Il caso. A Cremona vietano la messa in latino e il caso finisce in Vaticano

Chi segue i blog cattolici, ultimamente si è sicuramente interessato alla questione della Messa in latino negata a Cremona, un episodio abbastanza comune nel quale la gerarchia locale in un modo o nell’altro cerca di impedire la celebrazione del rito tridentino secondo il messale del 1962. A differenza di altri casi però, questa volta il numeroso gruppo di laici che presenziava alla messa ha deciso di interpellare la Congregazione per la dottrina della fede. Poiché sulla liturgia si giocano molti dei destini della Chiesa cattolica, è interessante occuparsi di questa vicenda, per cercare di spiegare finalmente perché, nonostante numerosi pronunciamenti di più papi, sin da Paolo VI,che pur ha promulgato il messale moderno, queste celebrazioni siano osteggiate.

Il caso

La vicenda è da manuale, nel senso che in numerose diocesi si è ripetuto più o meno in modo uguale. Un gruppo di fedeli entusiasti, dopo la promulgazione del Motu Proprio Summorum Pontificum, chiede al vescovo dell’epoca, nel 2009, la disponibilità di un sacerdote che ottemperi alla richiesta di celebrare secondo il rito tridentino. La risposta è negativa, anche se in punta di diritto (si ricorda che i Motu Proprio sono leggi universali della Chiesa), dovrebbe essere positiva. Il tira e molla prosegue per anni, cambia il vescovo ma la risposta non varia. Successivamente, fra il 2018 e il 2019, un sacerdote decide di celebrare una messa privata permettendo di assistere a quel gruppo di fedeli. Sempre secondo il Motu Proprio, ogni sacerdote è liberissimo di celebrare privatamente. La voce però si sparge, dato che nessuno la voleva tenere segreta. Arriva il richiamo del vescovo che fa sospendere l’appuntamento. I fedeli questa volta non ci stanno, il caso finisce sui giornali locali, principalmente sulla Provincia di Cremona, fino al Corriere della Sera. Se ne occupano anche il quotidiano on line La Bussola Quotidiana, in verità il primo a seguire la querelle, i blog “tradizionalisti”(Messainlatino.it, Campari&deMaistre e molti altri) e quelli dei vaticanisti Aldo Maria Valli e Marco Tosatti.

La situazione diventa sempre più rumorosa, tanto che il Cardinale Re, figura di primissimo piano, rilascia un’intervista alla Provincia di Cremona nella quale si dice molto sorpreso per il rifiuto episcopale. Il tutto finisce poi in un esposto alla Congregazione per la dottrina della Fede che, a quanto si sa, avrebbe aperto un fascicolo per capire come dirimere la questione.

Perché o perché no?

Quando i fedeli “tridentini” cercano di far rispettare i loro diritti, generalmente si vedono trattati come cani in chiesa. Più che chiedere loro perché vorrebbero seguire la liturgia “di sempre” (nel senso che risale in sostanza ai tempi apostolici), in realtà sarebbe meglio  chiedere a chi li avversa il motivo per cui non dovrebbero. Generalmente le risposte sono ben poco soddisfacenti. Si va dalla risibile scusa per cui il rito tridentino sarebbe divisivo (dunque implicitamente si dice che i documenti papali sono divisivi?) senza accorgersi che la divisione la crea chi risponde di no ad una richiesta pienamente legittima. Ricordiamo che il messale tridentino non fu abrogato e a partire da Paolo VI stesso si cercò di regolare la possibilità di continuare a seguirlo.

Un’altra motivazione, che è quella specifica del Caso Cremona, è ancora più insostenibile. Poiché in diocesi la riforma liturgica è stata accettata armoniosamente, non c’è motivo di inserire la celebrazione secondo il messale di San Pio V. Rimane da capire cosa vorrebbe dire “armoniosamente”, dato che ormai in ogni parrocchia ogni prete fa più o meno quello che vuole. L’unità liturgica è andata perduta e ormai di armonioso non c’è molto. Va inoltre considerato che le chiese, dopo la riforma liturgica, sono state ampiamente disertate, segno che forse il rito moderno non è stato digerito poi così bene e, anzi, è stato uno dei motivi dell’allontanamento dei fedeli.

