Il caso. Commissione Ecclesia Dei verso la soppressione. Che succede alla Messa tridentina?

La notizia, per la storia recente della Chiesa Cattolica, ha una certa importanza. Stando ad indiscrezioni riportate  il 26 dicembre dal blog Messainlatino.it, confermate successivamente dal vaticanista Marco Tosatti, il Papa starebbe per sopprimere la Commissione Ecclesia Dei, trasformandola in un Ufficio della Congregazione per la Dottrina della Fede. Esternamente sembra un semplice riordinamento giuridico, poiché la Commissione è già afferente all’ex Sant’Uffizio, ma da un punto di vista ecclesiastico si apre un capitolo dai risvolti imprevisti.

Cos’è la Pontificia Commissione Ecclesia Dei

Nel 1988, con il Motu Proprio “Ecclesia Dei Afflicta”, Giovanni Paolo II istituiva la Pontificia Commissione Ecclesia Dei, dandole il compito di rimarginare la rottura appena avvenuta fra la Fraternità San Pio X di mons. Marcel Lefebvre e Roma. Il vescovo francese aveva infatti compiuto quello che a tutti gli effetti venne considerato un atto scismatico, consacrando senza il permesso papale quattro vescovi e incorrendo nella scomunica automatica. Subito alcuni sacerdoti che avevano seguito Lefebvre fino a quel momento non approvarono l’atto appena compiuto, perché non erano intenzionati a rompere definitivamente con Roma. Per questo c’era bisogno di una Commissione ad hoc per accoglierli. Nacquero ad esempio la Fraternità Sacerdotale San Pietro, composta da sacerdoti che non seguirono Lefebvre fino in fondo. Il loro “ritorno” fu accompagnato dal permesso di celebrare la Messa Tridentina. Tornò inoltre in piena comunione con Roma la Fraternità San Vincenzo Ferrer.

Il Motu Proprio Ecclesia Dei invitava inoltre a non chiudere le porte ai fedeli che nelle diocesi richiedessero la celebrazione della Messa Tridentina, in linea con la lettera “Quattuor Abhinc Annos” inviata dalla Congregazione per il Culto Divino ai vescovi nel 1984, nota come “l’indulto” . L’invito, salvo rari casi, rimase inascoltato e quasi la totalità dei vescovi si rifiutarono di applicarlo, per motivi sostanzialmente ideologici.

La trasformazione post Summorum Pontificum

Benedetto XVI compì un ulteriore gesto di riavvicinamento verso tutti i fedeli che richiedevano con forza la celebrazione della Messa Tridentina, promulgando il Motu Proprio Summorum Pontificum, nel 2007. Il documento permetteva a tutti i sacerdoti di celebrare la Messa Tridentina, di fatto senza che i vescovi potessero opporre alcun divieto. Questo provocò un’opposizione molto forte da parte di tutti coloro che avversavano e tutt’ora avversano le forme tradizionali, ma creò un entusiasmo enorme fra tutti coloro che si riconoscevano e si riconoscono in esse. Il Summorum Pontificum ha dato vita ad un vero e proprio movimento globale, che ormai conta migliaia di “centri di messa” in tutto il mondo, con centinaia di migliaia di fedeli, che assistono alla Messa antica. E’ quel mondo che si può definire tradizionalista, che però non ha mai operato alcuna rottura con Roma.

Solo in Italia le messe celebrate regolarmente sono oltre cento e i gruppi sono in crescita numerica, soprattutto per quanto riguarda la partecipazione giovanile.
Il tutto è stato coordinato dalla Commissione Ecclesia Dei, che dopo il motu proprio del 2007, con il quale divenne una commissione della Congregazione per la Dottrina della Fede, ricevette l’incarico di seguire l’applicazione delle direttive di Benedetto XVI, nonché di rispondere ai fedeli che nelle proprie diocesi incontravano resistenze nei riguardi della celebrazione tridentina.

Gli Istituti Ecclesia Dei

Nel frattempo, mentre la celebrazione della Messa antica si è diffusa dal 2008 nelle diocesi, gli istituti che la celebrano regolarmente come forma esclusiva sono cresciuti notevolmente, oltre al Buon Pastore e alla Fraternità San Pietro, che conta oltre 200 sacerdoti e molti seminaristi, è necessario citare l’Istituto Cristo Re Sommo Sacerdote, con più di cento sacerdoti e seminari pieni, che nacque in Gabon e ora è diffuso in vari paesi del mondo. Oltre a questi ce ne sono altri, con numeri minori ma comunque in buona salute. In generale si registra che, laddove i seminari diocesani chiudono per mancanza di iscritti, questi istituti contano moltissimi aspiranti sacerdoti, in linea con il fatto che una percentuale molto alta di coloro che partecipano alle messe tridentine è etichettabile come giovane.

