L’intervista. Sangiuliano: “Ora spira il vento del patriottismo e delle identità nazionali”

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Barbadillo.it non conosce frenate da silenzio elettorale. A un giorno dal voto, accogliamo le riflessioni di Gennaro Sangiuliano, già direttore del “Roma” e vicedirettore di “Libero” e del TG1, autore – per citare solo gli ultimi – di “Putin. Vita di uno zar” (diventato un cult con più di centocinquantamila copie vendute) e “Trump. Vita di un presidente contro tutti”. 

Direttore, siamo arrivati alla vigilia. Parliamoci chiaro: esiste una casa per i patrioti?

“Ci sono delle speranze. Le sensibilità, anche culturali, stanno cambiando: il piano Minniti è l’ultimo degli esempi. Non confondiamoci, però. Non è che il Pd stia diventando identitario, ma c’è un sentire diffuso che si manifesta su temi nodali come l’immigrazione, la sovranità, la difesa dell’identità e l’appartenenza ed è più ampio del centrodestra”.

Eccoci al centrodestra. Le istanze e le battaglie portate avanti sono quelle giuste?

“L’identità profonda dell’Occidente, greco-romana e mediata dal cristianesimo, è minacciata. L’Occidente ha conquistato la sua posizione culturale con secoli di pensiero, di filosofia e di diritto, mettendo al centro l’uomo e la donna, la libertà delle persone. Negli ultimi anni questi valori sono sotto attacco: Huntington ha parlato di scontro delle civiltà ed ha ragione. La soluzione del futuro è certo una società multietnica, ma non multiculturale: lo diceva già Spengler. E’ ovvio, queste premesse vanno tradotte in termini di attività politica. L’immigrazione pone un problema di sostentamento geopolitico, l’Italia è piccola, è densamente abitata, ed ha per sua natura un limite. Questo, ad esempio, il centrodestra l’ha capito. Un altro tema fondamentale è quello della sovranità economica. Non ci siamo accorti che la Francia ha comprato e smantellato l’Italia, controlla la distribuzione commerciale e le banche principali. Quando Macron dice che farà della Francia la più grande manifattura europea, sta dicendo che vuole rendere il Nord Italia un’appendice industriale della Francia, e il Mezzogiorno una tendopoli. Le mire sul Nord sono le stesse che aveva Napoleone III…”

Guardando al resto d’Europa e a Putin e Trump, però, il vento sembra soffiare nella giusta direzione.

“Quasi inaspettatamente, i recenti eventi politici hanno dato vita ad una triade hegeliana: la Brexit, l’elezione di Trump e la vittoria del No al referendum costituzionale italiano. Diciamocelo chiaramente, l’Occidente sta andando a destra. In Giappone c’è Abe che vuol dire ritorno alla tradizione, il gruppo sovranista di Visegrad, con Orban e Zeman, è solido e forte, in Gran Bretagna comunque ci sono i conservatori”.

E noi? C’è una declinazione ‘italiana’ del patriottismo?

“Prezzolini, nel “Manifesto dei conservatori”, fa risalire il termine “conservatore” al termine haurvo, che nelle tribù indoeuropee era chi, di notte, guardava il fuoco. Cioè i nostri valori. E Prezzolini aggiunge che il progressista ama dipingersi come l’uomo del domani, il vero conservatore è l’uomo del dopodomani”.

Ma allora i paradigmi del futuro sono conservatori e mondialisti? I populismi e l’élite sono stati sorpassati?

“Dahrendorf, da sinistra, ha messo in guardia la civiltà europea, prefigurando la minaccia, per tutte le nostre società, di un rischio democratico e di tenuta del benessere: va mantenuto vivo l’ambito nazionale, la sfera transnazionale porta alla crisi. Per Dostoevskij, poi, populista è colui che sa ascoltare, tendere l’orecchio a ciò che accade in basso. E ci ha visto giusto”.

C’è un però. Le identità staranno anche tornando, ma la lezione di Del Noce sul momento prepolitico sembra dimenticata…

“No, il momento prepolitico c’è. La politica non è più in grado di garantire le vecchie clientele, non ci sono più gli strumenti di adesione organizzativi di un tempo. Oggi la politica è basata su un’adesione istintiva, di pancia, ma che ha un tratto virtuoso. Gli elettori hanno capito la situazione, e vanno rispettati, sempre”.

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Francesco Petrocelli

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