Calcio. Perrone: “L’addio di CR7 alla Juve? Una separazione consensuale”

Il giornalista e scrittore: "In Italia vige il piccolo cabotaggio, le società sono in crisi in tutta Europa"

Il benvenuto del McUnited a Cr7

La notizia (sportiva) del fine settimana è l’addio di Cristiano Ronaldo alla Juventus. Una piccola telenovela che si è conclusa quasi d’improvviso in un pomeriggio di fine estate. Il copione, più o meno lo stesso, si è srotolato nelle settimane affollate degli Europei vinti, quasi per miracolo, dall’Italia di Roberto Mancini e delle Olimpiadi che ci hanno riservato la delizia di poter gioire – tra gli altri successi – del trionfo nei cento metri del “dio del vento” Marcell Jacobs e del record spaziale nel nuoto della divina Federica Pellegrini.

Ora che il sipario è calato sui grandi eventi estivi dello sport, riprende il campionato. E se già avevamo salutato Donnarumma al Psg e Lukaku di ritorno al Chelsea, ora va via anche CR7. Ne abbiamo parlato con Roberto Perrone, maestro del giornalismo (non solo sportivo) italiano e scrittore di meritato successo.

 

Roberto Perrone

Parafrasando quella vecchia canzone: Cristiano se ne è andato e non ritorna più…

“…anche perché va per una certa età e credo che questo contratto sia l’ultimo della sua carriera.  Sì, credo proprio che non torna a Torino di sicuro”.

Cristiano Ronaldo sale in cielo nella gara Samp-Juventus

L’addio di CR7 alla Juve ha causato mille reazioni. A cominciare dalle critiche al post di saluto sui social “Grazzie”. Al di là del refuso che è inconveniente in cui può inciampare chiunque, come è stata gestita la situazione? Si poteva fare di più e meglio

“Personalmente, ho detto e scritto spesso “grazie” con molte zeta, alcune volte anche tre. Per comunicare, aumentandolo, il senso di gratitudine. Forse non è stato un errore grammaticale, magari è voluto…A parte gli scherzi, la vicenda è stata gestita come tante di mercato. C’era tra le parti c’era una situazione difficile. I rapporti si erano deteriorati. Sicuramente la Juventus, al di là delle questioni tecniche, voleva liberarsi di un contratto onerosissimo. E lui negli ultimi due anni non era stato molto contento. Hanno giocato un ruolo decisivo, sicuramente, tante questioni che, alla lunga, hanno stressato il rapporto.

L’Europeo è finito a luglio siamo ad agosto, in piena vacanza. Intanto è arrivato il nuovo allenatore e tutte le questioni si sono un po’ accavallate. Poi, sì, certo che poteva essere gestita meglio. Ci potevamo risparmiare la pantomima del “ha detto che resta”.

Io sono purtroppo un anziano e ricordo bene che nel 2001 l’ex ad juventino Antonio Giraudo convocò una conferenza stampa a Milano in cui, alla fine, si può dire che partecipammo in quattro. A domanda precisa sul futuro di Zinedine Zidane, l’amministratore delegato promise che non se ne sarebbe mai andato dalla Juventus. Due settimane dopo, era al Real Madrid.

La premiazione per l’ultimo scudetto della Juve

Del resto, in questo “scherzetti” incappò anche Gianni Agnelli. L’Avvocato chiese a Luciano Moggi, nel ’97, se Christian Vieri – allora promessa nascente del pallone in bianconero – sarebbe rimasto alla Juve. Il direttore gli rispose di sì, sicuramente. Passarono due settimane e Vieri era a Madrid, sponda Atletico.

In fondo, quello che è accaduto con CR7 rappresenta una vicenda di mercato come tante altre in cui si esprime l’arte del possibile. Forse il dubbio era solo sulla “destinazione” del portoghese; se davvero fosse destinato al Psg e se lo abbia allontanato di lì l’eterna rivalità con Leo Messi. Non so. Quello che sappiamo, invece, è che entrambe le parti hanno raggiunto il loro obiettivo e non si può certo dire che siano rimaste scontente”.

Le alternative a CR7? Sarà la grande occasione per chi è già in rosa?

“Forse è un po’ tardi per cercarle, chissà. Intanto Dybala riprenderà a tirare le punizioni…”.

 

Da ieri si leggono titoli che sanno di amore tradito, CR7 alla Juve sarebbe stato un fallimento…

“Non credo. La squadra ha vinto due scudetti, Coppa Italia e varie Supercoppe. È chiaro che Cristiano Ronaldo rappresentava un investimento iniziale economico e di immagine. Per “rafforzare” l’immagine della Juve all’estero e quindi per dare risalto alla società e, dal punto di vista sportivo, per conquistare o almeno avvicinarsi alla Champions. Va detto che, secondo me, la Juventus ha perso la Champions un po’ per sfortuna nel primo anno di Ronaldo. Ci si dimentica spesso che il calcio è fatto di episodi: si fanno grandi discorsi ma poi basta quella palla persa da Cancelo ad Amsterdam e tutto è cambia, si trasforma, si rimette in discussione. Senza quell’errore, forse la Juve avrebbe addirittura fatto un altro gol. Al ritorno, poi la squadra ha subito un gol causato da un rimpallo che, se Bernardeschi non fosse stato attaccante ma avesse avuto i riflessi del difensore, sarebbe stato in nettissimo fuorigioco. E quindi il gol su calcio d’angolo, uguale a quello subito – appena cinque giorni prima – contro la Spal.  Dunque credo che si possa parlare più di un intreccio negativo del destino, almeno per la prima stagione. Gli altri due anni, le eliminazioni col Lione e col Porto, quelle sì che sono state difficili da mandar giù. Eppure se a Oporto Szczesny non avesse lasciato passare quel gol così…”.

