Chiesa. Il caso Viganò scuote il Vaticano, la mappa dello scontro e delle polemiche

Non accenna a spegnersi lo stupore generalizzato suscitato dall’uscita di monsignor Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Stati Uniti, riguardante la possibilità che Papa Francesco fosse a conoscenza da cinque anni degli abusi sessuali perpetrati dal cardinale McCarrick. Accanto allo sconcerto si è scatenato uno scontro al calor bianco all’interno del mondo cattolico, sia a livello pubblico che a livello privato, sul papato di Francesco, sulle parole e omissioni di una grossa fetta della classe dirigente vaticana e, in ultima istanza, sulla presenza di una presunta lobby gay ai vertici della Chiesa Cattolica.

I fatti

Andiamo con ordine. I fatti sono noti. Il 26 agosto sul quotidiano italiano “La Verità”, sul blog del vaticanista Aldo Maria Valli e su alcuni siti anglofoni, Viganò ha pubblicato un memoriale nel quale, in modo abbastanza circostanziato racconta di aver informato Francesco, poco dopo il conclave del 2013, dell’esistenza di un dossier riguardante le gravissime azioni di McCarrick compiute da vescovo. Nei primi mesi del 2018 le vicende ignobili sono assurte agli onori delle cronache, tanto che il Papa ha “sberrettato” il colpevole, togliendogli le prerogative di cardinale. McCarrick si è reso infatti colpevole di abusi sessuali gravissimi su seminaristi, minorenni e maggiorenni, facendosi forte della propria posizione di superiorità in quanto vescovo. Secondo lo scritto, Bergoglio non avrebbe preso alcun provvedimento, anzi, avrebbe azzerato le sanzioni già decise da Benedetto XVI e si sarebbe avvalso dei consigli del cardinale per nominare vescovi. Inoltre Viganò spiega che sin dai tempi di Giovanni Paolo II il presunto abusatore seriale veniva coperto da figure di primo piano che avrebbero addirittura mentito ai due predecessori dell’attuale pontefice. Nell’articolo della Verità vengono elencati nomi e cognomi di chi avrebbe coperto e insabbiato ma, qui sta il nodo cruciale, fra chi ha coperto e insabbiato ci sarebbe Francesco stesso. L’accusa è pesantissima, condita da una richiesta di dimissioni senza precedenti. La situazione è subito percepita come esplosiva dai media, perché Viganò non è un blogger delirante, ma è un arcivescovo di Santa Romana Chiesa, che ha ricoperto incarichi di vertice ed è stato un diplomatico importante.

La notizia usciva proprio mentre Francesco si trovava in Irlanda a chiedere scusa per gli abusi del clero. Una tempistica perfetta, giustificata successivamente dal monsignore, il quale ha detto che così il Papa avrebbe avuto la possibilità di rispondere subito in una delle interviste del viaggio. Il diretto interessato ha però evitato di rispondere alle domande sul tema, “io non dirò una parola su questo”, durante l’intervista in aereo del viaggio di ritorno, compiendo forse un errore mediatico. Tv e giornali infatti avevano atteso proprio quel momento per dare la notizia, che fino a quel punto era stata riportata da pochissime testate.

Il dibattito si è quindi scatenato ferocissimo. Le posizioni emerse fino ad ora sono numerose, ma riassumibili secondo uno schema ben preciso.

