Il commento. Il diritto alla vita limitato da 40 anni di legalizzazione dell’aborto

Un manifesto contro l'aborto che ha fatto molto discutere in Italia
Un manifesto contro l’aborto che ha fatto molto discutere in Italia

Ci vorrebbe un monumento per ricordarli tutti, come per il Milite Ignoto. E non basterebbe, sarebbe comunque un omaggio alla memoria di ciò che avrebbe potuto essere il futuro. Il futuro che non ci sarà, quello dei 100mila bambini che in Italia ogni anno vengono abortiti. Nel 2016 il numero di aborti “legali” è di 84.926, con una diminuzione del 3.1 per cento rispetto al 2015, quando ve ne erano stati 87.639. Il dato più elevato è del 1982: 234.801. Ma non stanno diminuendo gli aborti: sono divenuti pratica individuale, alla faccia della legge 194, con la diffusione delle pillola abortiva, la Ru486, prassi sempre più diffusa che sfugge a registrazioni e controlli.

Non si sa quanti siano gli aborti clandestini ma se si calcolano altri 20mila, più i cerotti ormonali che svolgono funzione analoga, è possibile immaginare che in totale ogni anno in Italia (uno dei Paesi dove l’aborto è meno utilizzato in Europa) vengono abortiti o comunque non fatti nascere circa 200mila bambini. Quasi una generazione. Nazioni strane quelle che nel nome della democrazia fanno leggi per “interrompere” il proprio avvenire, per eliminare il diritto fondamentale di ogni essere umano: il diritto alla vita. Sì, perché il diritto alla vita in Italia, la nazione dei diritti, la nazione democratica, è un optional dal 22 maggio del 1978, quando entrò il vigore la legge 194 sull’IVG (Interruzione volontaria di gravidanza).

E chi decide se il diritto è giusto o meno sono i genitori. Il papà o la mamma (loro sono nati, però) decidono a volte la vita o la morte dei proprii figli.

La chiamano democrazia, autodeterminazione, diritto di scelta e così è se c’è una legge.

Niente contro chi abortisce: in questa società malata e decadente (che chiama progresso tutto ciò che la trasfigura) magari si è pure convinti di fare una cosa normale. Bisognerebbe attaccare la soporifera ideologia di morte che attanaglia questa società nel nome dei diritti, compresi i più falsi e bizzarri.

I fautori dell’aborto non sono stati abortiti, hanno goduto del diritto di nascere, di vivere e lo negano alla carne della loro carne, al sangue del proprio sangue. Non li turbano queste stragi, le peggiori perché rivolte agli innocenti. Altro che Erode…

Poi ci meravigliamo che l’Italia è vecchia (“non si fanno più bambini…”), dopo anni di stragi (6 milioni circa in 40 anni di legge 194), non c’è futuro, non ci sono bambini. E avremo i figli degli altri che non ameranno la nostra società (giustamente), che non ameranno la nostra civiltà (giustamente). Agli inizi del ‘900, ma anche fino al secondo dopoguerra, la gente faceva figli: erano la certezza, la scommessa della vita, si dava al nuovo venuto tutto, si tramandava il nome, la speranza, l’educazione per costruire non solo il futuro ma soprattutto l’avvenire. Erano tempi in cui i beni materiali scarseggiavano, la vera ricchezza era il legame sociale, le famiglie numerose erano la forza e c’era solidarietà con il prossimo: nel vero senso della parola, prossimo di casa, di quartiere, non il “prossimo astratto”… Nulla di tutto questo avviene ormai da almeno due generazioni: rintanati nel proprio egoismo, senza desiderio di costruire, vivendo senza l’amore della responsabilità verso la propria società, la propria famiglia, la propria comunità. Ricordo d’altri tempi i giardini pieni di bambini, le classi elementari formate da 35-36 alunni, i fiocchi rosa o azzurri sui portoni dei palazzi. Il ricordo di un’Italia che muore prima di venire al mondo, ricordo di quando le cliniche di Ostetricia e ginecologia erano luoghi di nascita e quindi di felicità. Oggi, nelle stesse cliniche, il destino manifesta tutta la sua potenza: ci sono sale da dove provengono vagiti e voci felici e altre da dove esce una barella con un fagottino immobile e silenzioso, avvolto in lenzuola macchiate di sangue. Avete mai visto queste barelle? Questi fagottini? Di fronte al gelo della morte c’è solo il silenzio…

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Manlio Triggiani

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