Forse gli piacerebbe essere ricordato così, a 18 anni dalla morte, a 90 anni. Senza tanta retorica, da vecchio piemontese duro e laconico. Ma Rava fu molto di più. Vale la pena riproporlo all’attenzione dei molti che probabilmente neppure lo sentirono nominare.
Lo possono ricordare bene solo quelli ancor più anziani di me. Lo disse egli stesso in una intervista a Repubblica, il 6 gennaio 2003, ‘Io, ultimo azzurro del ’38‘.
“Ma sono un uomo dimenticato e con il passare del tempo ho cominciato anch’ io a dimenticare la gente che ho visto. Ho 87 anni, ma ne avevo venti quando Vittorio Pozzo mi chiamò per la squadra di universitari che doveva andare ai Giochi; io da un anno ero titolare nella squadra(Juventus) che veniva dopo i cinque scudetti del ’30-’35. Al villaggio incontrai Jesse Owens, vinceva, ma non dava neanche l’ impressione di forzare. Ho visto i più grandi campioni di un secolo di calcio. Vincemmo anche il mondiale del ’38. Nella foto ufficiale a Palazzo Venezia con Mussolini, mi sono nascosto dietro a un compagno, non per vergogna di qualcosa, ma per riservatezza.Ci regalò una pergamena e ottomila lire, mi comprai una Topolino. L’anno dopo l’ Italia entrò in guerra, avevo 24 anni, avevo vinto già tutto, ma la mia carriera fu troncata, persi sei anni. Nel ’42 partii volontario per il fronte russo, avevo perso degli amici in combattimento, pensai che dovevo fare qualcosa anch’io. Uscii dalla guerra rovinato. Quando venne la pace avevo ormai quasi trent’anni e neanche una lira“.
Forse qualcuno lesse l’articolo di Corrado Sannucci e, mesi dopo, gli giunse la croce di Commendatore OMRI.Pietro Rava si era, credo, rassegnato all’ ‘invisibilità’ che normalmente avvolge e sottrae allo sguardo gli anziani, anche quelli un giorno famosi. Ma l’amarezza era pur difficile da trangugiare. In quella stessa intervista aggiunse:
“Meritavo un poco più di rispetto, soprattutto dalla squadra che ho tanto amato, la mia Juventus. Sei-sette anni fa hanno chiuso il Circolo degli ex-giocatori, io ero il presidente. Mandai all’avvocato Agnelli una lettera, non mi ha mai risposto. Gli anziani sono stati dimenticati, ma è stato sempre così. Se eri cresciuto nella Juve non potevi aprire bocca:in provincia, dovunque ero il campione del mondo, qui no”.
Però, Gianni Agnelli lo aveva definito ‘un simbolo della Juventus e uno degli uomini che ha fatto la storia bianconera‘; nel 2010 Rava sarà tra i cinquanta giocatori scelti dai tifosi per essere inseriti nel ‘Cammino delle Stelle’ all’interno del nuovo Juventus Stadium. Ed a lui sarà dedicato il giardino tra le vie Teodoreto, Piobesi, Gianelli nella torinese Circoscrizione 9.
Il 9 novembre 2006 la Gazzetta dello Sport scriverà, ‘Torino saluta Rava‘:
“Torino. Una maglia della Juve con il numero 3 sulla bara, lo stendardo della nazionale e una folla commossa. Ieri nella chiesa Santa Teresa del Bambin Gesù, la famiglia, tanti tifosi e uomini di sport hanno dato l’addio a Pietro Rava, l’ultimo superstite dell’Italia Campione del Mondo nel 1938, scomparso domenica all’età di 90 anni. Accanto alla moglie Gianna, alla figlia Carla e nipoti, c’erano tra gli altri Azeglio Vicini per la Figc, Eddy Ottoz, ex campione di atletica, in rappresentanza del Coni, il compagno di tante battaglie Giovanni Viola, portiere della Juve degli anni ‘50, la squadra in cui Rava disputò 321 partite. E Alberto Pozzo, figlio del CT della nazionale di Rava. Tanti telegrammi per la famiglia, dal ministro Melandri, da Trapattoni e dal sindaco di Torino Chiamparino. Su La Stampail ricordo di un tifoso illustre come Mike Bongiorno: Caro Pietro, sei stato il primo mito della mia vita”.