In sostanza, il motivo recondito è ideologico. Siccome si vuole propagandare una Chiesa cattolica che ha rotto i legami con il passato preconciliare, tutte le vestigia di quel passato vanno cancellate, rinnegando due millenni di storia.

Lex orandi, lex credendi. Perché serve una contro riforma liturgica

Uno dei motivi principali per cui molti fedeli stanno ricercando il rito tridentino non è dovuto al latino in sé e per sé, ma alla forma liturgica e ai testi, che permettono una trasmissione perfetta della fede cattolica, laddove la messa moderna, con le sue dispersioni, le traduzioni dal latino infelici e le manipolazioni cui si presta, finisce in alcuni casi per annacquare la fede. Ciò non vuol dire che sia una messa non valida, ma che a lungo andare si rischi di cambiare alcuni significati principali del cattolicesimo. D’altronde “Lex orandi lex credendi”, il contenuto della preghiera è il contenuto del credere.

In generale, inoltre, è innegabile che il rito moderno sia ormai incredibilmente sfilacciato, preda della creatività non richiesta di molti sacerdoti esuberanti, che riducono le celebrazioni a teatrini ridicoli ed inaccettabili.

Il cardinal Sarah, in linea con le intenzioni di Benedetto XVI, come Prefetto del Culto Divino, aveva proposto una specie di “controriforma” liturgica, per correggere il rito del 1969 e dare alla messa il posto che si merita nella vita cattolica, ma questa intenzione è rimasta lettera morta.

L’ecumenismo senza latino?

Oltre alle questioni dottrinali, ci sono anche quelle linguistiche. I pasdaran della messa moderna, sono anche pasdaran dell’ecumenismo, dell’unità dei cristiani e della fratellanza delle religioni. Questi signori però non si accorgono che la messa in lingua corrente è fonte di divisione culturale ed etnica. In tempi passati, ovunque si andasse nella Catholica, si assisteva alla stessa Messa. Ora, a meno di non conoscere tutte le lingue del mondo, se non si è nel proprio paese di origine ci si sente ospiti ed estranei. Senza contare i luoghi di frontiera, dove le comunità cattoliche sono divise in base alla lingua, mentre quando si usava il latino c’era una maggiore possibilità di incontro. L’abbandono del latino ha scompaginato la Chiesa dividendo i fedeli. Va inoltre sottolineato che oltre a cambiare liturgia e lingua, è stato cambiato il calendario, in stile rivoluzionario francese, sopprimendo numerose feste legate alla pietà popolare e ai santi, impoverendo ulteriormente un patrimonio millenario, che i fedeli tridentini cercano di salvaguardare.

Nota finale su quelli che ammirano il rito orientale

Nella Chiesa cattolica oltre al rito romano, sono celebrati numerosi riti orientali, filiazioni del rito bizantino, anch’esso parte integrante delle liturgie cattoliche.  Queste liturgie sono belle e maestose, tanto da essere indicate come grande esempio di fede da numerosi preti e vescovi occidentali, i quali però poi rifiutano il rito romano antico, che sarebbe fratello gemello dei riti orientali che loro stessi magnificano. Si tratta di un caso di dissociazione mentale abbastanza grave. Dal canto loro, i fratelli orientali, sia quelli ortodossi che quelli cattolici, guardano con fastidio alla riforma liturgica post conciliare del rito romano e si chiedono come mai la Chiesa cattolica occidentale abbia abbandonato un patrimonio liturgico così antico e inestimabile, per darsi alle chitarrine. Ancora una volta è da rilevarsi che il rito moderno è totalmente anti ecumenico, perché mette a disagio una parte dei cattolici occidentali e tutti quelli orientali. Non a caso, il patriarca russo si disse molto felice della promulgazione del Summorum Pontificum, riconoscendolo come un aiuto nel dialogo con i cattolici.

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Francesco Filipazzi

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