Esteri. La Grecia ri-affonda e stenta a trovare una soluzione politica “schmittiana”

greciaCe l’eravamo dimenticata, come se un tasso di disoccupazione al 27% e un Paese sull’orlo del baratro fossero solo un brutto incubo, dal quale ci eravamo finalmente svegliati. Del resto, i media ne hanno taciuto per un po’: tutto va bene, il governo di unità nazionale fa miracoli, lo spread cala, il deficit migliora, viva la Troika.

Di tanto in tanto, però, l’amara realtà riaffiora in superficie: così, negli ultimi giorni, siamo di colpo tornati a sentir parlare di Grecia. Di uno Stato costretto a svendere i propri gioielli di famiglia, a chiudere la televisione pubblica e l’orchestra sinfonica nazionale, insomma a suicidarsi in nome del totem dell’euro. Senza che, peraltro, il salasso abbia davvero successo: pare che i conti ellenici presentino un nuovo buco di 3-4 miliardi e che il Fondo Monetario Internazionale minacci di sospendere i prestiti previsti dal piano di strozzinaggio – pardon, di salvataggio – del Paese mediterraneo.

Dicevamo della televisione pubblica: la decisione del governo Samaras di interrompere le trasmissioni e licenziare così i 2700 dipendenti della rete di Stato Ert è stata parzialmente sconfessata dall’Alta Corte greca. La terza gamba della coalizione di maggioranza, vale a dire il partito della Sinistra Democratica, ne ha approfittato per dissociarsi dalla decisione e sganciarsi dall’esecutivo, anche se rimane ancora aperta l’ipotesi di un appoggio esterno.

La maggioranza del governo di grande coalizione rischia, dunque, di diventare risicata. Si potrebbe quasi esserne soddisfatti, se non fosse per le motivazioni accampate dal leader del partito per giustificare la rottura: “Si tratta di un problema di legalità democratica… non siamo d’accordo con azioni che vanno contro la legalità”. Tutto si riduce, dunque, a una questione di formalismo giuridico: non si ha neanche il coraggio di rivendicare la natura politica della propria opposizione.

Carl Schmitt avrebbe osservato e commentato con grande interesse questa situazione, sia rispetto al completo svuotamento della parola “legalità”, tale che l’attuale potere legale manca oramai di qualsiasi sostanziale “legittimità”, sia nei termini della necessità di riscoprire la peculiarità della dimensione del “politico”, che proprio nei momenti di crisi dovrebbe avvicinarsi alla sua forma pura e che si fonda sulla capacità di individuare e contrapporsi al “nemico esistenziale” della comunità.

E’ dunque la politica che manca, nella Grecia e nell’Europa di questo inizio del XXI secolo. Proliferano le proteste di piazza senza guida, senza meta, senza strategia. Un ribellismo primitivo e acefalo che necessita di essere incanalato e irreggimentato per trasformarsi in energia politica. A questo scopo, sono inservibili sia una sinistra ormai ausiliaria del potere culturale dominante che il populismo internettiano e post-moderno in salsa grillina o piratesca. Ma diventano inutili, anzi nocive, anche certe forme demenziali e regressive di xenofobia ed etnocentrismo. Questa è la sfida a cui rispondere, queste le praterie da percorrere e occupare per una destra sovranista e popolare che voglia candidarsi a dare soluzione ai problemi dell’ora presente.

Marco Mancini

Marco Mancini su Barbadillo.it

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