PatriotiAlVoto. Giorgio Ballario: “Destra frammentata, in giro c’è poca speranza”

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Prosegue il giro di interviste in vista del voto del 4 marzo. Questa volta abbiamo parlato della situazione politica (e non solo) con Giorgio Ballario, giornalista de La Stampa e scrittore. 

 

 

Con quali speranze si affaccia l’elettore di destra alle urne? 

Non saprei dire se esiste “un” elettore di destra. Mai come oggi è evidente una grande frammentazione politica che peraltro è specchio di una più generale frammentazione sociale, oltreché di un certo smarrimento dal punto di vista dei valori. Non per dire che prima “si stava meglio”, ma oggettivamente nell’ultimo decennio l’Italia è cambiata molto più profondamente di quanto spesso ci rendiamo conto. Quindi sarò anche pessimista, ma non vedo unità nel tradizionale elettorato di destra (anch’esso cambiato e destinato a cambiare), e tanto meno vedo speranza. C’è chi farà una scelta di tipo sentimentale, chi proverà il cosiddetto “voto utile”, chi è talmente scazzato che non andrà neppure a votare o deciderà di dare una preferenza soltanto se in lista c’è qualche amico. Direi che nessuno o quasi si fa illusioni sul fatto di poter vedere una vera svolta dopo il 4 marzo.

Come valuta la campagna elettorale dei singoli partiti, dalla “quarta gamba” fino alla Lega?

Questa campagna elettorale è contraddistinta dal grande ritorno di Berlusconi, piaccia o non piaccia. Dopo averlo massacrato anche al di là dei suoi demeriti, ora persino i mass-media schierati a sinistra lo considerano il meno peggio rispetto a populisti e Cinquestelle, per cui molti fanno il tifo per l’inciucione post-elettorale. Ci sarà davvero un governo di “unità nazionale” filo-europeista con Pd, Forza Italia, leghisti maroniani e quarta gamba? Al di là dei numeri, che non è detto ci saranno, la suggestione appare abbastanza probabile, quanto meno plausibile. E sarebbe la conferma di quanto Mark Twain aveva compreso e mirabilmente sintetizzato oltre un secolo fa: “Se votare facesse qualche differenza non ce lo lascerebbero fare”. In ogni caso lo spauracchio dell’inciucio è un motivo in più, tra chi sceglierà il centrodestra, per non votare Forza Italia bensì Lega e FdI.

Quali saranno gli effettivi contenuti realizzabili dei programmi, oltre i soliti incisivi slogan?

Gli slogan in campagna elettorale hanno lo stesso valore delle mirabolanti promesse dei battitori al mercato o di quei ciarlatani che nei tempi andati vendevano per strada gli elisir di lunga vita. In questa occasione mi sembra che si parli ancor meno di programmi e ci si fermi alle suggestioni da asta televisiva. Sappiamo tutti che da anni l’Italia, così come molti altri Paesi, è in condizioni di libertà e sovranità vigilata, soprattutto da parte di Bruxelles. Quindi i margini di manovra saranno molto limitati, per chiunque. Tuttavia c’è ancora una differenza tra certi politici che promettono mari e monti, pur sapendo che potranno mantenere a stento la metà del loro programma; e altri che invece partono già con programmi perfettamente aderenti alle volontà dell’Unione europea, dei poteri forti finanziari e delle centrali del pensiero unico. E’ la differenza fra chi, magari in maniera confusa e arruffona, ha a cuore i destini dell’Italia; e fra chi invece lavora a tempo pieno per la demolizione di quel che resta di una nazione.

Chi sono a livello giornalistico, culturale e politico le voci “fuori dal coro” tali da poter essere aggiunte al suo omonimo libro?

Con tutto il rispetto per alcune personalità oneste e corrette, che pure esistono, nel mondo politico non ne vedo. E se poi passiamo all’ambiente giornalistico, culturale e intellettuale, a parte rare eccezioni ormai consolidate – penso a un Massimo Fini, per esempio – e ad alcune realtà di nicchia, vedo solo tanto conformismo e superficialità. Se a destra la politica è inesistente da almeno quindici anni, il mondo della cultura di area non sta molto meglio.

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