Il commento. Feltri attacca i vertici del Pdl con riflessioni utili a tutta la politica nazionale

feltriVittorio Feltri non è uno che le manda a dire. Le dice e basta, anche quando si tratta di Berlusconi e del PdL. Lo ha fatto nel passato,  da direttore de  “il Giornale”, considerato, con disprezzo, dagli avversari  il “quotidiano di famiglia”, e lo ha confermato nella recente intervista a “il Fatto Quotidiano”, il più antiberlusconiano dei giornali italiani.

Di fronte alla condanna del Cavaliere e allo stato del PdL, sarebbe stato facile, per Feltri, defilarsi o allinearsi alla vulgata corrente nel centrodestra, quella del Berlusconi vittima delle toghe rosse e da salvare solo perché capo politico. Ed invece ecco arrivare l’intervista fuori dalle righe,  al punto che dire “impietosa” appare perfino riduttivo.

La fotografia offerta da Feltri è dirompente e, per questo, avrebbe richiesto non diciamo qualche risposta da parte dei diretti interessati, ma almeno una maggiore attenzione  sugli altri media.  Anche perché  le questioni poste sono, nella loro  bruciante sinteticità, tutt’altro che banali, fissando i limiti del PdL, della sua classe dirigente, della sua stessa esistenza.

Per Feltri la strategia del PdL non c’è (“E se c’è è scritta in cinese”) o è schizofrenica (“Da sempre. Non sono mai riusciti a legiferare in modo non dico intelligente, ma nemmeno conveniente”); Berlusconi è in balia di “gente che gli vuole male” e “che pensa solo a se stessa e a spremerlo fino all’ultimo, a proprio esclusivo vantaggio”; il partito è inesistente (“Se il Pdl fosse un partito vero, organizzato, compatto, gli Alfano e i Lupi farebbero appello agli elettori: ‘Noi resisteremo, vi rappresenteremo’. Invece sono molto divisi e ciascuno pensa al proprio posticino. Si attaccano ancora a Berlusconi senza capire che ormai è fuori gioco”).

Non c’è male per uno che nella vulgata corrente passa per essere “berlusconiano”. Feltri, in realtà, ha confermato, con grande efficacia, quello che altri, da destra, vanno dicendo da tempo. Ne prendiamo atto, senza soddisfazione. Con un’unica speranza, remota, ne siamo ben consapevoli:  che certe riflessioni, anche impietose, trovino spazio nel PdL.  Per il bene non solo di quel partito e di Berlusconi, ma della politica nazionale.

Mario Bozzi Sentieri

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