“Lobby gay” e indignazione dei conservatori

Da un lato il mondo cattolico conservatore, che chiede chiarezza alla luce di quella che è, secondo alcuni degli osservatori più importanti, il frutto di una deviazione morale che oltretutto si manifesterebbe anche nel tentativo di cambiare la dottrina cattolica in materia di sessualità e omosessualità. Quella che sarebbe stata individuata quale “lobby gay” insomma, secondo questa area, oltre a coprire gli abusi, principalmente azioni omosessuali o efebofile, più che pedofile, vorrebbe indurre la Chiesa ad accettare l’omosessualità tout court. Il tema è stato già toccato in passato, ad esempio dal cardinale Burke che pochi giorni prima dell’uscita di Viganò diceva che “la maggior parte degli atti di abusi sessuali sono in realtà atti omosessuali commessi con giovani adolescenti, c’è stato un tentativo studiato di ignorare o negare questo rapporto con l’omosessualità. Sembra chiaro che in effetti esista una cultura omosessuale, non solo tra il clero ma anche all’interno della gerarchia, che deve essere purificata alla radice. È ovviamente una tendenza che è disordinata”. Proprio Burke a proposito del caso Viganò ha rilasciato un’intervista, a LifeSiteNews, il giorno successivo sostenendo che “La corruzione e il sudiciume che sono entrati nella vita della Chiesa devono essere purificati alle loro radici”. InoltreIl Papa deve chiarire la sua posizione ed è giusto che si indaghi secondo le procedure per superare questa crisi”. Sulla stessa posizione si pone anche il vescovo ausiliario di Astana, monsignor Schneider.

A sostegno di Viganò si è espresso inoltre il presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, il cardinale Daniel Di Nardo, sostenuto da molti vescovi americani, che avverte la necessità di un “esame su come i gravi fallimenti morali di un fratello vescovo potrebbero essere stati tollerati per così tanto tempo e non hanno dimostrato alcun impedimento al suo avanzamento”. Di Nardo ha inoltre annunciato che attende udienza dal Papa per discutere del caso.

A parlare apertamente del problema omosessuale ci pensano inoltre due fra i maggiori esponenti del mondo cattolico conservatore italiano, il noto professore universitario Roberto De Mattei e il direttore del quotidiano cattolico la Nuova Bussola Quotidiana, Riccardo Cascioli. Il primo spiega, su Corrispondenza Romana, che “questa lebbra [gli abusi] si è sviluppata dopo il Concilio Vaticano II, come conseguenza di una nuova teologia morale che negava gli assoluti morali e rivendicava il ruolo della sessualità, etero e omosessuale, considerata come un fattore di crescita e realizzazione della persona umana”. “Lo scandalo McCarrick non è dunque che l’ultimo atto di una crisi che viene da lontano. Eppure, nella Lettera del Papa al Popolo di Dio, e in tutto il suo viaggio in Irlanda, papa Francesco non ha mai denunciato questo disordine morale”.

Il secondo parla invece di una “lobby gay inarrestabile” e di un “dossier che non si vuole aprire”. Viganò, spiega Cascioli, scopre “una rete di potere omosessualista inarrestabile a livelli altissimi nella Chiesa. L’ex nunzio ha raccontato un piccolo tassello di un fenomeno vastissimo non circoscrivibile solo a questo pontificato, ma che non si vuole combattere: dai vescovi tedeschi omoeretici allo scandalo del gesuita Martin fino agli sdoganamenti di Avvenire e una serie impressionante di nomine sospette, gesti e decisioni che ora mostrano fin dove è arrivato questo processo”.

Il fulmine su San Pietro del 2013

Un “complotto” ordito per “vendetta”

Dall’altro lato, la risposta non si è fatta attendere. Il vaticanista Andrea Tornielli, considerato vicino a Bergoglio, su Vatican Insider ha messo in dubbio la ricostruzione dei fatti di Viganò evidenziandone alcune criticità e parlando di fallacie logiche. “C’è da chiedersi se la sequenza descritta da Viganò, le sue considerazioni, le sue omissioni, le sue interpretazioni sono ragionevoli e portano davvero ad attribuire una qualche responsabilità al Pontefice oggi regnante”. Sotto il pontificato di Giovanni Paolo II McCarrick è stato infatti promosso mentre “c’è un altro Papa oggi emerito, Benedetto, che (forse) avrebbe ordinato a questo cardinale di vivere ritirato ma senza essere poi in grado di far rispettare i suoi ordini, senza battere ciglio vedendoselo arrivare in Vaticano in più occasioni, e senza che il suo nunzio negli Usa (Viganò) avesse alcun problema a farsi ritrarre insieme a lui”. “C’è infine un Papa, Francesco, che a quel cardinale – nonostante fosse anziano e pensionato da tempo – ha tolto d’imperio la porpora dopo averlo ridotto al silenzio proibendogli di celebrare in pubblico. Eppure è di quest’ultimo che l’ex nunzio oggi indignato chiede la testa”. Secondo Tornielli, dunque, l’omissione c’è, ma è di gran lunga precedente al papato bergogliano.

