Il punto (di G.deTurris). La svalutazione delle parole: da sostenibile a “antifa”

Dovrebbe essere abbastanza noto il fatto che le parole usate troppo a lungo, e soprattutto troppo a sproposito, si usurano e tendono a perdere la loro pregnanza, il loro senso profondo, non colpiscono più nel segno

Politicamente corretto e censura

Nuove censure in arrivo

Dovrebbe essere abbastanza noto il fatto che le parole usate troppo a lungo, e soprattutto troppo a sproposito, si usurano e tendono a perdere la loro pregnanza, il loro senso profondo, non colpiscono più nel segno. Tanto per farci capire se ne possono segnalare due che oggi sono strausate e che, nonostante quel che chi le usa crede, non  raggiungono ormai i loro obiettivi, sono sentite o lette ma non più trattenute da chi le sente o legge, passano via, le si sorvola, sono inefficaci, checché si pensi il contrario. Una è una parola comune, l’altra è una parola  politica.

La formula “ecosostenibile”

Il primo termine  è sostenibile/ecosostenibile. Non c’è fatto, oggetto, attività, iniziativa che non debbano essere definiti tali, quasi un obbligo perché siano accettati o venduti. L’ambientalismo, l’ecologismo, la tutela della natura in senso generale sono diventati così pervasivi ed ossessionanti ma soprattutto indice di positività da indurre chiunque, specie i produttori e gli industriali, a utilizzare questi aggettivi per promuovere i loro prodotti o attività anche se con quel termine hanno poco a che fare, quasi nulla. Tutto ormai è o deve essere sostenibile, al punto che vien voglia, come reazione di fronte ad un simile martellamento, di fare cose che non lo sono affatto, di comportarsi al contrario! 

Nessuno mette in dubbio, oggi come oggi, che è necessario proteggere il mondo in cui viviamo (gli eventi climatici estremi in tutto il mondo durante l’estate 2021 sono la prova che qualcosa proprio non va), ma certi atteggiamenti spesso sono di per sé quasi una farsa. Proprio a inizio giugno si è letto che a Roma e a Milano dove sono state costruiti chilometri e chilometri  di “piste ciclabili” esse non hanno  affatto ridotto lo smog o migliorato l’aria che respiriamo… Insomma, fumo demagogico negli occhi. Però si ritiene che l’aggettivo –  “mobilità sostenibile” – sia sempre efficace e il pubblico cui viene diretto lo apprezzi e approvi, continuando in tal modo una politica d’investimenti pubblici in questa direzione assolutamente inutili, addirittura controproducente (ad esempio il restringimento di Via Prenestina a Roma a causa delle piste ciclabili è stato un vero disastro), ma consona alla ideologia tipica di chi governa certe città, in genere la sinistra e i Cinquestelle. Se la realtà si scontra con l’ideologia, io sono contro la realtà come disse quel tale.

Non è così: se tuto è “sostenibile” o ”ecosostenibile” dal cibo per gli animali agli abiti,  allora inutile dirlo, sembrerebbe ovvio. Eppure la parola è utilizzata a iosa, senza freni, sempre e comunque perché si ritiene positiva e dia fiducia alla gente. Ma proprio perché tanto usata  è usurata, quindi non colpisce più, non ha più sostanzialmente efficacia. La si sorvola, chissenefrega.

Fascismo/antifascismo

La seconda è fascismo/antifascismo contro la cui inutilità (seguendo le orme di Renzo De Felice che inutilmente qualche decennio fa chiese una moratoria sul loro uso)  si è espresso chiaramente un intellettuale controcorrente come Giampiero Mughini nel corso dell’ascoltatissimo programma serale di Barbara Palombelli all’inizio del giugno scorso. Eppure nella ricorrenza del 25 aprile e del 2 giugno se ne è fatto un abuso da parte delle autorità  con al vertice il presidente Mattarella. 

Sembra quasi  di essere tornati indietro nel tempo, nell’immediato dopoguerra quando si temeva veramente di un “revanscismo fascista” con la creazione del MSI nel 1946. Dopo 75 anni e tre generazioni si insiste perché, a quanto pare, il cosiddetto “antifascismo” continua ad essere l’unico vero collante tra forze politiche eterogenee senza nulla in comune se non quella, per il momento, di far parte del governo Draghi. L’ho scritto spesso. E si cerca di compattarsi di fronte ad un nemico inesistente, e ogni cosa, persona, azione, opinione da condannare lo è perché, appunto, “fascista”. Si riscopre il Male Assoluto (copyright Gianfranco Fini). E importanti commentatori liberali come Ernest Galli della Loggia, ora che Fratelli d’Italia aumenta nei di percentuale come intenzioni di voto sino a diventare il secondo partito e in prospettiva potrebbe andare addirittura  al governo, si precipitano a chiedere che condanni esplicitamente l’esperienza  fascista.

