Focus. La questione monetaria come fulcro dell’alternativa sovranista

Mazzetti di banconote euro
Mazzetti di banconote euro

L’esercizio è complicato. Ma proviamo a dare seguito ad alcuni presupposti tecnici mossi da queste pagine nel tentativo di ampliare il dibattito sul così detto “sovranismo”.

Uno degli elementi che resta ancora nebuloso all’interno delle proposte di alternativa è per certo riferito alla questione monetaria. Chi si oppone alla politica del debito avanza proposte fumose, legate all’uscita dall’Euro; persino la diagnosi della malattia economica che ci attanaglia a volte pare lacunosa e generalmente riferita alla classe tecnocratica.

Sia chiaro, non abbiamo le competenze accademiche per sviscerare a fondo il problema; e tuttavia, dato che l’ambiente accademico resta schierato sulle posizioni di regime, proviamo a fare da noi stessi. Dopo quasi quindici anni di recessione, ci pare il minimo.

La teoria quantitativa.

Espressione tipica del liberalismo è che la moneta non debba mai influire sull’andamento economico di una comunità, ma che debba restare neutrale per rendere l’andamento dei prezzi costante in base alla produzione di beni e servizi. Evitiamo le formulette. Questo per tutto il secolo passato (ad eccezione dei fascismi) ha significato che i gestori del tasso di interesse potevano gestire in autonomia i cicli di inflazione o deflazione, sovraoccupazione o disoccupazione.

Le grandi crisi cicliche deflattive, indussero Keynes a modificare in parte questa teoria, permettendo al settore pubblico di incidere a sostegno degli investimenti interni, finanziando il proprio deficit grazie all’immissione di moneta a debito. Fu questo il punto di incontro fra liberali e socialisti durante il dopo-guerra.

La teoria quantitativa nella globalizzazione.

Se prima degli anni ’90 l’aggiustamento dei prezzi ed il deficit pubblico trovavano un accomodamento grazie alla crescita economica occidentale (autofinanziamento interno), la decisione di aprire mercati e debito al mondo intero in cerca di più profitti e più ampie fonti di coperture finanziarie a quello stesso meccanismo di debito, ha provocato un corto circuito non ancora del tutto compreso.

La teoria quantitativa, nella prassi, si è andata modificando. Se i liberali ortodossi come Friedman predicavano alti tassi di interesse e bassa tassazione, e i neo-keynesiani, bassi tassi di interesse ed alta tassazione, la globalizzazione sembra aver creato un mostro assoluto, di cui Mario Draghi e la Federal Reserve sembrano i campioni assoluti, per cui la politica monetaria determina una orrenda e costante condizione di bassi tassi di interesse ed ipertassazione. Nell’intento nascosto di a) finanziarie il meccanismo del debito attraverso il sistema bancario privato b) gestire in senso deflattivo l’economia (abbassare salari, costi e investimenti) c) coprire ogni deficit da mancata crescita attraverso l’iperfiscalità.

L’ulivo mondiale nato sotto il segno di Soros negli anni ’90, questo abbraccio mortale fra liberalismo e socialismo, ha così creato un sistema perfetto di decrescita infelice a impronta speculativa (vedi crollo Usa 2008); un ciclo economico negativo lunghissimo (per gli europei soprattutto) poiché applicato nella prospettiva del lungo periodo dell’intero mercato globale.

La teoria qualitativa della moneta.

Fu un economista argentino, Walter Beveraggi Allende, analizzando la storia monetaria del suo paese ad introdurre nel linguaggio accademico una definizione assai importante. La teoria qualitativa della moneta si oppone alla neutralità liberale e socialista. Non è la quantità monetaria a determinare l’andamento dei prezzi e dunque dell’economia, ma la gestione qualitativa (immissione o dismissione), settoriale di essa. Inconsapevolmente Allende propose una sorta di corporativismo del sistema monetario, capace di incidere settore per settore, andando oltre la dinamica pubblico/privato, e sottraendo la politica monetaria alla gestione privata dei grandi gruppi finanziari e ridando, come in origine, allo Stato e alle banche commerciali il compito di offrire credito allo scopo di ottenere pieno sviluppo e piena occupazione.

Ad oggi, sembrerebbe avvenire il contrario, sembrerebbe cioè che i gestori della politica monetaria occidentale abbiano creato una teoria depauperistica della moneta, tesa a creare scientificamente recessione e disoccupazione.

Il problema del debito.

Di fronte a questo scenario è chiaro un punto. Il ricatto del debito pubblico e della stretta creditizia sull’economia privata non finanziaria è totale. Per tornare a gestire in senso qualitativo la propria sovranità monetaria occorre in primis, afferrare un concetto: o si estingue il debito contratto o lo si rifiuta politicamente.

La seconda opzione, l’unica percorribile, tuttavia, presuppone un’autorevolezza politica e una solidarietà nazionale che, ad oggi, nessuna comunità nazionale sembra poter dimostrare. Inoltre, data la complessità del sistema economico odierno, tale rottura dovrebbe essere apportata non tanto a livello nazionale quanto continentale.

Perciò,  parlando di Euro, di Brexit (altro sistema bancario e finanziario rispetto a quello continentale), di Trumpismo, di referendum per tornare alle monete nazionali, consigliamo cautela, studio e soluzioni di più ampia visione e maggiore concretezza. La questione monetaria, come la questione geopolitica, impongono argomentazioni decisive.

@barbadilloit

Giacomo Petrella

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