Rai. Perché difendiamo dalle critiche ipocrite lo scrittore (“di destra”) Angelo Mellone

mellonePubblichiamo l’intervento di Andrea Di Consoli in risposta all’attacco gratuito che – da un sito internet – è arrivato al nostro editorialista Angelo Mellone. Angelo andrà a dirigere un importante programma Rai come “La vita in diretta”:  è stato oggetto di un articolo nel quale viene utilizzata la sua appartenenza culturale come prova di una presunta “impresentabilità” per sostituire il collega che lascia la trasmissione. Argomentazioni ipocrite e strumentali, che non servono al rilancio Rai auspicato da tutto il Paese. Siamo certi invece che Mellone saprà essere valore aggiunto della Tv pubblica in veste di innovatore. Da parte nostra non possiamo che manifestargli tutta la nostra solidarietà. (Barbadillo.it)

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Sono un intellettuale prestato alla tv, nella quale lavoro, con orgoglio di appartenenza, da molti anni. Ho sempre fatto in modo di lavorare con dirigenti che fossero anche scrittori e intellettuali, perché penso che la Rai abbia bisogno come il pane di queste “figure”. E questi scrittori, negli anni, sono stati i seguenti: Franco Scaglia, Maria Pia Ammirati, Angelo Mellone. A loro mi lega stima, amicizia, una costante volontà di confrontarsi sui temi della realtà, della cultura, del lavoro. Essendomi laureato con Walter Pedullà, credo fermamente che l’azienda Rai non debba recidere il proprio legame con il mondo culturale; e al tal proposito basti pensare che, in anni passati, in Rai ebbero ruoli cruciali intellettuali del calibro di Romanò, Bassani, Cattaneo, La Capria, Piccioni, ecc.

Spero che questa tradizione continui.  

Per vivere, essendo un padre di famiglia, faccio tante cose: scrivo libri, collaboro ai giornali, realizzo documentari, lavoro in tv. E, nonostante il bisogno (non essendo benestante di famiglia), preferisco lavorare con gli intellettuali, con persone a me affini, perché mi sento più a mio agio, e poi perché mi permettono di non “tradire” troppo (mentalmente) il mondo dal quale provengo.

Bene, in tutti questi anni mi sono accorto di una cosa, ovvero che qualsiasi forma di legame intellettuale viene sempre guardato con sospetto o con disgustosi retropensieri. L’Italia ormai è il Paese dove due amici sono sempre due intriganti e dove se recensisci il libro di un amico sei automaticamente un “marchettaro” (ma che ci posso fare se gli autori che mi piacciono diventano poi anche amici? E poi perché qualcuno dovrebbe impormi di non avere amici? Questa paranoia mi disgusta). E mi sono stufato, di questo clima giacobino e inutilmente cattivo, rancoroso, pieno di veleni. Di questa Italia che sa solo mettere in giro voci squallide su chiunque si dia da fare per crescere professionalmente e per far crescere lo spazio nel quale lavora. Perché questa premessa? Perché già so che qualcuno, fra poco, dirà che “difendo” Angelo Mellone solo perché mio amico, oppure perché “lavoriamo insieme” (e invece io difendo Mellone perché è un intellettuale e uno scrittore serio, e perché mi piacciono le cose che fa). A nessuno viene più in mente che esistono valori (nei quali credo con tutto me stesso, e che vanno al di là della pagnotta che pur bisogna guadagnarsi) quali l’amor di verità, la stima intellettuale, il dovere di parlare quando sarebbe molto più comodo rimanere in silenzio (se c’è una cosa che combatto duramente in me stesso è la viltà che cova dentro ciascuno di noi).

Da qualche parte qualcuno ha definito Angelo Mellone un orribile fascista, un indegno sostituto di Daniel Toaff (un dirigente che personalmente stimo molto: un vero maestro) al programma “La vita in diretta” di Rai1. Ne sono profondamente rattristato, perché Mellone non è un fascista nostalgico della Rsi, ma un italiano (un meridionale divorato dalla passione civile) che onora quelli che reputa i suoi padri, e che ha il coraggio di stare con i perdenti della storia inseguendo il sogno di un’Italia meno ipocrita e meno conformista. Mi sono sempre confrontato con Mellone con immenso piacere – pur provenendo culturalmente da un altro mondo: dal liberalsocialismo cattolico –, perché è un intellettuale vivo, generoso, coraggioso, che si spende senza reti protettive in battaglie difficili e articolate.

Ma a questo punto i tanti rancorosi senza volto diranno: “Ah, ecco, è il solito trasversalismo romano!” No, è qualcosa di molto più profondo: è il legame tra due figli del Sud che sono venuti a Roma senza avere nulla (io dalla Basilicata, Mellone da Taranto) e che si sono trovati ad affratellarsi sul terreno delle idee, dei libri, della cultura, della nostalgia del Sud. Chi ha definito Mellone un orribile fascista perché non dice che a Taranto, sulla questione Ilva, Mellone sta facendo una battaglia in difesa della fabbrica e del lavoro? E perché non dice che a Casa Pound negli ultimi anni sono transitati un sacco di intellettuali anche di sinistra, essendo un posto di vivace operatività culturale?

Io, a differenza di Mellone, non seguo molto la politica, né nasco nelle organizzazioni partitiche (a differenza sua, poi, sono un cane sciolto, un solitario, un che tende a nascondersi). Ma mi chiedo come possa essere definito fascista uno che da ragazzo andò a Bari, all’indomani dello sbarco della Vlora, ad aiutare gli albanesi appena giunti da un viaggio disumano. Uno che scrive poesie (nessuna ideologia violenta, crudele e liberticida partorisce poeti), poemi struggenti sul Sud, come per esempio “Addio al sud”, che ho avuto il piacere di introdurre. E come possa essere definito fascista uno che considera tra i suoi maestri Leonida di Taranto, il poeta degli “ultimi”, dei perdenti.

Non ci sto, e nulla m’importa di quanti vedranno in questa mia “difesa” qualche oscuro movente “interessato” (quanto avevo da dire l’ho detto in questo mio corsivo). Sono orgoglioso di lavorare in Rai dall’anno 2000. Sono orgoglioso di lavorare con gli intellettuali e gli scrittori che vi hanno responsabilità. E sono orgoglioso che la Rai abbia tra i suoi dirigenti uno che proviene da una destra popolare, culturale e spirituale che vive il confronto con tutti (comunisti inclusi) all’insegna del rispetto, del pluralismo, della tolleranza, della disponibilità a rivedere le proprie idee (e poi perché nessuno dice che Mellone è un signor professionista e che ha scritto molti libri e articoli sul sistema mediatico, sull’immaginario collettivo, sul racconto dell’Italia profonda?). Solo chi è insicuro delle proprie idee costruisce steccati e stila liste di proscrizione. Non è la mia cultura; al contrario, mi piace frequentare chiunque abbia intelligenza e generosità, e di questa mia curiosità vado fiero.

Ripeto, in Rai non conto nulla, sono un povero autore che cerca di fare al meglio il proprio lavoro, ma “dal di dentro” posso dire – e lo dico con umiltà ma anche con la consapevolezza di conoscere il luogo dove lavoro da tredici anni – che Mellone è un intellettuale e un professionista che dà valore aggiunto alla Rai e che sa motivare le persone e animare le strutture che dirige. E mi chiedo, in conclusione: giova al Paese gettare ombre (per non dire altro) su chiunque emerga? Giova insozzare ogni cosa per puro istinto distruttivo? La mia risposta è no.

Andrea Di Consoli

Andrea Di Consoli su Barbadillo.it

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