Quella dell’Msi isolano è una storia assai diversa dalle altre, coltivata in un contesto autonomo sin dal 1946 e libero dagli odii della guerra civile. Una destra che ha governato nella parentesi del milazzismo portando in giunta il leggendario Dino Grammatico: poeta, militante e amministratore dall’approccio laico e deideologizzato, nonostante i forti valori di riferimento. Una realtà mai ai margini sociali nella vita dell’Isola, come ha ricordato di recente Pietrangelo Buttafuoco. Idealmente, Musumeci raccoglie quel testimone. In fondo, solo sulla scorta di un profilo pragmatico, civico e territorializzato, è il centrodestra ha ritrovato il suo collante senza cedere alla schema, ormai superato dai numeri, che le competizioni si vincono al centro. La debacle degli alfaniani di Sicilia, rimasti sotto la soglia di sbarramento, ci dice che il quadro politico e cambiato, tant’è che a metà tra i poli ci sta il Cinque stelle e la sua onda trasversale di protesta che morta il movimento a essere il primo partito dell’Isola.
Anche sul versante delle liste, esulta la galassia musumeciana. Diventerà Bellissima, il movimento che fa capo al neo presidente della Regione, supera agilmente il 5%. La bicicletta FdI-Ncs, porta a casa una pattuglia di eletti, un dato che riscatta lo scarso bottino della scorse Comunali a Palermo e gli imbarazzi per il caso La Vardera. Soddisfatti anche gli ex An di Forza Italia. Insomma, la fiamma è stata riaccesa e nel vero senso della parola: la vecchia sede dell’Msi di Catania è stata riaperta dopo anni di dispute all’interno della Fondazione e la mega insegna con il vecchio simbolo missino è accesa da settimane giorno e notte. Una segnaletica per i più nostalgici, ma anche no.
La partita più difficile arriva tuttavia ora. Dare continuità alla convergenza destra-centro che ha le carte in regola per giocarsela alle politiche con i Cinque stelle di Di Maio. Ma anche con Renzi, che dal voto siciliano ne esce decisamente con le ossa rotte. I primi mesi di presidenza musumeciana possono tirare la volata a patto però che la guerra fredda tra il neo-presidente e Gianfranco Micciché non esploda proprio durante la luna di miele siciliana.