frequentano.
C’erano bandiere ovunque. Ora no. C’è solo noia, tristezza. C’è il magone. La lunga estate, quell’estate meravigliosa e inimitabile che non sarebbe dovuta tramontare mai, è finita. Da mo’. E stamattina è morto pure Totò Schillaci.
R:I:P: Totò Schillaci. Me ne venni dall’Argentina, dove ero Console Generale in una città del sud, per vederti, senza saperlo prima, e tu, contro ogni previsione, fosti un leone in quel Mondiale dalle troppe illusioni. Amavo la nostra Nazionale e detestavo Maradona. A Torino lo vidi vincere per un suo straordinario guizzo contro un meraviglioso Brasile, per il quale tifava tutto l’enorme, nuovo stadio, che proprio non riusciva a buttarla dentro. Tu, goleador al quale nessuno credeva, vivesti allora il tuo ‘giorno da leone’ lasciando al poi (o agli altri) i ‘cento anni da pecora’. Era un’epoca di illusioni, è vero, dopo la Caduta del maledetto Muro. Ed anche, più modestamente, sul piano personale, prima che malattie inguaribili si abbattessero sulla mia famiglia come una bomba letale e smisurata…. Noi fummo fermati dagli stramaledetti rigori, come 4 anni dopo negli States, come 8 anni dopo, in Francia. Le notti magiche del calcio non si ripeterono né per te né per l’Italia, purtroppo. Conosciamo tutti la storia di quegli anni (altro che ‘Fine della Storia’), per raccontarcela un’altra volta… Me ne tornai al lavoro, in Argentina, prima della finale. Quella domenica pomeriggio -ora di laggiù – chiuso in casa con moglie e tre bambini piccoli, fummo bersagliati da parecchi che conoscevano la mia residenza (forse li avevo pure invitati!) e che venivano a sfogare la loro frustrazione con clacson ed insulti contro l’Italia (contro il suo rappresentante, naturalmente, e che poi magari il lunedì mi avrebbero chiamato con noncuranza per il solito favore…).
Nel 2006 vincemmo un Mondiale, ai rigori, ma che grigiore di gioco!
Detestavo anch’io l’uomo Maradona e se fossi stato all’Olimpico quella sera, l’avrei fischiato con tutto il fiato in gola, come giustamente fece Roma ! Buon viaggio Totò !