(Cfr.https://www.repubblica.it/2006/11/sezioni/sport/calcio/addio-rava/addio-rava/addio-rava.html;https://www.museogrigio.it/wp/rava-un-campione-del-mondo-in-maglia-grigia;https://it.wikipedia.org/wiki/Pietro_Rava;http://amorejuventus.altervista.org/pietro-rava.html; Carlo F. Chiesa, Il secolo azzurro, Bologna, Minerva, 2010)
Pietro Rava (Cassine, Alessandria, 21 gennaio 1916-Torino, 5 novembre 2006) nacque a Cassine da una famiglia trasferitasi temporaneamente nel paese per obblighi lavorativi del padre, funzionario delle ferrovie,originario di Magliano Alfieri. Cresciuto a Torino, nel quartiere della Crocetta, si diplomò geometra all’Istituto G. Sommeiller e, dimostrato un precoce talento per il calcio, entrò adolescente nelle giovanili della Juventus. Studente dei GUF (iscritto alla Facoltà di Economia e Commercio, senza dar esami) fu convocato ai Giochi Olimpici del ‘36, dove l’Italia vinse la Medaglia d’Oro. Con la Nazionale Rava vinse la Coppa Rimet, in Francia, nel ’38; con Sergio Bertoni, Alfredo Foni e Ugo Locatelli uno dei 4 calciatori ad aver conquistato entrambi gli allori. Alto 1,75 per 77 kg., Rava fu definito dall’allora CT della squadra azzurra, Vittorio Pozzo, ‘il più potente terzino del mondo‘; ricordato per aver formato con Foni una delle più celebri coppie difensive espresse dalla Juventus e dal nostro calcio (30 presenze in Nazionale) nella loro storia.
I Mondiali del 1938 furono i più difficili per l’Italia. La Francia del Front Populaire accolse con sonori fischi la squadra di Pozzo che rappresentava il regime fascista. Il calcio era allora una questione più politica che sportiva. Il Duce in persona si era raccomandato per una ‘vittoria ad ogni costo per l’Italia e per il fascismo’. Pietro Rava dirà che tutta la squadra era impregnata di ‘un grande spirito fascista’. Racconterà a Marco Pastonesi, Gazzetta dello Sport, il 13 novembre 1999:
“La partita che non dimentico è Italia-Brasile, il 16 giugno 1938. Era un giovedì, e si giocava alle 3 di pomeriggio. Vittorio Pozzo, il commissario tecnico, faceva tutto lui: controllava il mangiare, il bere ed il dormire; prima della partita ci dedicava la solita ramanzina, in cui tirava fuori l’amor patrio, la bandiera e tutta l’Italia che giocava con noi. Stadio municipale di Marsiglia, semifinale della coppa del Mondo, ma sapevamo che la vera finale era quella partita lì. In quel periodo, in Francia, c‘erano tanti comunisti italiani fuorusciti.Era stato dato l’ordine di disturbare, creare disordini, fare cagnara. Invece dopo, quando abbiamo vinto, erano tutti lì che piangevano“.
(https://archiviostorico.gazzetta.it//1999/novembre/13/Scappatella_per_vittoria_ga_0_9911137157.shtml)
La finale parigina contro l’Ungheria del 19 giugno fu un 4-2 indimenticabile, con doppiette di Colaussi e Piola. Rava fu tra i protagonisti della vittoria: cronisti inglesi scrissero che ‘lo sbarramento dei terzini italiani era solido come la rocca d’Inghilterra‘ ed il francese Jean Eskenazi lo inserì nella formazione ideale del torneo. Carlo Felice Chiesa descrive Pietro Rava ‘fisicamente prestante, forte di testa, capace di colpire con entrambi i piedi, abile nell’anticipo‘, un terzino metodista ‘asciutto nel gesto, spiccio nelle entrate, agile nelle incursioni offensive,sempre con la sbrigatività dell’interditore di vocazione‘. Le sue entrate erano spettacolari, il tiro potente; colpiva benissimo la palla ed entrava in mischia con un’energia straordinaria. La sua compostezza stilistica era magnifica; saltava molto bene di testa e non aveva paura di nulla e di nessuno. Si concedeva incursioni offensive. Era sostenitore del ‘Metodo’, ovviamente, contro il ‘Sistema’…
Quando nel 1946 la Juventus manifestò l’intenzione di alternarlo col più giovane Oscar Vicich, Rava, offeso, lasciò la sua squadra per l’Alessandria, neopromossa in A, che con lui ottenne la salvezza. Tornò alla Juventus l’anno successivo. La seconda esperienza di Rava in bianconero si complicò nella stagione 1949-’50, causato pure del cattivo rapporto con il coach inglese Carver: privato della fascia di capitano ed inserito in lista di trasferimento con un anno di anticipo sulla scadenza del contratto. Nella Juventus del post-quinquennio – impoverita dalla scomparsa del presidente Edoardo Agnelli e da varie cessioni – la difesa che Rava andò a formare con Foni aveva rappresentato un significativo punto di forza; nel1937-’38 vinse la Coppa Italia. L’unico scudetto della sua carriera fu vinto solo 12 anni dopo, da riserva. Egli tenne a dichiarare: ‘Qualsiasi cosa accada mi sentirò sempre juventino. Ho i colori bianconeri nel sangue‘. Rava fu, di fatto, anche escluso dalla Nazionale, con una sola presenza (Milano, Italia-Austria 3-2) nel ’46.