Se fossi nei dirigenti di FdI risponderei che del fascismo si respinge quanto fece di negativo e si accetta quanto fece  di positivo. Una “intollerabile provocazione”, come usualmente dicono i compagni? No, perché cose positive ne realizzò, come riconoscono tutti gli storici oggettivi e in buona fede. Ma nel clima che si sta vivendo attualmente in Italia (una specie di regressione senile) anche questo sarebbe considerato “apologia di fascismo”. Si vedano le esagitate reazione al “caso Durigon”, certamente improvvido e fuori contesto per aver detto quel che ha detto sul parco comunale di Latina (levare i noni di Falcone e Borsellino e etere quello di Arnaldo Mussolini), ma provate a ricordare che Latina si chiamava Littoria e venne fondata dal fascismo 90 anni fa… Anche questa “apologia di fascismo”? Oppure ricordare la bonifica della paludi pontine o la fondazione del centinaio di “città nuove” (tante ne contò Antonio Pennacchi da poco scomparso), o la creazione dell’INA e dell’INPS, o la “settimana corta”… Per carità sempre “apologia di fascismo”. Vale a dire, anche le cose e i fatti concreti e incontestabili e soprattutto non ideologici, pur positivi, non si devono o vogliono ammettere. E questo è un aspetto della cancel culture made in Italy.

Di fronte ai diktat arroganti di Enrico Letta, questo democristiano di sinistra espatriato in Francia e ripescato dal PD perché non sapeva chi mettere ai propri vertici e che si è presentato subito come più estremista dei piddini (voto ai sedicenni,  ius soli ecc. ecc.), che si può dire e fare? Hanno sempre ragione a priori, le loro affermazioni sono indiscutibili in nome dell’ “antifascismo” eletto a ragion di Stato e base della Costituzione repubblicana (che peraltro non lo nomina ma proibisce solo la “ricostituzione del partito fascista” nelle “disposizioni transitorie”). 

Non solo: l’antifascismo è man mano  diventato una sorta di religione dei vincitori, un atto di fede in cui si crede e come tale condanna  gli infedeli che non vi credono e la cui morte non è condannabile ma auspicabile. Tipico esempio è un certo Tommaso Montanari, critico d’arte e rettore della Università   per Stranieri di Siena e ben insediato nelle strutture del potere pubblico, che in articoli e interviste ha espresso opinioni simili e ha lanciato una crociata contro la Giornata del Ricordo delle foibe, negandone la tragedia e il massacro dei giuliano-dalmati (in fondo furono ammazzati anche dei fascisti, e allora?). Di fronte a queste affermazioni deliranti c’è forse stata una levata di scudi fra i politici? Enrico Letta ha avuto qualcosa da ridire come per Durigon? Nulla ovviamente e solo la Meloni si è indignata.  In fondo torna il vecchio slogan sessantottino “ammazzare i fascisti non è reato”… Sulla grande stampa ci sono stati commenti allarmati? Macché, e a quanto mi risulta solo Aldo Grasso, nella sua rubrica del Corriere della Sera (29 agosto 2021) lo ha preso di petto rilevandone le contraddizioni e le “mascalzonate”. E si spiega ancora una vola col fatto che è un antifascista-doc che parla e in nome dell’antifascismo  “religione civile” come si vede si può dire tutto senza indignare nessuno. Durigon si deve dimettere, Montanari no, non se ne parla nemmeno, gli si consente tutto, è un atto di fede il suo. 

Tutto ciò conferma che se non fosse evocato ad ogni piè sospinto il Male Assoluto non funzionerebbe il collante necessario a fare fronte comune verso i nemici, veri o presunti, della politica italiana attuale. A livello di politica-politicante il Ventennio ritorna ad essere quella “parentesi” crociana nella nostra storia di nazione, non si fanno i conti con esso, non lo si storicizza: che lo si cancelli dal punto di vista ideologico può essere anche comprensibile (è il diritto dei vincitori), che si neghino però addirittura i fatti è una demenziale assurdità che denuncia i limiti dei politici di oggi i quali ingenuamente pensato che cancellando i fatti si cancelli insieme ad essi la memoria e il ricordo, insomma la storia specie fra le nuove generazioni.

Ma se dico che Latina si chiamava in origine Littoria  sono un “fascista” che fa “apologia  di fascismo”? Se in edicola mi compro i fascicoli per costruire “lo storico trimotore della Regia Aeronautica”, “il più famoso aereo italiano della seconda guerra mondiale”, lo S.79, con tanto di fasci, fascetti e croce Savoia sulla fusoliera, faccio “apologia di fascismo”? Fossi Enrico Letta farei una interrogazione parlamentare molto, molto preoccupata…

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Gianfranco de Turris

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