L’intervista. Musumeci: “Sì all’Autonomia chiesta dal Nord, ma più investimenti al Sud”

Nello Musumeci
Nello Musumeci

Presidente Nello Musumeci, per il Sud e la sua Sicilia lei ama citare il proverbio: insegnare a pescare, non regalare i pesci. Ogni riferimento ai 5 Stelle…

L’istituzione del reddito di cittadinanza ha avuto il pregio di dotare l’Italia di uno strumento di lotta alla povertà che è diffuso in quasi tutta Europa ma si sono dimenticati di dotare il nostro Paese di tutti gli altri strumenti che le altre nazioni hanno costruito accanto e che ne fanno un mezzo per uscire dalla marginalità sociale anziché una gabbia in cui chiudere per sempre chi non ha un lavoro o non riesce a sostentarsi. Il reddito di cittadinanza, da solo, per come è stato concepito, accarezza alcuni istinti del peggiore Sud…

Ossia?

L’idea di potere guadagnare senza lavorare. Invece, noi vorremmo creare un ambiente attraente per gli investitori, perché le imprese danno lavoro. Le faccio un esempio: chi decide di aprire un’attività non può aspettare anni per una sentenza a cui è appeso il suo business. E lo sa quali sono i tempi della giustizia amministrativa al Sud? Il 40% più lunghi di quelli del Nord. E nel settore civile non va meglio, per un’esecuzione immobiliare a Torino ci vogliono 1251 giorni mentre a Palermo ne servono 3067

Lei per primo ha lamentato una mancanza di risultati da parte del governo nazionale nell’affrontare dossier concreti come Termini Imerse, Whirpool, Ilva. Tutti in mano a Di Maio. Cosa è mancato?

Si è deciso di tirare fuori dal cassetto vecchi arnesi, come la cassa integrazione. Le imprese chiudono e lo Stato si limita a pagare i sussidi; anzi dice di non avere abbastanza soldi e chiede denaro anche alla Regione. Ma i lavoratori della Blutec, ad esempio, non chiedono sussidi: vogliono tornare a lavorare, mentre da Roma non arriva un’idea di sviluppo industriale per quelle aree. Dalle parti del ministero di Di Maio non c’è alcuna idea su come risolvere questi problemi. E questo lo pagano i lavoratori meridionali, vittime delle grandi vertenze.

Capitolo infrastrutture. Toninelli le ha dato le risposte che si aspettava su autostrade e ferrovie in Sicilia?

Sarò forse la persona più odiata da Anas e Rfi, ma non mi rassegno all’idea che la Sicilia debba essere trattata in maniera diversa dal Nord. Si è anche fatta passare la sensazione che sia la Regione ad occuparsi delle strade – che sono provinciali o statali – e delle ferrovie, mentre è competenza del governo centrale. Abbiamo la possibilità di spendere più miliardi di euro e ancora oggi le procedure burocratiche sono impossibili. Vogliono passare alla storia? Il governo stabilisca il principio dei tempi dimezzati per le gare e l’esecuzione delle opere. E il Sud sarà il motore della ripresa del Pil.

Ah, dimenticavamo: e il ponte sullo Stretto?

Vuol dire dare un futuro all’isola, sfruttando la sua invidiabile posizione geografica. Significa completare il corridoio transeuropeo che collega il Nord Europa fino a Palermo. Ma no, i 5 stelle pensano alla cassa integrazione e al reddito di cittadinanza e quando i soldi dello Stato saranno finiti, torneremo a mangiare fichi d’india. Non hanno nessuna capacità di disegnare un percorso di sviluppo per il Sud.

Per questo motivo ha lanciato un appello a Matteo Salvini: «Basta con questo calvario». Come pensa di convincerlo a cambiare schema, a mollare i 5 Stelle?

Non tocca a me convincere nessuno. Ma se il Sud si fa trovare pronto con una classe dirigente diversa e recupera le posizioni scalate dei grillini, sarà più facile anche per Salvini staccare la spina a questo non-governo. Mi chiedo come possano stare assieme dandosele di santa ragione su tutti i giornali, ogni giorno.

Col suo “partito della regione” ha assicurato al leader della Lega la vittoria al Sud…

Partito della Regione vuol dire creare una classe dirigente capace, onesta e preparata per il Mezzogiorno. Non è un format nuovo. Ma è l’unica cosa che manca. Abbiamo ragione molto spesso a prendercela con la miopia di chi ha governato l’Italia e fanno bene i sindacati ad accendere le luci sul Sud. Ma quanta corresponsabilità esiste nelle classi dirigenti meridionali? Bisogna abbandonare il modello clientelare e offrire ai cittadini l’idea che c’è una dimensione della politica in cui l’interesse generale prevale su quello particolare. Ecco il partito della Regione: autonomia e responsabilità.

Ha spiegato, a proposito, che solo il centrodestra può ricomporre adesso la frattura nazionale Nord-Sud. Che significa?

Ne sono convinto. Chi chiede l’autonomia in attuazione del regionalismo differenziato non la avrà mai da un governo di compromesso come quello che oggi guida la Nazione. Chi, invece, spera in un grande Piano per il Sud, con infrastrutture realizzate in pochi anni e fiscalità di vantaggio per le imprese, non potrà trovare ascolto in chi ha deciso di puntare tutto sul modello assistenziale del reddito di cittadinanza. Quindi? Solo un governo legittimato dal voto, con un programma forte e partecipato, potrà unire davvero il Nord e il Sud. (da Libero)

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Antonio Rapisarda

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