La questione Fraternità San Pio X

Va sottolineato che, nonostante l’atto delle ordinazioni fosse di per sé scismatico, la fraternità San Pio X non si è mai posta come una chiesa parallela e non ha mai disconosciuto i papi. Per dirla in gergo, i lefevriani sono “una cum”, ciò vuol dire che nella messa recitano le parole “una cum famulo tuo Papa nostro” facendo seguire il nome del pontefice regnante. Non si è quindi comportata come un’entità scismatica, come fanno invece molti gruppi del mondo sedevacantista, composto da mine vaganti che ordinano preti e vescovi in continuazione, senza controllo e soprattutto disconoscendo l’autorità papale.

Questo atteggiamento della Fraternità San Pio X ha fatto si che negli anni, dopo la morte di Lefebvre nel 1991, le tensioni si stemperassero molto e che i colloqui con Roma continuassero, anche se a fasi alterne.

Come atto di buona volontà, Benedetto XVI, che da cardinale aveva seguito i colloqui con Lefebvre stesso e che da vescovo non fu favorevole al bando del rito antico, nel 2009 ritirò le scomuniche verso i quattro vescovi ordinati nel 1988. Mons. Fellay, uno dei quattro e all’epoca superiore della Fraternità, aveva scritto nel 2008 alla Commissione Ecclesia Dei, dichiarando: “Siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l’attuale situazione”. Ovviamente, con la San Pio X il problema non è legato solo alla Messa, ma anche al rapporto con il Concilio Vaticano II e al tema dell’ecumenismo.

I timori dei fedeli “tridentini”

Tornando all’inizio dell’articolo, il fatto che la Commissione venga declassata ad ufficio è un atto epocale, soprattutto perché stando al vaticanista Tosatti, la soppressione avverrà perché “è venuta meno l’esigenza pastorale per cui venne creata”. Questa esigenza era la ricomposizione dello scisma lefevriano, dunque questo potrebbe essere un preludio ad un ritorno a Roma della San Pio X. Nell’immediato però i fedeli della Messa Tridentina già in comunione con il Papa rischiano di rimanere senza un punto di riferimento che possa metterli al riparo da quei vescovi che non vedono l’ora di cacciarli via e sopprimere le celebrazioni nelle rispettive diocesi.

Inoltre, è noto che l’area progressista e i liturgisti più ambigui e filo protestanti vorrebbero eliminare il Motu Proprio Summorum Pontificum (se ne è parlato addirittura all’ultima assemblea CEI). Per queste persone, il fatto che migliaia di persone si riconoscano nella Messa antica è ininfluente. Meglio non celebrare, piuttosto che celebrare l’odiato rito tridentino. L’atteggiamento è demenziale, ma è quello che va per la maggiore. Questi personaggi sperano che un ritorno della San Pio X sia l’occasione per assegnare l’esclusiva (come se fosse un prodotto) del rito antico alla Fraternità e sopprimere tutto il resto. I fedeli “tridentini” temono quindi che i progressisti utilizzino un accordo con gli epigoni di Lefebvre per assestare un duro colpo alla diffusione della Messa in Latino, che scomparirebbe dalle diocesi.

Numquam Abrogatam

Come accennato, all’ultima assemblea CEI, alcuni vescovi hanno sollevato il “problema” del Summorum Pontificum, in quanto il messale tridentino sarebbe stato abrogato con la promulgazione del messale di Paolo VI del 1969. In realtà nel Motu Proprio ci sono due parole, “Numquam Abrogatam”, che vuol dire “mai abrogato”, che riconoscono il fatto che appunto il messale antico, la cui ultima edizione è del 1962, non è mai stato né eliminato né proibito. Non c’è un documento che ne sancisca un’abrogazione. Lo spazio corrente non permette una trattazione specifica di questo punto, eventualmente verrà prodotto un articolo ad hoc, ma possiamo subito dire che già Paolo VI nel 1971, promulgò un indulto, noto con il nome di “Indulto di Agatha Christie”, dal nome della nota scrittrice che firmò l’appello per chiedere di non eliminare la Messa tridentina, per permettere la celebrazione in Inghilterra e Galles. Cosa che non avrebbe potuto fare se il messale fosse stato abrogato.

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Francesco Filipazzi

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