Der Arbeiter 4.0. Se l’Agricoltura 4.0 ha tre T: Terra-Tecnologia-Tradizione

Il sistema produttivo cambia e con esso l'idea di produzione della terra

Agricoltura 4.0

“Servono menti, non braccia” – scrive Sandro Righini nel suo documentato ed appassionato intervento sulla “politica agricola”, inserito nel volume “L’Italia del futuro” (Eclettica, 2020). L’Agricoltura 4.0 – sottolineiamo noi –  è un ulteriore, cruciale passaggio nel nostro sistema produttivo. “In agricoltura – ha scritto Righini – il concetto di produzione è oggi vilipeso e sminuito. In particolar modo in Italia, dove siamo andati via via ubriacandoci delle nostre eccellenze, senza renderci conto che puntare troppo su di esse, indi sulle esportazioni, a discapito non solo della domanda interna, soddisfatta da merci importate a minor prezzo, ma anche della propria sicurezza alimentare, è un atteggiamento miope”. L’Arbeiter 4.0 anche in questo ambito ha un ruolo importante da svolgere, così come lo ha sempre avuto il “contadinato”, una delle tre funzioni essenziali della società, secondo la visione tradizionale. Declinare l’attaccamento alla Terra, il valore della Tradizione, con le nuove tecnologie significa accettare la sfida del cambiamento, dotando il mondo dell’agricoltura degli strumenti necessari per migliorare la resa e la qualità delle coltivazioni e la sostenibilità ambientale e sociale. Sul tema dei sementi, delle nuove varietà e del controllo del settore sementiero, l’Italia ha svenduto, a partire dagli Anni ’90, gran parte del suo patrimonio. Come denuncia Righini la politica italiana ha fatto in modo che questo avvenisse senza alcun intralcio, relegando in sordina la ricerca biotecnologica in campo agrario (sotto la spinta di un ambientalismo integralista ed irrazionale)  e facendo scontare al Paese   “un ritardo trentennale sui progressi applicati dalla biologia molecolare”.

Malgrado questi ritardi, nel settore agricolo – come riferisce  l’Osservatorio Smart Agrifood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio del  Rise (Research & Innovation for Smart Enterprises) dell’Università degli Studi di Brescia – il giro d’affari dell’Agricoltura 4.0 in Italia ha toccato, nel 2019, quota 450 milioni di Euro, con un incremento del 22% sull’anno precedente. Secondo l’Osservatorio ci sono in Italia 160 aziende in grado di offrire 415 diverse soluzioni per la “nuova” Agricoltura. Di che cosa si tratta in concreto ? Di strumenti atti al monitoraggio e alla tracciabilità delle coltivazioni, in grado di massimizzare efficienza e qualità, riducendo gli sprechi, con il monitoraggio da remoto delle coltivazioni, attraverso droni e sensori.

Il digitale consente inoltre  di avere piena visibilità delle giacenze per riadattare le forniture ed evitare gli sprechi, raccogliere dati lungo tutte le fasi della filiera e condividere informazioni per rispondere alla richiesta da parte di consumatori e distributori di maggiori garanzie sul prodotto. Infine, se da un lato assume sempre più rilievo l’eCommerce food, dall’altro si assiste a una riscoperta dei negozi di prossimità che si stanno sempre più attrezzando digitalmente per rispondere alle esigenze dei clienti in questo momento particolare.

Siamo, anche nel campo agroalimentare, in una fase di passaggio. E la battaglia vera non è contro l’uso intelligente della tecnologia, quanto quella contro le  manipolazioni perpetrate nel settore da spericolate multinazionali, in grado di produrre “latte” con i piselli super trasformati e di immettere sul mercato vino “de alcolizzato” con aggiunta di acqua.

Come denunciato dagli operatori nazionali del settore il pericolo è   che posizioni ideologiche contro i prodotti di eccellenza della nostra agricoltura o, ancora, sistemi di etichettatura come il Nutriscore (l’etichetta alimentare “a semaforo” approvata dalla U.E.)  finiscano  per favorire la transizione da un sistema alimentare basato sulla terra, sui territori, sui contadini e su esperienze centenarie di trasformazione verso un sistema delle industrie dei cibi chimici e sintetici, favoriti da pretese finto salutistiche. 

Di fronte a questi pericoli incombenti, al di là della facile ed un po’ romantica agiografia del mondo rurale, riappropriarsi consapevolmente delle professionalità, delle esperienze, delle tradizioni provenienti dal mondo dell’agricoltura significa coniugare la funzione dinamico-biologica del contadinato con le nuove sfide della modernità, immaginando forme diffuse di valorizzazione dei territori, strumenti di  formazione del mondo agricolo, interventi di programmazione dello sviluppo agricolo. E – anche in questo ambito – operando  in modo sinergico, per integrare innovazione e Tradizione, qualità e produzione, territori e competenze.    

Ha scritto Ernst Jünger ( in Der Arbeiter):

“Il contadino che, abbandonati i cavalli, comincia a lavorare con cavalli-vapore, non appartiene più al ceto degli agricoltori e della gente dei campi”.

In sintesi,   egli smette di essere contadino e si trasforma, diventa altro. A questo “altro”, fusione tra Terra e nuove Tecnologie,  occorre finalmente guardare ed operare di conseguenza.

Mario Bozzi Sentieri

Mario Bozzi Sentieri su Barbadillo.it

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