Storia. Mussolini e l’aviazione: dal socialismo al regime

Lo scorso 10 dicembre, Solennità della Madonna di Loreto, dal 1920 Patrona degli Aviatori, ha avuto termine il Centenario di Fondazione dell’Aeronautica Militare nata il 28 marzo 1923

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Lo scorso 10 dicembre, Solennità della Madonna di Loreto, dal 1920 Patrona degli Aviatori, ha avuto termine il Centenario di Fondazione dell’Aeronautica Militare nata il 28 marzo 1923. Si è trattato di un anno intenso, ricco di manifestazioni aeree, conferenze e dibattiti, mostre e concerti, nel corso del quale, la più giovane delle Forze Armate ha raccontato se stessa facendo sapere al popolo italiano cosa è, cosa è stata, cosa farà in un futuro sempre più cyber con nuovi spazi da percorrere e nuove sfide da affrontare. Una Storia di uomini e donne, di ideali e passioni, di eroismi e sacrifici, di ricerca, evoluzione, innovazione.

Eppure non fu facile dar vita ad un Arma Azzurra autonoma in un’Italia che, seppur uscita vittoriosa dal Primo Conflitto, viveva un periodo di forte instabilità politica, economica e sociale con continui scontri di piazza.

È innegabile che un ruolo decisivo nella nascita lo svolse l’allora Capo del Governo, Benito Mussolini. Si trattava di un Esecutivo di coalizione – nato il 31 ottobre 1922 –formato da popolari, liberali, nazionalisti, demosociali e fascisti la cui rappresentanza alla Camera era di 33 deputati su 533. Alla opposizione vi erano socialisti, comunisti, repubblicani. Fu proprio Mussolini a volere il 28 marzo 1923, con Regio Decreto n. 645, la fondazione della Regia Aeronautica.

Ma come si giunse a tale atto? Quali furono le motivazioni che spinsero Mussolini ad accelerare la fondazione? E quali radici vi furono alla base di quella decisione?

L’interesse per l’Aviazione non esplose improvvisamente in Mussolini quando divenne il più giovane Capo del Governo del Regno d’Italia. In realtà, fin dal 1909, scrivendo su “Il Popolo”, giornale trentino diretto dal suo compagno Cesare Battisti, il socialista Mussolini era stato colpito dalle prime imprese aviatorie dei francesi Arthur Charles Hubert Latham e Louis Blèriot. Era la Belle Époque, periodo di notevole fervore culturale e di scoperte scientifiche dove, tra l’altro, proprio l’aeroplano, facendo sentire il rombo del motore alimentava il fremito dei primi appassionati. Un periodo incendiato dal Manifesto Futurista di Flippo Tommaso Marinetti che metteva in discussione i canoni della società esaltando la guerra, la macchina, il progresso. Ma era anche un’epoca di lotte e rivendicazioni operaie che avevano nelle forze socialiste e rivoluzionarie i portavoce del malcontento proletario.

Proprio Mussolini, insieme a Pietro Nenni, uno dei padri dell’attuale Repubblica, nel 1911, da acceso antimilitarista, avversò con tumulti di piazza la Guerra Italo-Turca voluta dal liberale Giovanni Giolitti, conflitto – in cui l’Italia impiegò il mezzo aereo a fini bellici – risoltosi un anno dopo con la vittoria italiana ed il Tricolore issato su “Tripoli bel suol d’amor” come cantava la diva Gea della Garisenda.

Il momento di maggior successo Mussolini lo conseguì proprio nel 1912. Al congresso socialista di Reggio Emilia tenutosi nel mese di luglio, attaccò duramente gli esponenti riformisti del partito. Pur non divenendo segretario, impresse al partito un indirizzo accesamente rivoluzionario ed antiborghese. A dicembre assunse la direzione del quotidiano del partito, “Avanti”. La verve polemica e la facile penna di cui era dotato oltre ad impennare le vendite del giornale, originarono la nascita, nel 1913, di “Utopia”, rivista quindicinale del “Socialismo Rivoluzionario” diretta dallo stesso Mussolini. Proprio nel 1913 provò per la prima volta il volo intuendo l’importanza del mezzo aereo. Teniamo conto che un tale pensiero sarebbe stato considerato eretico nel Partito Socialista, movimento a forte vocazione pacifista, antimilitarista e rivoluzionaria. Non a caso, Mussolini fu uno dei principali organizzatori degli scioperi che nel giugno del 1914 sfociarono nella famosa “Settimana rossa”, con la componente moderata del partito in disaccordo. Ulteriori avvenimenti portarono il futuro Capo del Governo dapprima a scontrarsi, e successivamente a separarsi dai suoi compagni socialisti. Quando nell’agosto 1914 scoppiò la Prima Guerra Mondiale l’Italia, che con Austria e Germania faceva parte della Triplica Alleanza, proclamò la neutralità. Nella circostanza, se i nazionalisti si schierarono a favore dell’intervento per rivendicare Trento e Trieste all’Italia sperando nella comprensione austriaca, i socialisti alzarono la bandiera della neutralità assoluta. A questo punto nella personalità, nell’animo di Mussolini, cominciò ad agitarsi un qualcosa di incredibile per un socialista. Pur non volendo mettere in discussione la fede politica per la quale fino a quel momento si era speso, pensò ad un qualcosa di nuovo, di originale che avrebbe dovuto coesistere con l’idea rivoluzionaria e socialista. Incominciò a riflettere su un intervento dell’Italia però contro l’Austria; pensò ad una coesistenza fra Patria e Socialismo. Quest’ultimo suo sogno non si realizzò e, sul finire del 1914, giunse la rottura definitiva. Dimessosi da direttore dell’”Avanti”, Mussolini fondò “Il Popolo d’Italia”, “quotidiano socialista” il cui primo numero uscì il 15 novembre del 1914. Fu immediatamente espulso dal Partito “per indegnità politica e morale”. “Traditore” gli urlavano i suoi ex compagni di lotta; “Voi mi odiate perché mi amate ancora”, replicava l’espulso.

