Il punto. Da San Lorenzo a Rogoredo: lo Stato metta la faccia nelle periferie

Rogoredo, bosco dello spaccio
Rogoredo, bosco dello spaccio

Non c’è solo San Lorenzo, il quartiere romano balzato all’attenzione delle cronache nazionali  per il tragico assassinio della giovane Desirée, a rimarcare un’Italia del degrado e dell’abbandono sociale con cui è tempo di fare i conti. Dal  Nord al Sud sono tante le aree in cui lo Stato sembra essere assente, ritiratosi di fronte all’emergere di un’illegalità diffusa, che arriva ad imporre le sue regole: da Torino (con i giardini Alimonda al centro del quartiere Aurora) a Milano (segnata a Nord dai quartieri di Quarto Oggiaro e a Sud da Rogoredo), da Genova (con ampie zone del Centro Storico in mano alla criminalità) a Firenze (dove  lo spaccio, in via Palazzuolo, è no-stop, dalle 8 di mattina a notte inoltrata), da Trieste (dove si segnala l’abbandono del complesso Rozzol Melara) a Napoli (in cui la prostituzione e lo spaccio sono, anche in alcune zone del centro, a cielo aperto), da Foggia (in cui il Rione Candelaro è teatro di scontri tra famiglie rivali nel controllo del racket) a Palermo (dove il  cuore della Vucciria  è una vera e propria zona franca proibita alle forze dell’ordine). 

Sono alcuni esempi, tra i tanti che si potrebbero ancora fare, uniti dal filo rosso delle occupazioni e delle illegalità, del mercato della droga  e della piccola criminalità, nazionale e d’importazione.

Di fronte a quest’Italia di “frontiera”, periferica ed abbandonata, ci vuole qualcosa di più che qualche intervento straordinario da parte della polizia o i generici appelli alla “coesione sociale”. Ci vuole un’idea chiara di Stato, che affermi la sua autorevolezza rispetto alle tante emergenze che segnano il Paese e che rimarchi una presenza costante. E ci vuole un’azione di ricostruzione sociale, culturale e  politica di lunga durata, che partendo dalle   regole minime del rispetto civile e della convivenza, rompa finalmente con un degrado cronico, che passa attraverso l’illegalità diffusa, le occupazioni d’immobili, lo spaccio evidente eppure tollerato, fino a toccare la vita domestica, le famiglie, le regole del lavoro, i minori ed i loro obblighi scolastici non rispettati.

Dopo gli anni del “meno Stato più mercato”, dello Stato leggero e quindi svuotato di funzioni, al punto che, in questa corsa al disarmo istituzionale, c’è chi è arrivato  ad ipotizzare territori spogliati “finalmente” dalla presenza della macchina statale,  bisogna cambiare rotta. 

I risultati del pressappochismo antistatalista sono evidenti  a tutti. Ora si abbia il coraggio di ripensare politiche d’intervento e di controllo, che passano certamente attraverso la repressione dell’illegalità,  ma  nel contempo debbono riaffermare una presenza ricostruttiva in termini sociali e culturali. Altrimenti nulla cambierà. E presto, molto presto,  la tragica morte di Desirée verrà archiviata. In attesa della prossima vittima e dell’ennesima denuncia contro il degrado di un’Italia, che stenta a fare i conti con i suoi mali profondi.

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Mario Bozzi Sentieri 

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