La tesi avversa a Viganò che va per la maggiore è però quella che cerca di screditarne la figura, in virtù del coinvolgimento del prelato nelle questioni di Vatileaks e del fatto che il vescovo è stato in effetti allontanato dal Vaticano e sostanzialmente pensionato senza essere nominato cardinale, nomina che un tempo sarebbe stata naturale.  Stando al noto giornalista Massimo Faggioli, che scrive su Famiglia Cristiana:   Quel documento è figlio delle ambizioni frustrate di carriera di un diplomatico vaticano e di una agenda ideologica del cattolicesimo anglofono (con alcune filiali europee) di marca tradizionalista”. Una tesi che circola anche su altre testate. Secondo Faggioli inoltre il tema degli abusi sarebbe solo una scusa utilizzata dal mondo conservatore nordamericano per mettere in difficoltà questo pontificato. “Il Papa è chiaramente sotto attacco per motivi che sono altri rispetto all’emergenza della questione degli abusi sessuali, e che vanno ricercati nel rigetto da parte del conservatorismo cattolico nordamericano della teologia e della visione di chiesa del papa argentino e gesuita”. Si tratterebbe di una “cospirazione transatlantica”.

Il mondo laico

Fino a qui si parla di dialettica interna al mondo cattolico. Il mondo laico, per non dire anticlericale, al momento sta a guardare, faticando ad inserirsi in dinamiche che fino ad oggi sui grandi media non erano ancora emerse. Lo scontro fra fazioni ecclesiastiche (tedeschi contro americani, progressisti contro tradizionalisti, accuse di omosessualizzazione ecc) che va avanti da decenni è emerso ben poco fino ad oggi. I nomi citati dal memoriale di Viganò, con tutte le vicende che ci sono dietro, sono sconosciuti al grande pubblico e anche alla maggior parte dei giornalisti. Sembra quindi destinata a cadere nel vuoto la posizione, per una volta ingenua, di Paolo Flores d’Arcais. Spiega il filosofo su Huffington Post che gli attacchi personali tra fazioni e contro Viganò valgono zero, che Viganò potrebbe essere animato da astio o aver partecipato al complotto della destra americana.  “E allora? – chiede -La caratura della sua invidia, toccasse anche i ventiquattro, non sminuirebbe di un’oncia il peso delle sue accuse”. “Speriamo perciò che ora il giornalismo cominci a fare il suo lavoro. Che è quello di prescindere dal “a chi giova?” e di verificare accusa per accusa il cahiers de doléances del monsignore codino”. Una speranza vana, perché su questo caso si sta apparecchiando lo scontro fra due opposte visioni di Chiesa e di mondo.

Il convitato di pietra

In tutto questo però c’è un convitato di pietra, che è il solito Benedetto XVI. Dimessosi per motivi nebbiosi, il Papa Emerito aveva consegnato un dossier sulla lobby gay vaticana al suo successore. Molti, a partire dal cardinale Burke, si chiedono dove sia finito. Massimo Franco invece sul Corriere ritorna sul problema della rinuncia. “A emergere bene dal rapporto sono pochi: soprattutto il Papa emerito Benedetto XVI, che cercò di isolare McCarrick, senza riuscire a imporre la sua volontà al Vaticano e ai vescovi Usa. Ma questo, forse, induce a chiedersi di nuovo quali furono i motivi reali della rinuncia di Joseph Ratzinger nel 2013”.

Nel frattempo Viganò, rifugiatosi in località segreta, fa sapere di non aver agito per astio ma solo per dovere di verità.

Francesco Filipazzi

Francesco Filipazzi su Barbadillo.it

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