Il pensiero di Mussolini si realizzò nel maggio del 1915: denunciando l’alleanza che la legava ad Austria e Germania, l’Italia guidata dal pugliese Antonio Salandra, attraversata dal fervore di un variegato, giovane ed esuberante, seppur minoritario movimento interventista dominato da D’Annunzio, di cui faceva parte lo stesso Mussolini, entrò in guerra al fianco della Triplice Intesa, formata da Gran Bretagna, Francia e Russia.

Con la scelta interventista, Filippo Corridoni, Cesare Battisti, Mussolini e pochi altri socialisti, nel nome di quella continuità ideale, morale e storica che li legava a Pisacane e Garibaldi, cercarono di riaffermare i valori di un Socialismo Patriottico legato alla tradizione risorgimentale. Mussolini abbandonava la causa antimilitarista per osannare il combattentismo.

Il bersagliere Mussolini partecipando volontariamente al conflitto, fu attratto dal mezzo aereo impiegato dalle parti in lotta. Nell’agosto 1915, decollò da Cascina Costa volando per dieci minuti su di un Farman 13 pilotato dal sergente Pettazzi. Infervorato da quella situazione, Mussolini faceva cenno al Pettazzi di “Salire, salire!” più in alto.

Nel febbraio del 1917 lasciò la trincea perché ferito. Si buttò nella barricata del giornalismo dove, il suo “Popolo d’Italia” divenne uno strumento propagandistico al servizio dell’Italia in armi. In quel contesto, vedendola come Arma del futuro, accentuò l’interesse per l’Aviazione duramente impegnata negli infuocati cieli di guerra. Il 19 giugno 1918 l’Asso degli Assi dell’Aviazione italiana con 34 vittorie aeree, Francesco Baracca, moriva sul Montello colpito dalla fanteria austriaca durante un mitragliamento a bassa quota.

Il 1° luglio 1918 Mussolini decollava dal campo di aviazione di Barzoli su uno SVA, con il sergente Mario Stoppani. Il pilota mise alla prova il coraggio di Mussolini:

abbandonati i comandi alzò le braccia per vari minuti alla velocità di 215 chilometri sul mar Tirreno. Non potendo dialogare, Stoppani allungò all’ospite un portasigarette di legno dove era scritto a matita:

“Siamo a 1700 metri. Volete prendere ancora quota?”.

“Sì, ancora, ancora!”, gesticolò Mussolini, “Ancora, ancora! Più in alto!”.

Il 9 agosto, “Il rombo della giovane ala italiana” faceva sentire il proprio urlo di guerra psicologica al nemico. Con il volo su Vienna della 87^ Squadriglia La Serenissima D’Annunzio, inondando la capitale austriaca di volantini tricolori in italiano ed in tedesco, annunciava al popolo viennese l’imminente fine dell’Impero austro-ungarico e di quello tedesco.

Il 4 novembre 1918 la Vittoria arrideva all’Italia, ma tragico fu il primo dopoguerra ottenebrato da una profonda crisi economica e sociale. Gravata dalla impotenza dei Governi liberali, che dal 1861 si alternavano alla guida Nazione, l’Italia era attraversata da forti moti di piazza che vedevano duramente fronteggiarsi le forze nazionaliste e quelle di sinistra; reduci e militari venivano offesi e dileggiati.