 

Roberto Perrone, maestro di giornalismo e tra i più importanti scrittori italiani

La Juventus ha sbagliato a trattare CR7 da divo sapendo che la tradizione bianconera è diversa e dal momento che la storia juventina è una stata scritta da grandissimi campioni?

“Purtroppo quando prendi Ronaldo prendi tutto il pacchetto. CR7 è un’azienda, non solo un giocatore. È un professionista serissimo, arriva prima degli altri all’allenamento e va via per ultimo. Scrupoloso e diligente. Nulla da dire. Ma non è un calciatore come gli altri, lui è un’azienda prima che uno sportivo”.

 

Ci saranno, come paventano in molti, contraccolpi sulla Serie A e il suo appeal? Sarà più scarsa o meno vista nel mondo?

“Sicuramente noi nel 2018 abbiamo parlato di effetto Ronaldo che ha innescato un ritorno interessante sul movimento calcistico italiano. Nel 2019 è arrivato Lukaku:  sembrava che la serie A ritornasse ad avere un certo peso e un suo fascino sui calciatori più forti. Poi c’è stato il lockdown e hanno gravato tantissimo sui conti delle società che, per dirla con un eufemismo, già erano ballerini. Come ho scritto su Il Foglio, il progetto Superlega è stato osteggiato. Ma ora c’è una Superleghetta in cui ci sono quattro società che fanno quel che vogliono. Tra emiri e oligarchi russi, su tutti Roman Abramovich che solo qualche tempo fa ha presentato lo yacht più grande del mondo, parliamo di club con un potenziale illimitato. Persino le spagnole arrancano. Barcellona e il Real Madrid – che cerca il botto Mbappé – hanno solo ceduto, quest’anno è andato via un sacco di gente. il calcio europeo è in grave crisi. Abbiamo fatto un campionato e mezzo senza stadio, un certo peso sui bilanci. Il momento è difficile. In Italia ancora di più. Il Napoli, che lo scorso anno ha speso tanto per l’attaccante Osimhen,  quest’anno non ha comprato nessuno. Gli unici a spendere sul mercato sono stati Milan e Roma. Quest’ultima “doverosamente” avendo scelto di affidare la guida tecnica a José Mourinho”.

 

Insomma, si potrebbe dire insieme quell’antico impresario teatrale “Bambole, non c’è una lira…”

“La mancanza di appeal è dettato anche dalla mancanza di finanziamento. In Italia già siamo ancorati al piccolo cabotaggio da anni. Altrimenti come farebbero dirigenti di club di media fascia a dettare legge nel calcio? E in questa situazione già difficile di per sé è arrivata la pandemia a dare la mazzata…”.

 

Il post d’addio (sgrammaticato) di Cr7 alla Juventus

Che affare ha fatto il Manchester United?

“È presto per dirlo. Però va detto che nessuno vince da solo e che occorre vedere la squadra che gli ruoterà attorno. È vero, alla Juve ha segnato 101 gol in 134 partite ma c’era una squadra che insieme a lui ha vinto e perso. Conosco un solo calciatore che sia stato in grado di vincere, da solo, un torneo: Diego Armando Maradona alla guida dell’Argentina nei mondiali del 1986. A Manchester, Cristiano Ronaldo potrà fare tanto se ci sarà una squadra all’altezza”.

 

Ronaldo va, il campionato resta. Chi può vincere lo scudetto?

“Pensavo che l’Inter avesse più difficoltà, dopo gli addii di Conte, Lukaku e Hakimi. Invece la vedo abbastanza lanciata. Poi c’è la Juve che resta forte ma in cui ci sono alcune debolezze, restano cose che girano male. I due gol subiti a Udine urlano vendetta. Forse, se la Juve fosse riuscita a liberarsi prima di Ronaldo, avrebbe potuto prendere Donnarumma e avrebbero risolto il problema tra i pali.

Inoltre c’è il ritorno di Allegri che sfida la legge non scritta che impone di non tornare mai dove si è riusciti a fare grandi cose. Massimiliano Allegri, però, è comunque è l’uomo giusto per la ricostruzione: pragmatico, ironico e piace ai giornalisti. Ma vedo l’Inter favorita. L’Atalanta? Ha vinto una partita in modo cinico, ciò dimostra che ha raggiunto un livello da “grande” squadra. A me piacerebbe molto vederla lassù, ma temo che la concorrenza delle altre sia molto forte”.

 

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Giovanni Vasso

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