Il punto. Il ceto dirigente figlio del web e della finanza ignora il ruolo di campagne e industria

L’industria dell’acciaio

La lentezza con cui la politica sta mettendo in sicurezza le produzioni in vista di una possibile riapertura post Coronavirus fa riflettere e rivela – ancora una volta – i limiti delle attuali classi dirigenti italiane: una parte di questo ceto (al momento immobile) è figlio dell’idolatria dell’economia finanziaria, l’altra è una proiezione dell’ologramma utopico dell’ideologia del “tutto nel web, nulla fuori dal web”. Eppure presto scopriranno, le classi dirigenti, che le forchette o le viti dei computer o le scocche dei server vengono dalle pellicole prodotte nelle acciaierie e che la filiera agroalimentare si regge sulla manualità che cadenza i raccolti e la vita in campagna. Grano, frutta ortaggi non si raccolgono con le videochiamate su Zoom. Per questo, nonostante le sciocchezze di quella scrittrice dal nome assonante con le colline pugliesi, è consolatorio in queste giornate riascoltare “Povera patria” di Franco Battiato.

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Michele De Feudis

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