Il 20 marzo 1919 Mussolini si recò a Dalmine per parlare agli operai in sciopero. Generale fu la sorpresa quando i lavoratori in lotta, anziché innalzare sulla ciminiera la bandiera rossa della rivoluzione, issarono il Tricolore per il quale Mussolini disse:

“[…] sul pennone dello stabilimento voi avete issato la vostra bandiera che è tricolore ed attorno ad essa ed al suo garrito avete combattuto la vostra battaglia. Bene avete fatto. La bandiera nazionale non è uno straccio anche se per avventura fosse stata trascinata nel fango dalla borghesia o dai suoi rappresentanti politici: essa è il simbolo del sacrificio di migliaia e migliaia di uomini. Per essa, dal 1821 al 1918, schiere infinite di uomini hanno sofferto privazioni, prigionia e patiboli. Attorno ad essa, quando era il segnale di raccolta, è stato versato nel corso di questi quattro anni di guerra il fiore del sangue dei nostri figli, dei nostri e vostri fratelli”.

(https://www.avantionline.it/la-grande-guerra-perche-la-guerra-civile/). 

[…] È il lavoro che nelle trincee ha consacrato il suo destino, a non essere più fatica, miseria e disperazione, perché deve diventare gioia, orgoglio, creazione, conquista di uomini liberi nella Patria libera e grande entro e oltre i confini”. (https://www.storiologia.it/apricrono/storia/a1919h.htm/).

Tre giorni dopo, il 23 marzo, Mussolini fondava i Fasci di Combattimento, movimento che di lì a poco si sarebbe ingrandito anche con l’adesione di un elevatissimo numero di combattenti e pluridecorati al Valore.

Mussolini non trascurava l’Aviazione addentrandosi in analisi, snocciolando dati, formulando proposte. Non a caso, il 20 agosto 1919, il “Popolo d’Italia” – sottotitolato “Quotidiano dei combattenti e dei produttori” – si arricchiva di una “Pagina Aeronautica”:

“Quando il cielo sarà solcato da navi aeree – scriveva Mussolini – che abbrevieranno sempre più i distacchi dall’uno all’altro popolo, potremo dire di avere fuso tutte le anime in un’anima sola”.

Il 2 settembre 1919 sempre sul “Popolo d’Italia”, in un articolo dal titolo alquanto profetico, “L’Aviazione Italiana avrà un avvenire”, denunciava gli scarsissimi fondi destinati appunto all’Aviazione:

“Queste cifre suscitano in noi appartenenti alla Nazione che dovrebbe avere l’assoluto primato aviatorio nel mondo, un senso penosissimo di umiliazione. È tempo che il Governo concreti. È stupido e criminoso essere gli ultimi, quando si può essere i primi!”.  

Dal luglio 1920, preso in consegna da Cesare Redaelli, cominciò a prendere lezioni di pilotaggio a doppio comando su velivolo Aviatik.

Entusiasmo suscitava, intanto, in Italia e nel mondo il raid aereo Roma-Tokyo compiuto dagli aviatori Arturo Ferrarin e Guido Masiero fra il 14 febbraio ed il 31 maggio 1920.

L’Adunata Nazionale Aeronautica convocata a Milano il 27-28 marzo 1921, presieduta dal Ministro della Guerra Ivanoe Bonomi – personalità estranea al movimento fascista – alla quale parteciparono fra gli altri, D’Annunzio, il generale Moris e lo stesso Mussolini, discutendo di ben tredici tematiche, fornì un contributo essenziale alla causa aeronautica ritenuta ormai di vitale importanza.

La nascita nell’ottobre 1922 del Governo Mussolini e l’assunzione da parte dello stesso Capo dell’Esecutivo, il 24 gennaio 1923, della carica di Commissario per l’Aeronautica – conservata fino al 29 agosto 1925 – accelerarono la fondazione della Regia Aeronautica avvenuta il 28 marzo 1923 con Regio Decreto n. 645. Ciò fu possibile grazie anche alla tenacia di quei piloti reduci dal Primo Conflitto che, in continuità morale, ideale e storica con i Caduti dell’Aria, da tempo auspicavano la creazione di un’Arma Aerea autonoma che avrebbe dovuto surrogare definitivamente quell’Aviazione “sussidiaria” che aveva fatto il suo tempo. Da quel momento Mussolini cominciò a volare con regolarità, seguito dai due figli, Vittorio e Bruno che indossarono la divisa della giovanissima Regia Aeronautica.

Il 12 gennaio 1937, periodo in cui l’Italia deteneva il primato aeronautico nel mondo, Mussolini si presentava all’aeroporto romano del Littorio per sostenere l’esame di Pilota Militare d’Aeroplano. Valutato da una Commissione presieduta dal generale Giuseppe Valle, Sottosegretario e Capo di Stato Maggiore della Regia Aeronautica, e composta dai membri, generale Eraldo Ilari, capo di gabinetto della citata Autorità, tenente colonnello Aleardo Martire, comandante dell’aeroporto, dalle ore 13,55 alle ore 16,30 Mussolini effettuava la prevista prova di volo suddivisa in tre fasi pilotando un Savoia-Marchetti 81 trimotore Alfa Romeo 126.

Il Sottosegretario Valle appuntava sul petto del Capo del Governo l’Aquila di Pilota Militare di Aeroplano.

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Michele Salomone

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