Il caso. Se il politicamente corretto rischia di arrugginire il Trono con tutte le Spade

Marca malissimo l’attesissima prima puntata della settima stagione de “Il Trono di Spade”. La serie della HBO, tratta dai romanzi fantasy di George R. R. Martin, era diventata un fenomeno di costume fin dalla sua prima puntata, nel 2011. “Il Trono di Spade” è ambientato in un mondo verosimile, che strizza l’occhio all’Europa del Tardo Medioevo in un tripudio di sangue, crudeltà, situazioni morbose, intrighi, colpi di scena. Per l’appunto, quello che è la storia vera: più incredibile e avvincente delle sceneggiature di Hollywood.

Un esempio di scena sessista e patriarcale in “Trono di Spade”

Ma la storia vera, si sa, piace poco al politicamente corretto. E infatti i soliti mestatori avevano fin da subito messo sotto attacco la serie della HBO: «Al realismo – ha scritto lo storico Emilio Gin su “Storia in Rete” del maggio 2016 – si è appellato lo stesso autore di fronte alle critiche per le scene di violenza, sadismo, stupro e per il presunto “sessismo” denunciato da alcuni “intellettuali” (come la scrittrice afroamericana Danielle Henderson), che hanno trovato “strano” che in un mondo simile all’Europa a cavallo fra Medioevo e Rinascimento le donne venissero usate come strumenti dinastici dalle famiglie potenti, che fossero maritate anche contro la loro volontà, che raggiungessero raramente il potere e quando lo raggiungevano, lo dovevano spesso a questioni… di lenzuola. “That’s the history, baby”».

Ma la settima stagione si apre dunque malissimo. Con l’Hannibal ad portas delle armate dei morti che marciano verso la Barriera, le casate nobili del Nord decidono di armare anche le donne. Un episodio non frequente ma nemmeno rarissimo, nella storia: si racconta per esempio che Telesilla di Argo avesse fatto armare le donne della sua città per resistere alle armate spartane dopo che avevano sterminato in battaglia tutti i maschi argivi nel 510 a.C. Per venire a tempi più vicini a quelli inventati da Martin, non si può non pensare a Giovanna D’Arco, eroina di Francia, comandante a cavallo e in armatura contro gli inglesi. Ma anche nelle Crociate, che qualcuno si può figurare come la più maschile delle questioni, hanno imbracciato le armi delle donne, come ricorda il segretario di Saladino, ‘Imàd ad-din: “Tra i franchi vi sono infatti delle donne cavaliere, con corazze ed elmi, vestite in abito virile, che uscivano a battaglia nel fitto della mischia, e agivano come gli uomini d’intelletto, da tenere donne che erano, ritenendo tutto ciò un’opera pia”. Una presenza che poi riecheggia nei versi di Torquato Tasso, col combattimento di Tancredi e Clorinda dalla “Gerusalemme liberata” (dove però Clorinda è una saracena).

“Basta patriarcato!” (Lyanna Mormont)

Eppure la prima puntata della settima stagione non fa alcuno sforzo per aderire a questi modelli storici. L’arruolamento delle donne viene reso quale rivendicazione “di uguaglianza” più che una dura e ingrata necessità, temporanea e accettata con sussiego dagli uomini, come sarebbe stato realistico. La verosimiglianza storica si sbriciola nei primi dieci minuti di puntata, quando basta una ragazzina che alza la voce per zittire un’assemblea di callosi guerrieri, che di fronte a tanta sfrontatezza non reagiscono come avrebbe reagito un qualunque europeo del 1400, ma scambiandosi sguardi di approvazione da perfetto americano liberal del XXI secolo. E per soprammercato, poco dopo sono anche applicate le quote rosa: vengono presentati gli eredi di due casate, rigorosamente un maschio e una femmina e lei è già bella pronta in armi, nemmeno è stato finito di pronunciare il bando d’arruolamento alle ragazze… Martin aveva avvertito, rispondendo alle prime polemiche, quando era ancora lui a dirigere le sceneggiature della serie: «se descrivi un’utopia, probabilmente hai scritto un libro piuttosto noioso».

Di solito il trascinarsi delle serie logora le idee e gli sceneggiatori. “Il Trono di Spade”, tuttavia, aveva potenzialmente a disposizione una miniera di intrecci, aneddoti, personaggi, caratterizzazioni dalla vera storia europea virtualmente inesauribile. Ma l’ingresso di questa miniera sembra essere stato fatto saltare in aria volontariamente. Quella che era la carta vincente del successo delle prime cinque stagioni – il rielaborare in chiave fantastica la storia, dalla guerra fra Armagnacchi e Borgognoni a quella delle Due Rose, dalle Nozze di Sangue di Perugia ai Piagnoni di Savonarola – è stata sbattuta sul banco degli imputati dalle proteste del politicamente corretto. Ovunque oltreatlantico (e fra gli emuli nel vecchio mondo), sui giornali, nei blog, nelle università, si continua a sostenere che quanto fatto nella sesta serie non è sufficiente: c’è ancora una “mentalità patriarcale” che fa danni e che fa dividere i personaggi in “cattivi” e “buoni” solo in base a quanto siano “patriarcali” o “femministi” . E dunque, storicamente corretti o politicamente corretti. C’è da scommettere che se nel “Trono di Spade” vedremo d’ora in avanti dei nudi femminili un po’ meno depilati, non sarà per aderenza al realismo storico, ma perché gli sceneggiatori avranno voluto pavidamente evitare lo strazio delle polemiche dalla serie “ascelle di Wonder Woman”.

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Emanuele Mastrangelo

Emanuele Mastrangelo su Barbadillo.it

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