Rava militò per quasi tutta la carriera nella Juventus, eccezion fatta per le due tardive parentesi nell’Alessandria e nel Novara. Giocò fino al 1952. Quindi fu CT di alcuneformazioni delle tre Serie, un ‘allenatore coscienzioso e scrupolosissimo‘. E istruttore al Centro di Coverciano:
“Con Piola giocai la mia ultima stagione da giocatore nel ’51. Mi aveva chiesto il Milan, ma Agnelli non volle rinforzare la rivale per lo scudetto e mi dirottò a Novara, regalandomi però un Vacheron-Costantin. Poi ho iniziato ad allenare, a Monza fui chiamato dal commendator Sada, l’inventore della Simmenthal. L’anno più bello fu alla Sampdoria, i giocatori mi volevano bene, ma ebbi problemi con il presidente. Rifiutando di subire imposizioni in merito alle formazioni fui esonerato (…). Ho vissuto la vecchiaia con la pensione maturata grazie adun’autoscuola che avevo gestito a Rivoli”.
Quello che il timido e riservato Rava non raccontò mai pubblicamente (anche se la mia è eminentemente una congettura), è che nel dopoguerra i comunisti a Torino erano molto forti. Tre sindaci consecutivamente furono del PCI, dal 1945 al ’51. Lo erano soprattutto alla Fiat, dove era morto il fondatore senatore Giovanni Agnelli (già espulso dall’aprile 1945 dalla direzione) e conseguentemente a La Stampa e Juventus. Nel marzo ’45la Commissione di epurazione del CLN deferiva L’AD Vittorio Valletta alla Commissione di Giustizia e lo estrometteva dal comando della FIAT per ‘collaborazionismo’. Valletta fu però reintegrato nell’aprile‘46. L‘amico Giuseppe Saragat e la massoneria, oltre alla sua competenza e ai problemi di gestione, furono forse decisivi.
Rava, esponente della ‘vittoria dell’Italia fascista del 38‘, Medaglia d’Oro al Valore atletico, Medaglia al Valore sportivo del Littorio, Ufficiale volontario del R. Esercito in Russia, in quel clima da ‘rivoluzione sovietica prossima’, dominato dalla FIOM-CGIL (Giovanni Roveda transitò da Sindaco di Torino a Segretario Generale della FIOM nel ‘46), era certo visto come la conegrina negli occhi... Sia come sia, in Italia, ‘terra promessa‘ d’imboscati e voltagabbana, chi fa il proprio dovere finisce spessomale. Nel suo piccolo anche Pietro Rava, ‘il più potente terzino del mondo’.
(I Campioni del Mondo del 1938: Aldo Olivieri, Pietro Rava, Alfredo Foni, Michele Andreolo, Juan Ferrari, Ugo Locatelli, Pietro Serantoni, Amadeo Biavati, Gino Colaussi, Giuseppe Meazza, Silvio Piola, Carlo Ceresoli, Guido Masetti, Eraldo Monzeglio, Aldo Donati, Mario Genta, Renato Olmi, Mario Perazzolo, Sergio Bertoni, Bruno Chizzo, Pietro Ferraris, Piero Pasinati. CT: Vittorio Pozzo).